Chi è Lando Norris, il pilota di una McLaren dominante che si ritrova campione del mondo | Il commento
Alla fine lo ha vinto lui, il pilota meno entusiasmante dei tre a essersi giocati questo Mondiale. Un titolo che per tre-quarti di campionato racconta più le crepe degli altri che la forza di Lando Norris, prima però (è doveroso ammetterlo) di una super conduzione di gara nell’ultima parte di Mondiale, precisamente dal GP di Singapore fino a Yas Marina, dove il britannico di Bristol ha fatto vedere una costanza fino a prima di Marina Bay mai vista. Un campionato che finirà negli albi d’oro, per una battaglia per carità bellissima, ma — come detto da Max Verstappen prima del Qatar — resa aperta fino in fondo più per gli errori dei piloti papaya che per il merito dell’olandese, che ne ha comunque tanti. Non un’impresa da fuoriclasse, insomma, considerando che Norris lo ha fatto su una vettura, la McLaren, mai raggiunta dalle rivali nella sua completezza, sebbene resta la maturità mostrata, anche nelle scelte di gara viste ad Abu Dhabi.
Insomma Norris, pur raggiungendo lo scettro iridato sotto le luci di Yas Marina, resta il protagonista di una stagione storta, confusa, in cui il merito è sembrato sempre altrove: nell’ingombrante superiorità tecnica della vettura di Woking, nei cali inspiegabili dei rivali e, soprattutto, nella gestione politica di un team che più volte lo ha protetto nel confronto interno. Il punto critico dell’anno, quello che probabilmente ha orientato tutto, porta il nome di Oscar Piastri. Fino a Baku, l’australiano era il vero contendente al titolo in arancione: veloce, costante, incisivo. Poi il buio dal GP azero fino a Las Vegas, una flessione inevitabile che Lando Norris ha saputo sfruttare.
Perché nonostante i risultati, il britannico fino a Singapore ha mostrato il solito limite: l’incapacità di essere continuo, quel saliscendi che ha fatto perdere punti e occasioni in serie nella prima parte di stagione. Errori banali, scelte discutibili, qualche gara buttata via quando una guida più matura avrebbe imposto ordine e lucidità. Eppure, anche nei momenti in cui Piastri era più efficace, la McLaren ha spesso scelto di non intervenire. A Suzuka, ad esempio, con Norris secondo e Piastri terzo, di ritorno con le gomme più fresche, non è arrivato nessun ordine nel finale di gara, vinta da Verstappen. Il messaggio è sembrato passare subito chiaro: coprire Norris aveva priorità rispetto a massimizzare il risultato.
Situazione quasi speculare a Monza, dove Piastri ha ceduto la sua posizione proprio a Norris, dopo un pit-stop lento. Una mossa presa in giro dallo stesso Verstappen: “Io non lo avrei mai fatto”. Tre punti importantissimi, considerando che il duello Mondiale è stato vinto dal britannico sull’olandese di due punti. Oppure il sorpasso in Qatar nel finale per l’errore di Andrea Kimi Antonelli, valso proprio due lunghezze in più sul pilota della Red Bull.
Dettagli? Non davvero, ma episodi che, messi in fila, disegnano una linea precisa. Norris è sembrato il pilota su cui il team ha deciso di puntare anche quando la pista, semplicemente, raccontava altro. Il paradosso è che lo stesso Lando Norris, nel 2024, aveva beneficiato della situazione inversa: si era preso a suo favore l’ordine di scuderia nei confronti di Piastri, che gli ha coperto le spalle nel finale di Mondiale nonostante il britannico commettesse errori a non finire, soprattutto in partenza.
Più che un titolo conquistato, dunque, sembra quasi un titolo trovato. Eppure, dietro questa stagione piena di incognite, c’è sempre il ragazzo che è stato. Quello cresciuto tra padre Adam, manager di successo, e la madre belga Cisca Wauman. Curiosità: la stessa nazionalità della mamma di Max Verstappen,Sophie Kumpen. Quello con due cittadinanze, due mondi, e un’infanzia passata tra kart e sogni a due ruote. Perché prima dei kart, prima di tutto, c’erano le moto, e soprattutto Valentino Rossi: il suo idolo assoluto, a cui Lando Norris ha dedicato persino un casco dalle fantasie gialle, verdi e nere.
Una passione vera, sincera, che però sul piano della personalità non ha mai trovato un equivalente in pista: Norris resta un pilota talentuoso, ma non travolgente, veloce ma non magnetico. Intanto, però, ha zittito tutti e si è preso un titolo che tanti sognano, come vorrebbe da anni Charles Leclerc, un altro che potrebbe lottare per un Mondiale ma che non ha mai avuto un’auto in grado di arrivare fino in fondo al campionato.
La vita fuori dai circuiti di Lando Norris è quella di un ragazzo moderno: la relazione con Margarida Corceiro ufficializzata nel 2025, la residenza a Montecarlo, le ore passate sul sim racing tra stream, beneficenza e critiche. E poi gli allenamenti durissimi, il padel, i golf club frequentati anche con Carlos Sainz, e qualche peccato di gola con gli hamburger post-gara.
Tutto vero, tutto legittimo. Ma alla fine, quando i conti si fanno, resta l’impressione netta: Norris ha vinto un Mondiale che non ha mai realmente dominato, ed è difficile raccontarlo come il simbolo di una stagione memorabile. Bravo lui, certo, come ottimo è stato nell’esperienza che ha messo pure ad Abu Dhabi, quando si è trattato di gestire su Charles Leclerc o di superare quattro piloti più davanti a lui dopo il primo pit, ma la sensazione resta quella di non essere il campione più convincente, per lo meno non così, non quest’anno.