
L'Ue dovrebbe riprendere il dialogo con la Russia per ritrovare la sua credibilità e scongiurare un conflitto nucleare
di Riccardo Bellardini
Io credo che nello sconquasso generale che domina il quadro geopolitico globale, l’Unione Europea possa ritrovare ancora la sua saggezza, o più precisamente il senno, buttato via negli ultimi anni, sostituito da una lucida, inquietante follia guerrafondaia. Ancora c’è tempo, forse, per evitare il peggio, e a mio avviso la via da percorrere è solo una: riaprire il canale diplomatico con Putin. Sì. L’unione deve tornare a parlare con Hitler 2.0.
Non in via indiretta, fingendo da una parte disposizione a discutere l’accordo negoziale già improntato dall’America, spingendo poi dall’altra l’acceleratore sulla militarizzazione anti-russa della società a tutti i livelli. Deve incontrare dal vivo lo Zar, guardarlo in faccia di fronte ad un tavolo. Parlare con lui, coi suoi collaboratori. Tornare a riallacciare rapporti concreti, tangibili, mettersi in prima linea nell’iniziativa negoziale. Solo così spariglierebbe le carte. Donald Trump perderebbe il suo ruolo da unico pacificatore mondiale che ormai gli viene riconosciuto in ogni sede, mancando davvero soltanto la conquista del Nobel, e in tal caso sarebbe un premio unico nel suo genere, consegnato a chi ha nei fatti formalizzato una pulizia etnica, quella palestinese, spacciandola per pace (oh, che pace sublime!).
A quel punto Trump non potrebbe più dire peste e corna della piccola Europa, per decenni fiero zerbino degli Usa. Dovrebbe starsene almeno per un po’ in disparte a guardare. Papa Leone XIV ritiene che non è possibile escludere l’Europa dalle trattative di pace, ma a sua Santità vorrei dare una notizia: é lei che si è fin dall’inizio autoesclusa. Dall’Unione Europea non sentiamo che frasi incendiarie da tre anni. I fragori delle armi li ascoltiamo già nelle frasi dei leader sprezzanti del vecchio continente, che sembrano correre con gioia il pericolo mortale, forse perché saranno i civili comuni quelli inevitabilmente più esposti ai drammi di una catastrofe bellica, mentre loro avranno modo di trovare il salvacondotto.
Se l’Unione europea è diversa dai barbari, se si ritiene emblema dei diritti umani e delle libertà, riprenda la via della diplomazia, completamente seppellita sotto la coltre di un riarmo dissanguante per le economie nazionali. Parlare con Putin non significa consegnargli la vittoria. Significa tentare di ottenere una distensione che il leader russo non sembra disdegnare, dal momento che da Mosca le uniche minacce che sentiamo sono in realtà risposte alle minacce subite dal blocco occidentale, con in testa l’Ue fomentata dal riarmo, dunque sono minacce solo perché l’informazione allineata le vende come tali. Vorrei tanto essere un complottista qualsiasi nel sostenere ciò. Purtroppo però non è così. Finite le patrie e gli slanci identitari, non resta che l’odio, dunque ci inculcheranno l’odio nei confronti dei russi, e lo faranno i paladini delle libertà.
Loro, i capi di quel progetto di pace che fu l’Unione Europea, se tutto procederà senza deviazioni ci educheranno ad aver paura del nemico orientale e a provare astio nei suoi confronti, così ci verrà pure la voglia di neutralizzarlo con un’arma di ultima generazione. Loro, difensori inarrivabili dei diritti umani, ci insegneranno ad odiare. Proprio loro. Tuttavia un cambio di direzione è ancora possibile: si può parlare a voce più bassa e tendere la mano, perché il mondo non si può permettere una guerra nucleare.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato che l’Italia ripudia la guerra. Ha riportato il testo di un articolo costituzionale ormai de facto completamente dimenticato, violato senza ritegno. Il Capo dello Stato si attivi, se quest’articolo è davvero ancora valido, pressando il governo nazionale per indurlo ad un cambio di strategia da discutersi anche in sede europea. L’Unione Europea può tornare credibile soltanto se alla legge del più forte sostituisce la riabilitazione e la valorizzazione di un canale che l’ha sempre contraddistinta: quello diplomatico.