“L’educazione socio-affettiva elemento fondamentale per la crescita”: il libro sui metodi per affrontarla a scuola e a casa
La sessualità è un aspetto dello sviluppo che coinvolge la persona a vari livelli: sensoriale, sociale, cognitivo, affettivo, morale ed emotivo; pertanto non ci si può permettere di ignorarla nel corso della crescita dei nostri bambini e ragazzi. Nel libro uscito per edizioni San Paolo dal titolo “È l’ora di educazione sessuale”, lo psicologo e psicoterapeuta Alessandro Ricci si rivolge a genitori, educatori e insegnanti perché il tema venga finalmente affrontato. Tutte le ricerche concordano rispetto al fatto che l’argomento affettività-sessualità non è mai oggetto di dialogo aperto fra genitori e figli, sia per i maschi sia per le femmine. I genitori sanno quasi sempre, da indizi e congetture, che i propri figli hanno una loro vita affettiva-sessuale ma, come se esistesse un tacito accordo, non ne parlano. Questo libro, spiega l’autore, si rivolge proprio a loro e offre alcune indicazioni e materiali che permettano di affrontare il percorso, guidando adolescenti verso una sana, corretta e positiva educazione affettiva-sessuale. Ilfattoquotidiano.it ne pubblica un estratto.
Educare all’affettività e alla sessualità tra i banchi di scuola
Effettivamente da molto tempo, anche nella scuola italiana, si propongono agli alunni corsi, incontri, laboratori di educazione sessuale, ma cosa poi effettivamente essi debbano comprendere non è così chiaro. Che cosa è veramente importante, per la crescita e la maturazione sessuale (intesa nel senso più ampio) di un individuo? A che età questo tipo di educazione deve iniziare, quali “interventi” in questo senso devono essere proposti? Di solito si pensa all’età in cui i “problemi” e le domande relative alla sfera sessuale si fanno più serie e pressanti e il ragazzo o la ragazza che vive su di sé enormi cambiamenti non si accontenta più di risposte pressappochiste.
Forse però aspettare la preadolescenza, l’adolescenza e la maturazione fisica inevitabile dell’individuo, senza preparare adeguatamente questo momento non è così positivo. La naturalezza dell’evento può portare ad una sottovalutazione, al tralasciare o al sottintendere troppe cose, soprattutto da parte delle famiglie, forse più per mascherare un certo imbarazzo. Il ruolo della scuola è fondamentale, ma non può sostituirsi ai genitori o alle altre figure di riferimento per la vita privata dei ragazzi. Perciò, anche in questo caso è fondamentale parlare di approcci integrati, sia nel senso di integrare tutte le sfere della personalità (cognitiva, emozionale, fisica, spirituale, ecc.), sia nel senso di attivare processi di lavoro di rete fra le varie figure che ruotano attorno all’individuo in crescita, al quale si vuole rivolgere l’educazione sessuale.
La scuola e in particolare quella dell’obbligo è l’agenzia privilegiata per portare avanti un discorso del genere. Proprio per il fatto che tutti vi trascorrono più anni, coinvolgendo anche le famiglie e le altre eventuali agenzie educative (parrocchia, sport, ecc.) nel processo formativo, potrebbe quindi essere il nodo principale di un eventuale lavoro di rete. Tuttavia è importante che l’attenzione ai temi della sessualità e socio-affettività inizi già dalla Scuola dell’Infanzia e prosegua nel secondo ciclo d’istruzione, in un’ottica di accompagnamento continuo del soggetto in crescita, nella prospettiva di un’educazione permanente (anche attraverso l’autoformazione). La scuola nella quale la persona è realmente al centro ha i tratti della comunità, non quelli dell’organizzazione burocratica o efficientistica. In quanto comunità educante la scuola coltiva una diffusa convivialità relazionale, valorizza le diversità, si prende cura di tutti e di ciascuno, promuove la condivisione dei valori, favorisce il confronto e insegna il rispetto, sollecita la partecipazione e l’assunzione personale di responsabilità.
Sembra che il contesto privilegiato per una buona educazione sessuale sia l’educazione socio-affettiva, proprio per il clima di fiducia e di libertà che si cerca di stabilire quando si lavora con questa strategia. Si può addirittura prevedere un graduale passaggio dall’alfabetizzazione emotiva, all’educazione socio-affettiva, per arrivare all’educazione sessuale, nella sua forma di educazione socio- emotiva – affettiva sessuale.
