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Migranti, la Germania pensa di portarli in Uganda e Kurdistan iracheno. Ma anche nella “sicura” Tunisia

Il governo italiano non starebbe invece lavorando a opzioni diverse dall'Albania, certo che i nuovi regolamenti Ue sbloccheranno il protocollo azzoppato dalla Corte di giustizia
Migranti, la Germania pensa di portarli in Uganda e Kurdistan iracheno. Ma anche nella “sicura” Tunisia
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Secondo quanto riportato da Bild, il governo tedesco sta prendendo in considerazione la possibilità di trasferire alcuni migranti irregolari in centri di accoglienza e rimpatrio situati fuori dall’Unione europea, dopo che lunedì i ministri dell’Interno dei Paesi membri hanno approvato la posizione del Consiglio Ue per il negoziato col Parlamento sui Paesi sicuri e sul nuovo regolamento rimpatri. L’iter è ancora lungo e parecchi sono i nodi da sciogliere, anche sui cosiddetti “return hub”, centri di transito dove trasferire gli irregolari che non si riescono a rimpatriare nel loro paese d’origine. Ma proprio su questo punto alcuni si portano avanti.

Berlino avrebbe già individuato i primi possibili Paesi partner, riferisce il quotidiano: Tunisia e Uganda. Una terza opzione considerata a livello esplorativo sarebbe un centro in Medio Oriente, ma al momento l’attenzione si concentrerebbe sull’Africa. Secondo Bild, la Germania starebbe valutando una collaborazione con l’Olanda nell’ambito del cosiddetto “modello Uganda”, dove Amsterdam pianifica una struttura destinata principalmente ai migranti provenienti dall’Africa subsahariana. Per altre aree del mondo, riporta ancora Bild, il governo tedesco starebbe inoltre valutando ulteriori opzioni insieme ad altri Paesi Ue. Tra le ipotesi citate figurerebbe anche la regione curda nel nord dell’Iraq. Questo perché il Kurdistan iracheno sarebbe ritenuto un’area stabile sul piano politico ed economico e dunque potenziale destinazione per migranti provenienti da Iraq e Afghanistan.

Una portavoce del ministero degli Interni tedesco, interpellata il 9 dicembre da LaPresse, ha sottolineato che “durante i colloqui i ministri Ue hanno rilevato un interesse comune nello sviluppo di soluzioni innovative per la cooperazione con Paesi terzi, al fine di ridurre la migrazione irregolare”, discutendo anche la possibilità di attuarle “in un gruppo di Stati membri”. Berlino, ha aggiunto, “sta attualmente lavorando insieme a livello europeo sulle basi giuridiche necessarie nell’ambito del nuovo regolamento sui rimpatri”. Basi giuridiche che saranno al centro del dibattito col Parlamento Ue, dove non mancano perplessità anche sul nuovo concetto di Paese terzo sicuro proposto dalla Commissione e accolto dal Consiglio. La novità consentirebbe infatti di dichiarare inammissibili le domande di richiedenti transitati da Paesi terzi designati come sicuri, ma basterebbe anche un accordo tra il Paese e uno Stato membro a far scattare i trasferimenti dei richiedenti e delle loro domande.

A quanto risulta al Fatto, ad oggi il governo italiano non starebbe ancora lavorando a opzioni diverse dal progetto in Albania, certo che i regolamenti già approvati col nuovo Patto europeo su migrazione e asilo, operativo il prossimo giugno, ma anche i dossier sui quali è in corso il negoziato Ue, sbloccheranno il protocollo azzoppato dalla normativa vigente, come sancito dalla Corte di giustizia europea lo scorso agosto nella sentenza che dà ragione ai giudici italiani. Ma non è detto che le iniziative degli altri Paesi Ue non potranno riguardarci in futuro, soprattutto se si parla di Tunisia. Che intanto, spiegano le fonti governative citate da Bild, rivestirebbe un ruolo chiave per Berlino. Il Paese è considerato il partner più affidabile del Maghreb e potrebbe accogliere migranti provenienti da Stati nordafricani come Algeria, Marocco e Tunisia stessa. Un interesse che, dicono le stesse fonti, ha a che fare coi tassi di criminalità. Secondo i dati dell’Ufficio federale di polizia criminale, nel 2024 quasi un terzo dei migranti sospettati di reati provenienti dal Maghreb risulta plurirecidivo, col reato principale rappresentato dai furti.

Ma la Tunisia continua a dire di non volersi prestare. A novembre il ministro degli Esteri tunisino Mohamed Ali Nafti ha ribadito che la Tunisia ha “ribadito ai suoi partner europei che non diventerà una zona di transito, di insediamento o di sbarco per migranti”. Il 27 novembre 2025, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione urgente in cui esprime grave preoccupazione per il deterioramento dello Stato di diritto e delle libertà fondamentali in Tunisia. Sempre a novembre, Amnesty International ha pubblicato un’indagine che rileva come negli ultimi tre anni le politiche migratorie tunisine hanno ignorato sicurezza, dignità e vita dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Tra espulsioni che violano il principio di non respingimento, torture, maltrattamenti e violenze sessuali, dice il rapporto, “la Tunisia non è quindi né un luogo sicuro per lo sbarco né un ‘paese terzo sicuro’ per il trasferimento dei richiedenti asilo”. Intanto però la Commissione di Ursula von der Leyen ha inserito la Tunisia nella proposta della sua lista di Paesi d’origine sicuri per applicare ai tunisini l’esame sommario delle domande d’asilo, le cosiddette procedure accelerate che rendono più facile respingere la richiesta di protezione.

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