
Il gioco a premi Win for Italia Team è una delle misure previste nell’ultimo pacchetto di riformulazioni alla Legge di Bilancio arrivata in commissione al Senato: il 26.5% degli introiti finirà direttamente nelle casse del Comitato olimpico
L’hanno chiamato “Win for Italia Team”, “Vinci per la nazionale italiana”. Ma il nome, neanche troppo accattivante, non cambia la sostanza: in manovra spunta l’ennesimo gioco d’azzardo di Stato, seppure pensato con un nobile (?) intento. Sistemare il bilancio traballante del Coni, che perde milioni ogni anno. È una delle misure previste nell’ultimo pacchetto di riformulazioni alla Legge di Bilancio arrivata in commissione al Senato. I dettagli dovranno essere regolati da un provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle dogane e dei Monopoli entro 60 giorni dall’approvazione della legge. Intanto si può dire che si tratterà di un gioco numerico a totalizzatore, quindi sostanzialmente una lotteria, senza alcuna attinenza con i risultati sportivi. Dovrebbe sfruttare una licenza esistente di Sisal, che così potrà diventare una specie di “sponsor” del Coni, visto che saranno previste partnership e iniziative promozionali con le nazionali olimpiche. Il 65% della raccolta sarà destinato a montepremi (in linea con quanto previsto per i giochi simili), il 26,5% finirà nelle casse del Coni per il finanziamento dei progetti dell’Italia Team.
Alla proposta hanno lavorato per mesi i tecnici del Coni, insieme a quelli del governo, in particolare del Ministero dell’Economia e dell’Agenzia dei Monopoli. Per certi versi, si tratta di un ritorno all’antico: per decenni il Comitato olimpico e l’intero movimento si sono retti sui proventi del vecchio Totocalcio: una soluzione studiata nel dopoguerra dallo storico presidente Onesti e da niente di meno che un giovanissimo Giulio Andreotti, per superare il problema della dipendenza dalla politica dopo il fascismo. Un sistema che è andato avanti fino al 2003, quando dopo la riforma del settore si è tornati ad un finanziamento governativo, istituzionalizzato di recente dall’ex ministro Giorgetti nel 2018. E proprio l’esperienza del passato, evidentemente, ha fornito ispirazione per superare le difficoltà del presente.
Come raccontato più volte di recente dal Fatto, il bilancio del Coni è diventato un colabrodo negli ultimi anni, dopo che la riforma di Giorgetti ha spostato soldi e potere alla partecipata Sport e Salute. Il Comitato semplicemente spende più di quanto possa permettersi, soprattutto nell’anno olimpico: i conti non stanno in piedi e il governo era costretto sistematicamente a rabboccare il finanziamento annuale per metterci una pezza. Era successo lo scorso anno, quando il governo aveva attinto dal tesoretto del 32% spettante allo sport, ma il problema si riproporrà anche nel 2026. Dunque, al netto di queste toppe, era necessario trovare una soluzione strutturale.
Detto, fatto. L’addio di Malagò – che negli ultimi anni aveva creato per i suoi interessi personali un clima di conflittualità permanente con la politica – e la ripresa di un dialogo collaborativo col governo favorito dal nuovo presidente Buonfiglio, ha portato ad una soluzione al primo colpo, in questa manovra. Nella Legge di Bilancio erano già stati stanziati, a partire dal 2027, 10 milioni di euro in più all’anno per il Comitato. Adesso si aggiunge “Win for Italia Team”, col 26,5% della sua raccolta: chiaro che questi introiti – essendo il gioco ancora in fase di lancio – sono ancora tutti da quantificare. Ma comunque, tra gli uni e gli altri, il Coni (senza Malagò) dovrebbe aver risolto per anni i suoi problemi. Certo, qualcuno potrebbe far notare che questo non è nemmeno un gioco sullo sport, ma solo per lo sport. Chiedersi se le scommesse, senza alcuna componente di merito come invece poteva avere il caro vecchio Totocalcio, siano davvero lo strumento migliore per finanziare lo sport italiano. Obiettare che il gioco d’azzardo non è compatibile coi suoi valori, e con la lotta alla ludopatia sbandierata da tutti i politici. Però son sempre soldi.