
Le flessioni più ampie per la fabbricazione di prodotti chimici (-6,6%), le industrie tessili e l'abbigliamento e i mezzi di trasporto (-3,5%). Cgil: "Il rimbalzo di settembre era solo un effetto tecnico dovuto al crollo di agosto: nulla ha interrotto la tendenza negativa"
L’industria italiana è alle corde. A ottobre l’indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito ancora, dell’1% rispetto a settembre e dello 0,3% su base annua. E la media del trimestre agosto-ottobre segna un decremento dello 0,9% rispetto ai tre mesi precedenti, stando alle rilevazioni dell’Istat. “Il rimbalzo di settembre era solo un effetto tecnico dovuto […]
L’industria italiana è alle corde. A ottobre l’indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito ancora, dell’1% rispetto a settembre e dello 0,3% su base annua. E la media del trimestre agosto-ottobre segna un decremento dello 0,9% rispetto ai tre mesi precedenti, stando alle rilevazioni dell’Istat. “Il rimbalzo di settembre era solo un effetto tecnico dovuto al crollo di agosto: nulla ha interrotto la tendenza negativa”, commenta il segretario confederale della Cgil Gino Giove. “La realtà è ben diversa dalla narrazione del governo e del Ministro Urso, che restano assenti“.
“Dato pessimo”, aggiunge Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Il ribasso maggiore si registra per i beni di consumo. Ennesima prova del fatto che se le famiglie non hanno soldi, i commercianti non vendono e le imprese non producono”. Il leader M5s Giuseppe Conte dal canto suo chiosa: “Trentaduesimo crollo della produzione industriale su 36 mesi rilevati durante il governo Meloni. Ci vuole talento!. Il presidente del Consiglio non ha niente da dire su questo disastro? Hanno presentato una manovra che – per stessa ammissione del Ministero dell’Economia – ha impatto nullo sulla già misera crescita. Senza i 209 miliardi del Pnrr ora saremmo in recessione“. Per Daniele Manca, capogruppo del Pd in Commissione Bilancio, è “un’ulteriore dimostrazione che le politiche industriali del governo non esistono, sono spot per la propaganda ma nulla sulle filiere produttive, sulla competitività dei distretti, su Ilva, automotive”.
Su base annua, “anche l’indice corretto per gli effetti di calendario è in flessione. Ad eccezione dei beni intermedi, tutti i principali settori di attività mostrano riduzioni rispetto all’anno precedente”. Si registra un aumento tendenziale solo per i beni intermedi (+1,1%) mentre mostrano un calo i beni consumo (-2,0%), i beni strumentali (-0,7%) e l’energia (-0,2%). Le flessioni più ampie si rilevano nella fabbricazione di prodotti chimici (-6,6%), nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-5%), nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-4,6%) e nei mezzi di trasporto (-3,5%), mentre vanno bene l’attività estrattiva (+5,2%), la metallurgia e fabbricazione di prodotto in metallo (+2,7%) e la fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche (+2,1).
“Sulla chimica di base – denuncia Giova – il governo non ha semplicemente sbagliato: ha scelto consapevolmente di non intervenire, lasciando depauperare un settore strategico per tutte le filiere manifatturiere. Per quanto riguarda l’acciaio, dopo anni di promesse, non c’è ancora una decisione seria. E nell’automotive assistiamo a una totale sudditanza nei confronti delle imprese, che decidono tagli, delocalizzazioni e riduzioni di volumi senza strategia nazionale né alcun reale indirizzo pubblico”. Inoltre, aggiunge, “le tante crisi aziendali vanno affrontate nel quadro di una più complessiva politica industriale e non semplicemente con l’uso di ammortizzatori sociali“. “Se il compito del Governo è quello di garantire stabilità, affidabilità e credibilità, sarebbe opportuno cambiare rotta, a partire dalla legge di bilancio 2026. Per questo la Cgil ha proclamato lo sciopero generale del 12 dicembre: in tutte le piazze italiane i lavoratori e le lavoratrici chiederanno lavoro stabile, investimenti, futuro”.