“Curva dell’Inter era mafiosa, sudditanza del club. Quella del Milan guadagnava 100mila euro all’anno”: le motivazioni delle condanne
La curva dell’Inter aveva una “protezione di matrice mafiosa” e la società “si trovava in una situazione di sudditanza” che ha finito per “agevolare” i leader “seppur obtorto collo“. Quella del Milan, invece, si assicurava guadagni iileciti superiori a “100mila euro all’anno” attraverso attività come la “rivendita dei biglietti”. Le motivazioni della sentenza con le quali la giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Milano, Rossana Mongiardo, ha condannato in abbreviato – lo scorso 17 giugno – i capi delle due tifoserie organizzate nel processo scaturito dall’indagine “Doppia Curva” ricostruiscono cosa accadeva nei due settori sotto la guida di Luca Lucci e Andrea Beretta, capi ultras di Milan e Inter ai quali sono stati inflitti 10 anni a testa.
Le accuse alle curve di Inter e Milan
La giudice ha riconosciuto tutte le imputazioni, da un omicidio recente, quello del 2024 di Antonio Bellocco, rampollo dell’omonima cosca, ad un tentato omicidio di sei anni fa, fino alle due associazioni per delinquere tra cui ci sarebbe stato un “patto” per gli affari, tra la curva Sud milanista e la Nord interista, quest’ultima pure con l’aggravante mafiosa per rapporti con la ‘ndrangheta. Le indagini – spiega la giudice – “hanno evidenziato che la società interista si trovava in una situazione di sudditanza nei confronti degli esponenti della Curva Nord, finendo, di fatto, per agevolarli, seppur ‘obtorto collo'”. In sostanza, la giudice dà conto di quei rapporti di “sudditanza” di responsabili dell’Inter che erano già emersi nelle indagini e che erano anche stati evidenziati nella requisitoria del pm Paolo Storari. Inter che, poi, così come il Milan e anche la Lega Serie A, si è costituita parte civile nel processo abbreviato, ottenendo risarcimenti per i danni subiti.
La società dell’Inter era in “sudditanza”
Sia il club rossonero che quello nerazzurro, tra l ‘altro, sono stati sottoposti dalla Procura di Milano ad un procedimento di prevenzione e in questi mesi le due società hanno lavorato anche per recidere i rapporti malsani con le tifoserie organizzate. Dirigenti e calciatori erano pure stati sentiti a verbale dopo il blitz del 2024. La gup scrive che sul fronte dell’Inter “i personaggi maggiormente coinvolti” in quella “sudditanza” sono stati Paolo Bordogna, il “responsabile sicurezza dello stadio Meazza” per le gare casalinghe dell’Inter, Nicola Ranieri e Paolo Gandinelli, ossia Slo e vice-Slo del club, ovvero le figure incaricate di “tenere i rapporti tra la tifoseria organizzata e la società e le forze dell’ordine”, e Claudio Sala, “responsabile sicurezza della compagine nerazzurra”. Nessuno di loro è finito indagato.
Lucci aveva “intelligenza spietata”
La giudice chiarisce, invece, che Lucci ha fatto quasi da “contrappeso” a Beretta, perché “più di tutti, nel corso del processo si è difeso, rendendosi quasi il protagonista”. È “apparso scaltro, dotato di una mentalità quasi sopraffina” e allo stesso tempo di una “intelligenza ‘spietata’”, che lo ha portato a difendersi “in maniera opportunistica, negando con pervicacia tutte le accuse”. Tutto smentito, spiega la gup, dalle prove. E se per Beretta, si legge ancora, erano più importanti gli interessi economici “del tifo”, Lucci “si è sempre proclamato un vero tifoso”, parlando anche di “errori” di vita, come sul fronte dei traffici di droga. Su questo è sembrato “sincero ed onesto”, ma non ha portato elementi utili nel procedimento, a parte la sua difesa negli interrogatori, e da qui la mancata concessione per lui delle attenuanti.
Il “contributo” di Beretta alle indagini
A Beretta, diventato collaboratore di giustizia, sono state riconosciute, “oltre all’attenuante speciale della collaborazione”, anche quelle generiche per il “contributo significativo” dato alle indagini. Prima della sua “scelta di ‘redenzione'”, infatti, alcuni aspetti erano “terreno ignoto” per gli inquirenti. È stato lui, infatti, ad autoaccusarsi e a portare ad arresti per l’omicidio dello storico leader ultrà nerazzurro Vittorio Boiocchi del 2022, per il quale un altro processo è in corso. E si è detto “estremamente pentito”, raccontando che era “mosso dall’egida del denaro” e del “potere”.