Economia

Asset russi a Kiev, la Francia vuole escludere i 18 miliardi di fondi congelati nelle sue banche

A differenza del depositario centrale Euroclear, che non ha obblighi contrattuali verso Mosca e ha potuto trattenere gli “interessi attivi” generati dai titoli russi scaduti, le banche private potrebbero essere tenute a riconoscere alla Russia quelli maturati sui depositi. Il 18 dicembre il vertice Ue per decidere sul prestito

La Francia ostacola la piena mobilitazione dei proventi degli asset sovrani russi congelati per finanziare il maxi-prestito all’Ucraina. Pur sostenendo in linea di principio l’idea del “prestito di riparazione” proposto dalla Commissione, riporta il Financial Times, Parigi rifiuta che nel perimetro dello schema entrino i 18 miliardi di euro immobilizzati presso banche commerciali francesi. Una […]

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La Francia ostacola la piena mobilitazione dei proventi degli asset sovrani russi congelati per finanziare il maxi-prestito all’Ucraina. Pur sostenendo in linea di principio l’idea del “prestito di riparazione” proposto dalla Commissione, riporta il Financial Times, Parigi rifiuta che nel perimetro dello schema entrino i 18 miliardi di euro immobilizzati presso banche commerciali francesi. Una posizione che irrita diversi Stati membri, posto che Bruxelles ha proposto di usare tutti gli asset bloccati in Europa e non soltanto la quota maggiore custodita dal depositario belga Euroclear.

Secondo il Ft, la Francia non ha mai rivelato alle altre capitali quali istituti detengano gli asset russi, invocando la riservatezza bancaria. I fondi secondo fonti del quotidiano finanziario sarebbero amministrati in larga parte amministrati da BNP Paribas, che non ha voluto commentare, e in misura minore da Crédit Agricole, Société Générale e BPCE. A differenza di Euroclear, che non ha obblighi contrattuali verso Mosca e ha potuto trattenere gli “interessi attivi” generati dai titoli russi scaduti, le banche private potrebbero invece essere tenute a riconoscere alla Russia gli interessi maturati sui depositi. È il punto su cui Parigi insiste: coinvolgere il settore privato significherebbe aprire un fronte legale e finanziario di difficile gestione, esponendo gli istituti al rischio di contenziosi e ritorsioni.

Il nodo è diventato centrale perché gli asset congelati in Ue, pari in totale a circa 210 miliardi, sono concentrati per 185 miliardi presso Euroclear e per quasi tutto il resto in Francia e Belgio. Bruxelles vuole che siano usati come garanzia per sostenere l’emissione di un maxi prestito per Kiev. Il Belgio, che ha finora sopportato il peso politico e il rischio giuridico dell’operazione grazie alla posizione di Euroclear, chiede esplicitamente che anche Francia e altri Stati partecipino in proporzione alle proprie disponibilità. Soprattutto dopo che la Bce si è rifiutata di appoggiare la manovra.

Il pressing su Parigi arriva anche da sette Stati membri – Estonia, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Polonia e Svezia – che in una lettera a Ursula von der Leyen e al presidente del Consiglio europeo Antonio Costa hanno definito il prestito basato sugli asset russi “la soluzione più fattibile e politicamente realistica”, sollecitando una decisione al vertice Ue del 18 dicembre. “Il tempo è essenziale”, scrivono: l’Ucraina ha esigenze di bilancio e militari immediate e collegare il sostegno europeo al principio del risarcimento dei danni dell’aggressione russa è considerato un segnale politico decisivo.

Ma la trattativa resta complessa. Per rassicurare il Belgio e ora anche la Francia l’Ue lavora a un meccanismo di mutualizzazione dei rischi, capace di proteggere i singoli Stati da possibili azioni russe o da incertezze normative. Accanto al prestito garantito dagli asset rimangono in campo altre opzioni: l’emissione di debito comune da 50-90 miliardi sul modello Recovery, però osteggiata da Ungheria, Slovacchia e Austria, o il ricorso al Mes, subito escluso dal fondo salva-Stati perché non può operare fuori dall’Eurozona senza una riforma dei trattati. Da qui l’ipotesi di creare un veicolo finanziario ad hoc che distribuisca rischi e responsabilità.

Parigi, intanto, mantiene il silenzio anche sui dettagli operativi. Lo stesso ministero dell’Economia, che all’inizio della guerra aveva pubblicizzato i sequestri ai danni degli oligarchi, oggi declina qualsiasi commento sugli asset sovrani russi detenuti dalle banche francesi.