Modena, i senza fissa dimora dormono nei loculi vuoti del cimitero di San Cataldo
Dormire in un loculo vuoto. In mezzo a migliaia di tombe. Espulsi dalla città dei vivi, i senza fissa dimora hanno trovato rifugio in quella dei morti. A Modena i clochard – per usare un termine che fa meno male – hanno trovato riparo perfino nel cimitero storico di San Cataldo. Nelle tombe che momentaneamente non sono utilizzate. All’inizio nessuno forse ci aveva fatto caso, ma poi qualcuno ha cominciato a notare in mezzo alle tombe quelle dimore disperate: una coperta, una scatola di cartone, la fotografia di un amore, una candela per farsi un minimo di luce la notte, una bottiglia, qualche brandello di vestito.
Hanno cercato come rifugio l’area meno frequentata, quella storica monumentale. Ma alla fine non sono riusciti a sfuggire all’attenzione nemmeno lì, la notizia è finita sulle pagine della Gazzetta di Modena. Parliamo di uno dei cimiteri più noti d’Italia, dove tra l’altro sono sepolti Enzo Ferrari e Alejandro De Tomaso, padri dell’automobilismo sportivo italiano, non lontano dalla soprano Mirella Freni e alla dinastia delle figurine Panini. Il cimitero famoso anche per il cubo ossario progettato dagli architetti Aldo Rossi e Gianni Braghieri.
Ma com’è possibile che accada proprio nella ricca Modena (con un reddito pro capite di oltre 26mila euro, tra i più alti d’Italia), nell’Emilia Romagna modello per i servizi sociali? Una delle spiegazioni sta proprio qui. L’economia va bene, il costo della vita sale. Così anche il prezzo della stanze segna un aumento record: un’inchiesta di Sunia e Cgil recentemente ha raccontato come in città si sia passati in media da 386 a 505 euro al mese. Troppo per migranti, per chi perde il posto o deve accontentarsi di lavorare per una manciata di euro l’ora. Ma anche per coniugi separati che si trovano all’improvviso fuori casa.
Del resto il fenomeno dei senza fissa dimora nelle città italiane sta assumendo proporzioni difficili da ignorare. Basta camminare per il centro storico di Roma dove ormai i fagotti di coperte, di scatoloni, si trovano in ogni strada e piazza. Davanti alle chiese, sotto i colonnati (soprattutto a San Pietro), in mezzo alle rovine romane. Dappertutto. Solo nella Capitale le stime parlano di oltre tremila persone senza fissa dimora. A Milano sarebbero più di 2.300. Mentre in città come Genova – dove nei recenti giorni di gelo una donna è morta in una strada centralissima e pochi metri dalla sede della Regione – sfiorano il migliaio.
In tutta Italia, secondo l’Istat, i senza fissa dimora ormai sarebbero almeno centomila (ma tantissimi sfuggono a qualsiasi rivelazione). L’equivalente della popolazione di Bolzano o Vicenza. Una città, però, con muri di cartone. Senza acqua, né luce. Senza assistenza sanitaria. Ogni luogo va bene pur di trovare riparo. Un minimo di tepore e anche un rifugio da aggressioni. A costo, come a Modena, di passare le proprie notti in un cimitero. Viene da pensare al Cairo, alla famosa Città dei Morti (Al-Qarafa): centinaia di migliaia di persone vivono letteralmente tra tombe e mausolei. Un quartiere dove nei decenni sono nati perfino negozi, locali. Povertà e disperazione cancellano la separazione tra vivi e morti.