Un programma efficace non può essere statico o basato esclusivamente su lezioni frontali. La metodologia adottata deve stimolare il coinvolgimento attivo degli studenti, promuovendo la partecipazione e il pensiero critico. L’approccio esperienziale, che include anche simulazioni, giochi di ruolo e discussioni di gruppo, rappresenta una delle strategie più efficaci per agevolare l’apprendimento (Pellai, Papuzza, 2019).
Non è possibile progettare interventi di educazione affettiva-sessuale senza prevedere per gli interlocutori un coinvolgimento diretto che li aiuti a riflettere sui contenuti che si affronteranno. Aumentare il grado di conoscenza è un obiettivo alquanto riduttivo poiché sul piano dei comportamenti incidono anche variabili emotive, affettive e relazionali. Queste variabili devono essere oggetto di riflessione e discussione all’interno di un contesto relazionale accogliente e rispettoso delle diversità. La metodologia attiva è l’elemento principale che può essere messo in campo a garanzia di tutto ciò. Essa si basa su due presupposti fondamentali: la costruzione e l’utilizzo di un insieme di strumenti messi a punto per facilitare il dialogo e la capacità del conduttore di scegliere quelli più adeguati a uno specifico gruppo e di gestire il processo comunicativo che si apre.
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Per affrontare in classe i temi legati alla dimensione affettiva e sessuale, temi intimi, coinvolgenti, personali e attinenti alla costruzione dell’identità personale di ciascuno/a, è indispensabile poter creare un clima di dialogo sereno, sicuro, basato sull’uguaglianza e sul rispetto reciproco. Occorre incoraggiare la partecipazione dei ragazzi e delle ragazze, facilitando il coinvolgimento di tutti ed è importante stimolare un pensiero creativo, nel quale possano essere presenti una pluralità di idee e il rispetto delle opinioni di tutti. È possibile facilitare la partecipazione della classe utilizzando attività che promuovano il lavoro collaborativo ed è anche importante usufruire di uno spazio fisico che garantisca la riservatezza e la comunicazione circolare. A tal proposito può essere utile, quando si lavora insieme, disporre le sedie in cerchio per sottolineare che è prioritario il dialogo tra i membri del gruppo e non la relazione verticale insegnante-studente. È anche utile chiedere il rispetto della riservatezza perché qualcuno potrebbe raccontare cose personali che devono rimanere all’interno del gruppo.
È importante che i temi più specifici dell’educazione sessuale siano trattati dopo un periodo di lavoro attuato esclusivamente con la strategia dell’educazione socio-affettiva, in modo da creare il clima adatto per affrontare con questo metodo anche temi più delicati.
La scuola, specie quella dell’obbligo, ma non solo, dovrebbe dare un “orientamento di vita”, inteso come promozione della conoscenza di sé, consapevolezza delle proprie capacità acquisite e da acquisire, visione dinamica del proprio “essere nel mondo”, degli obiettivi da porsi e delle scelte e strategie da mettere in atto per raggiungerli, orientamento che “può ben dirsi un processo di empowerment”. La personalità si costruisce fin dai primi attimi di vita e la scuola occupa un tempo grande e importante della nostra storia individuale. È fondamentale stare bene a scuola, per imparare anche a stare, e stare bene, in relazione. Nel futuro mondo del lavoro non basteranno le competenze operative, questo sta diventando sempre più chiaro e pressante (se si vuole pensare ad uno “stare bene insieme nei luoghi di lavoro”). Servirà saper lavorare con altri – da – noi. Sarebbe perciò necessario imparare a scuola, fin da bambini, anche le competenze relazionali.
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Lo sforzo che l’insegnante deve compiere per facilitare lo sviluppo di una affettività e sessualità serena comincia con la considerazione che i comportamenti del bambino/a o del ragazzo/a sono strutture di “accomodamento” e di “assimilazione” provvisorie, sulle quali tutti gli educatori naturali o istituzionali (genitori e insegnanti) possono influire per facilitare la realizzazione di adattamenti efficaci e positivi. Nello sviluppo di ogni persona, i cambiamenti di contesto, di ruolo e di esperienza sono continui. Per tale motivo, i processi educativi non devono essere rivolti a determinate rigidità cognitiva ed emotiva, specialmente in un periodo di crescita caratterizzato da grande potenzialità evolutiva.
