La Champions League è la kryptonite di Antonio Conte: i numeri europei fuori dal “Maradona” sono impietosi
La Champions è la kryptonite di Antonio Conte? A giudicare dalla sconfitta del Napoli contro il Benfica sembrerebbe di sì. Un’involuzione evidente rispetto al Napoli che nel post Bologna, al ritorno dalla sosta di novembre con tanto di pausa contiana, si era visto in campo.
Un Napoli che in Serie A era stato in grado di riguadagnare un primo posto che sembrava un miraggio sconfiggendo l’Atalanta, la Roma all’Olimpico, la Juventus e rimettendosi in pista in Champions con la vittoria al Maradona sul Qarabag. Già, il Maradona: fattore imprescindibile del Napoli contiano se pensiamo che nel 2025 lo stadio non ha visto, né vedrà, sconfitte e se, guardando alla Champions, i sette punti azzurri racimolati fin qui sono tutti frutto delle prove casalinghe.
E soprattutto se nella manifestazione europea il Napoli da trasferta è quello disastroso di Eindovhen e quello pasticcione, disattento e timoroso di Lisbona. Il tabellino dei viaggi europei della truppa di Conte è impietoso: tre sconfitte su tre gare, un solo gol fatto, dieci subiti. Dati che se snocciolati “al buio” in un quiz a premi non verrebbero mai associati alla squadra campione d’Italia. Certo, poi come ricorda Conte c’è una squadra incerottatissima e di fronte ci sono gli avversari, non irresistibili ma tutt’altro che sprovveduti.
Mourinho alla vigilia quasi esecrava l’esasperato tatticismo italico che però mostra di aver quantomeno assorbito quando in un’azione di ripartenza dopo dieci minuti fa vedere le streghe al Napoli: Ivanovic si presenta tutto solo davanti a Milinkovic che resta in piedi mentre l’avversario tira male, col risultato che la minaccia è neutralizzata. Proprio Milinkovic sette minuti dopo regala palla ad Aursnes ancora una volta solo davanti al portiere: troppa grazia, cicca pure lui.
Il Napoli continua a scherzare col fuoco e sull’ennesimo pasticcio difensivo Rios porta in vantaggio i portoghesi. Un’avvisaglia che quasi evoca i fantasmi del Psv, ma il Napoli riesce a riorganizzarsi seppur senza spaventare granché il Benfica, ben attento a far la guardia alla porta difesa da Trubin e a provare a ripartire facendo male.
Conte prova a sfruttare l’effetto sorpresa mandando dentro Politano e Spinazzola per Beukema ed Olivera, ma il Benfica passa di nuovo appena mette il naso fuori dalla propria metà campo, con un tocco leggero di Barreiro. Gli azzurri provano a metterci il cuore, quel cuore che Conte cita a più riprese nelle conferenze stampa, ma se quello non sembra in discussione nel Napoli formato trasferta europea manca la testa: pare emblematica l’immagine di Buongiorno che nel primo tempo grida a McTominay “Scott, calmati”, dopo un paio di errori non da McFratm.
Finisce due a zero per i portoghesi perché la reazione del Napoli è un po’ lo specchio di tutta la partita azzurra: generosa ma disordinata, timida, senza cattiveria. Una squadra che pare lontana parente di quella cinica e feroce, e pure smaliziata, vista negli ultimi turni del campionato: smaliziata come Vergara, che ragazzino non è, come si vorrebbe far credere, ma neppure timido e impacciato.
La sconfitta per 2-0 complica ovviamente il già non semplice cammino del Napoli: a oggi la squadra di Conte rientrerebbe nei playoff, ventitreesima e dunque al limite per la qualificazione. Il discorso è rimandato a gennaio, con una notizia buona e una cattiva: la buona è che al Napoli resta una gara al Maradona, la cattiva è che l’avversario è il Chelsea. Provare a vincere la gara che resta in trasferta dunque, quella contro il Copenaghen, non pare affatto una cattiva idea.