
La strage avvenuta a Sidney nel giorno della festa ebraica si lega all'uccisione di due soldati americani in Medio Oriente. Washington sostiene che i jihadisti reagiscono alla pressione del presidente al Sharaa, ex leader di Al Qaeda: ma uno degli attentatori che ha colpito i militari Usa era stato arruolato nel "nuovo" esercito siriano
Le autorità australiane stanno rivelando altre notizie inquietanti sui due uomini, padre e figlio, responsabili della strage di Bondi Beach, a Sydney, in Australia, in cui sono rimasti uccisi 16 cittadini di religione ebraica mentre festeggiavano la ricorrenza di Hanukkah. Il 50enne, rimasto ucciso nell’attacco, Sajid Akram, era arrivato la prima volta in Australia nel […]
Le autorità australiane stanno rivelando altre notizie inquietanti sui due uomini, padre e figlio, responsabili della strage di Bondi Beach, a Sydney, in Australia, in cui sono rimasti uccisi 16 cittadini di religione ebraica mentre festeggiavano la ricorrenza di Hanukkah. Il 50enne, rimasto ucciso nell’attacco, Sajid Akram, era arrivato la prima volta in Australia nel 1998 con un visto studenti, mentre il figlio 24enne Naveed, ferito e ricoverato in ospedale, è cittadino australiano di nascita. Da quanto sta emergendo, i due erano simpatizzanti se non, addirittura affiliati all’Isis. Nel 2019 l’intelligence australiana aveva tenuto sotto controllo il più giovane per circa 6 mesi. Una circostanza confermata oggi dal premier Anthony Albanese che ha spiegato come “l’indagine venne chiusa perchè non vi erano indicazioni di una minaccia in corso o la minaccia di una sua azione violenta” pur precisando che le due persone con cui aveva questi contatti erano state in seguito arrestate. Secondo Abcnews, invece il ragazzo aveva allacciato veri e propri contatti con una cellula terroristica dello Stato Islamico con base a Sydney.
Nell’auto dei due attentatori sono state trovate anche due bandiere dello Stato Islamico, hanno fatto sapere ai media fonti investigative convinte che padre e figlio avessero addirittura giurato la propria fedeltà all’Isis. Se i due Akram forse erano “solo” dei sostenitori di quella che fu l’organizzazione terroristica islamica fondata undici anni fa dal defunto Califfo Nero al-Baghdadi, che riuscì a conquistare un’enorme fetta di territorio tra l’Iraq e la Siria, all’Isis apparteneva l’attentatore che sabato ha teso un’imboscata fatale a due soldati americani e al loro interprete civile nel centro della Siria.
L’inviato speciale degli Stati Uniti in Siria, Tom Barrack, ha dichiarato che l’agguato terroristico sottolinea la persistente minaccia dell’Isis per la Siria e per la stabilità del mondo intero, compresa la sicurezza del territorio nazionale degli Stati Uniti. La strategia statunitense si concentra sul sostegno ai partner siriani ma con un supporto operativo statunitense limitato visto che le truppe americane rimaste in Siria ormai ammontano solo a 900 unità.
Barrack ha quindi sottolineato che i terroristi colpiscono perché sono sottoposti a continue pressioni da parte dei partner siriani, tra cui l’esercito siriano sotto il comando del presidente al-Sharaa (che fu a lungo un esponente della versione siriana di al Qaeda, rivale dell’Isis). A quanto pare però l’osmosi tra gli eserciti ricreatisi dopo i conflitti e i tagliagole dell’Isis prosegue: iniziata con la caduta di Saddam Hussein in Iraq prosegue oggi, anche se in misura inferiore, in Siria. Una fonte a conoscenza della sparatoria ha affermato che l’attentatore era stato affiliato alle forze di sicurezza siriane, ma che al momento non era in servizio.
In un post su X, il Comando Centrale degli Stati Uniti ha descritto l’attentatore come un “un lupo solitario dell’Isis”, senza tuttavia menzionare il fatto che fosse probabilmente anche un soldato dell’esercito siriano del dopo caduta di Assad, avvenuta l’8 dicembre dello scorso anno con l’entrata Damasco di al Sharaa a capo della sua milizia jihadista. Sabato il presidente Trump si era rivolto ai social media per esprimere le proprie condoglianze per i soldati caduti e condannare l’attacco. “Il presidente della Siria, Ahmed al-Sharaa, è estremamente arrabbiato e turbato da questo attacco. Ci saranno ritorsioni molto gravi. Grazie per l’attenzione!”, ha scritto nel post.