Sulla base di quanto esposto fino ad ora, si vede come l’educazione socio-affettiva diventi un elemento fondamentale per la crescita delle persone. Per questo è indispensabile cominciare a pensare di inserirla nel normale processo di apprendimento didattico e curricolare, proposto dalla scuola, in particolare quella dell’obbligo. Sarà importante però essere attenti ad affrontarla secondo una modalità esperienziale, centrandola sui vissuti di ognuno. L’apprendimento e la pratica delle competenze che si acquisiscono a scuola sono immerse nel clima della relazione educativa che si instaura in ogni classe. Il compito dell’insegnante, ad ogni livello di scuola, è quello di porsi come facilitatore, cioè come colui che cerca di porre lo studente nelle migliori condizioni per svolgere il suo compito (apprendere), minimizzando, per quanto possibile, le fonti di disagio e di tensione, in modo da contribuire alla costruzione di un “tempo in classe” più sereno e proficuo all’apprendimento (Montesissa R., 2000). In definitiva, l’educazione socio-affettiva-sessuale a scuola deve essere svolta con cura e attenzione e prevede una parte fondamentale per l’insegnante: quella del conduttore del gruppo. Ciò non vuol dire che egli debba essere preparatissimo su tutte le tematiche, anche perché, soprattutto con la complessità dell’educazione socio-affettiva sessuale, egli dovrebbe conoscere tutte le informazioni per le tematiche previste, dovrebbe avere competenze più ampie per rispondere alle eventuali domande su tematiche non preventivate, ma suscitate dal processo e possedere adeguate competenze per la gestione dei gruppi. Per questo è importante che egli si concentri sul suo ruolo di facilitatore, facendosi aiutare da esperti in merito alle tematiche affrontate, ammettendo con autenticità, anche davanti ai ragazzi, di non conoscere tutte le risposte e altrettanto autenticamente deve riconoscere quali argomenti non si sente di gestire per via dell’imbarazzo che essi possono suscitare in lui o per via di problematiche a questi attinenti e che egli non abbia risolto. Anche in questo caso è fondamentale il contributo dell’esperto. L’insegnante in prima persona deve essere in grado di ascoltare le opinioni di tutti in modo accogliente ed empatico, di non giudicare né ridicolizzare; deve inoltre stimolare con attività varie e divertenti la partecipazione degli studenti, sapendo tuttavia rispettare e far rispettare i silenzi e la volontà di chiunque non desideri esporsi.
Tutto questo discorso è valido e ancora più importante se si pensa all’educazione sessuale, che tocca temi così delicati che il modo in cui si affrontano e il clima all’interno del quale lo si fa deve essere di estrema fiducia e libertà.
Sono convinto che le abilità di insegnamento richieste a un insegnante che si appresta all’implementazione di un programma di educazione socio-affettiva-sessuale non sono diverse da quelle che vengono richieste nella generalità dei programmi educativi.
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Vorrei approfondire ulteriormente quegli elementi del comportamento di relazione connessi con la comunicazione. Se ci soffermiamo anche solamente sul passaggio dell’informazione, sappiamo che la comunicazione comprende due tipi di messaggio: quello riguardante il contenuto, rappresentato prevalentemente dall’aspetto verbale e che veicola la trasmissione degli aspetti strettamente informativi, e quello legato alla relazione, rappresentato dai messaggi non-verbali e para-verbali che accompagnano qualsiasi e che spesso avvengono senza che vi sia un completo controllo consapevole da parte dell’emittente. Molti studi hanno dimostrato che i linguaggi non verbali e para verbali hanno un ruolo importante nel conferire efficacia al passaggio dell’informazione e quindi al processo insegnamento-apprendimento. Sappiamo che, ad esempio, il tono della voce, la mimica del volto, la postura del corpo, il ritmo e le pause sono informazioni che arrivano in modo diretto al ricevente che immediatamente decodificano questi messaggi. Si pone quindi la necessità di conoscere e gestire correttamente l’aspetto non-verbale e para-verbale del linguaggio perché, se la parte verbale e quella non verbale sono in contrasto, si corre il rischio di confondere l’informazione che si voleva passare.
Quando l’insegnate si trova ad affrontare argomenti che riguardano l’affettività e la sessualità umana e le sue manifestazioni, una situazione in cui facilmente vengono a essere toccati argomenti che lo coinvolgono nella propria sfera più intima, nelle proprie emozioni e nei propri sentimenti, è inevitabile che la comunicazione non verbale risenta di questi riflessi. L’insegnante non dovrà quindi negarli ma tenerli presenti per gestirli nel modo più adeguato ed efficace nel contesto educativo.
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