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Papa Leone in Libano, la popolazione delusa dalla decisione di non visitare il Sud in guerra: “Sarebbe stato un segnale di vicinanza”

Migliaia di persone aspettavano il passaggio del Pontefice da un territorio che "è stato attraversato da Gesù, da Kawkaba fino al monte Hermon”, spiega George Nakad, ex sindaco del villaggio di Deir Mimes. “Anche Qana e Magdoushi”, sottolinea Linda Akiki. Altri sono partiti dalle aree meridionali solo per vedere Leone XIV a Beirut
Papa Leone in Libano, la popolazione delusa dalla decisione di non visitare il Sud in guerra: “Sarebbe stato un segnale di vicinanza”
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Papa Leone XIV ha concluso il suo primo viaggio all’estero che lo ha portato, dopo la Turchia, anche in Libano, dove vive la più vasta comunità cristiana del Medio Oriente insieme a 18 diverse confessioni religiose riconosciute nel Paese. Almeno sulla carta, in Libano i cristiani maroniti hanno ancora la maggioranza. In un Paese dove politica e religione non conoscono separazioni, a un cristiano spetta la più alta carica dello Stato. Il presidente della Repubblica, Joseph Aoun, maronita e precedentemente a capo delle forze armate libanesi, ha accolto e accompagnato Papa Leone in diverse tappe del suo itinerario.

La visita è stata accolta calorosamente, da cristiani e non. Appena arrivato Papa Leone ha attraversato parte della periferia sud di Beirut, oggi a maggioranza musulmana sciita, per recarsi alla residenza presidenziale. Per la strada una folla si era riunita ad attendere il passaggio del Pontefice, nonostante la pioggia e il diverso credo. “La visita del Papa rappresenta un qualcosa di significativo nella vita dei libanesi. Di tutti. Musulmani, cristiani, e di tutte le confessioni, senza eccezioni”, dice Mer Marry, madre superiora delle suore Antoniane di Nabatieh, congregazione maronita nella cittadina a maggioranza sciita.

L’itinerario del Papa non ha previsto il sud. Per questa ragione, la visita in Libano non ha portato solo gioia e speranza, ma anche frustrazione tra la gente delle aree meridionali che più di tutti ha pagato il prezzo della guerra e che più di altri si aspettava la visita del Pontefice. “Mi aspettavo che venisse principalmente al sud, che è proprio l’area che soffre maggiormente a causa dei continui attacchi da parte di Israele”, spiega Sahar Shakaroun, imprenditrice di Nabatieh, senza nascondere la sua frustrazione. Il sud del Libano è ancora l’area più colpita da bombardamenti israeliani che si verificano quasi giornalmente, nonostante l’accordo di cessate il fuoco. Secondo l’esercito israeliano, che occupa ancora cinque postazioni in territorio libanese, gli attacchi sono finalizzati ad impedire la ricostruzione di Hezbollah, il cui disarmo a sud del fiume Litani sembra essere invece quasi completo.

Non è chiaro se la visita sia stata esclusa per ragioni di sicurezza o per ragioni politiche. Secondo alcune fonti vicine alle autorità libanesi non sembra che la possibilità di visitare l’area sia mai stata presa realmente in considerazione. “La visita di Papa Leone è stata puramente religiosa e non politica”, sostiene Saher al-Mokaddem, libanese, musulmano sciita cresciuto al sud. Secondo il sindaco di Chebaa, Adam Farhat, a livello popolare molti sono convinti che il Papa desiderasse recarsi al sud, ma che le condizioni relative alla sicurezza non lo abbiano permesso. Mentre altri credono che la decisione sia stata dovuta a difficoltà organizzative o di diversa natura. “Senz’altro tutti avrebbero apprezzato questo gesto simbolico e molti avrebbero sentito che le difficoltà della vita quotidiana vicino al confine venivano riconosciute”.

Chebaa è una cittadina di montagna a maggioranza musulmana sunnita situata tra il Libano e le alture del Golan occupate da Israele. È anche ultimo avamposto a est della missione delle Nazioni Unite, Unifil, che dal 1978 controlla la zona e monitora sulla linea di demarcazione che divide Libano e Israele. Per la vicinanza ai territori rivendicati da Beirut e occupati da Tel Aviv, quasi tutti gli abitanti sono stati costretti a scappare durante le fasi più acute dei bombardamenti.

Nel corso della visita, il Pontefice non ha fatto riferimento diretto alla condizione del Libano, mettendo al centro il tema più generale della pace. In risposta alle domande dei giornalisti sul volo di rientro a Roma ha detto che per convincere le parti ad abbandonare le armi e la violenza si lavora dietro le quinte, ma la mancata visita del sud ha senz’altro influito sul morale di una fetta della popolazione che già si percepisce come largamente marginalizzata. “Qui la gente è abituata a essere esclusa da molti eventi ufficiali o spirituali, sia per motivi di sicurezza che politici, quindi non è stata una sorpresa”, spiega il sindaco Farhat accennando alle ragioni storiche del sentimento di lontananza dal governo centrale.

Dalle voci raccolte in diverse zone del sud del Libano, quello della marginalità è un tema diffuso e accusato da gran parte della popolazione. Eppure, la comunità cristiana locale fa notare come il sud includa luoghi che hanno caratterizzato la vita del figlio di Dio. “Il sud del Libano è stato attraversato da Gesù, da Kawkaba fino al monte Hermon”, spiega George Nakad, ex sindaco del villaggio di Deir Mimes e a capo del pronto soccorso dell’ospedale al-Najdaha Shabeya di Nabatieh. “Anche Qana e Magdoushi”, sottolinea Linda Akiki, insegnante in pensione della stessa città, riferendosi al luogo del primo miracolo di Gesù e a quello in cui, secondo la religione cristiana, Maria lo attendeva mentre praticava a Sidone.

Anche nelle zone a maggioranza drusa del sud del Paese, la visita del Pontefice sarebbe stata accolta come un momento di speranza. “Qualcosa di cui abbiamo disperatamente bisogno”, dice Dany Emasha, membro della municipalità della cittadina drusa di Hasbaya e volontario della Croce Rossa durante i mesi di bombardamenti, poi sfociati nella guerra di ampia scala che ha coinvolto tutto il Libano. Insieme al sostegno morale, oltre alle affiliazioni religiose, “avrebbe ribadito che il sud è una parte essenziale dell’identità libanese”, continua Labib al-Hamra, sindaco di Hasbaya e presidente dell’unione delle municipalità del distretto. “Il sud non è una regione marginale, è pieno di vita e di persone che hanno vissuto esperienze dure, guerre, bombardamenti, sfollamenti e che nonostante tutto continuano a sperare” conclude Farhat. Se il papa non ha visitato il sud, in molti dal sud si sono infatti spostati a Beirut anche solo per attendere il passaggio della sua auto.

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