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Von der Leyen e Germania provano a tenere unita un’Ue spaccata sugli asset russi. L’appello di Berlino: “Condividiamo i rischi economici”

Il Belgio, che ospita Euroclear e con esso 180 miliari sui 289 totali, teme di doverli restituire nel momento in cui il conflitto dovesse finire. Bloomberg: “Usa in pressing contro il loro utilizzo”. Il Times: "Londra si offre di sbloccare quelli congelati in Uk"
Von der Leyen e Germania provano a tenere unita un’Ue spaccata sugli asset russi. L’appello di Berlino: “Condividiamo i rischi economici”
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La questione degli asset russi congelati rischia di fare a pezzi l’Unione europea. Volodymyr Zelensky chiede da tempo che vengano utilizzati per continuare a sostenere l’Ucraina contro l’aggressione della Russia, ma le posizioni all’interno della Ue sono variegate. L’Ungheria e la Slovacchia, molto sensibili alle posizioni di Mosca, si oppongono alla possibilità, in particolare per finanziare l’assistenza militare, e hanno minacciato di bloccare o sfidare legalmente i piani dell’Ue in merito. Sul fronte “europeista”, invece, il Paese più contrario è il Belgio, che ospita Euroclear e con esso la maggior parte dei beni di Mosca – 180 miliardi -, e teme di doverli restituire come previsto dai trattati internazionali nel momento in cui il conflitto dovesse finire e il Cremlino accettasse di pagare i danni di guerra. È questo il punto che ha generato l’impasse a Bruxelles e che la Germania ha cercato di sbloccare nella giornata di venerdì lanciando un appello agli altri 26 Stati membri: “Il Belgio non può essere lasciato da solo con le sue riserve, che sono giustificate e vengono prese molto sul serio dal cancelliere”, ha detto Sebastian Hille, portavoce del cancelliere tedesco Friedrich Merz.

Il 3 dicembre la Commissione Ue ha presentato due soluzioni: un prestito che si baserebbe sul bilancio dell’Ue e un prestito di riparazione che autorizzerebbe l’esecutivo a contrarre prestiti di liquidità per un massimo di 90 miliardi da istituzioni finanziarie comunitarie che detengono attività immobilizzate della Banca centrale russa. Con una differenza importante: per attingere dal debito Ue serve l’unanimità dei 27, per l’uso degli asset – sostiene la Commissione – basta la maggioranza qualificata. È su questo punto che in queste ore von der Leyen sta tentando di forzare la mano in vista del summit europeo del 18 dicembre. Una prima frenata l’aveva impressa la Banca centrale europea spiegando di non essere intenzionata a garantire alcun eventuale prestito da 140 miliardi per l’uso degli asset russi, proprio perché questo rappresenterebbe una violazione del diritto internazionale.

Il governo di Bart De Wever ha già fatto sapere di ritenere la proposta “insoddisfacente”, tanto da costringere il portavoce di Merz a chiedere una solidarietà europea per evitare che il peso economico sia tutto sulle spalle di Bruxelles. Alla domanda se la Germania abbia intenzione di assumersi parte dei costi economici che graverebbero sul Belgio, il portavoce ha risposto: “Il cancelliere ha detto in un intervento in un quotidiano che anche i membri europei potrebbero, in modo proporzionale rispetto alla loro forza economica, distribuirsi il peso dei rischi” di questa misura.

Per tentare di trovare una quadra, la presidente della Commissione incontra a Bruxelles Merz e De Wever. Sull’uso dei beni congelati von der Leyen ci ha messo la faccia, supportata da diversi leader europei. Il cancelliere, inizialmente prudente, alcune settimane fa ha deciso di sposare la causa e, forse, sarà chiamato a spiegare a De Wever i motivi per cui i tedeschi ritengano che usare gli asset russi non comporti eccessivi rischi finanziari o legali.

Nella delicatissima partita gioca un ruolo anche l’amministrazione degli Stati Uniti. Donald Trump ha spiegato da tempo agli (ex?) alleati che Washington intende impegnarsi sempre meno sia militarmente che economicamente nella difesa del Vecchio Continente, rendendo l’utilizzo dei beni russi congelati una risorsa ancor più fondamentale per contrastare l’avanzata delle forze armate di Mosca in Ucraina. Ma la stessa Casa Bianca, riferisce oggi Bloomberg, starebbe facendo pressione su diversi paesi dell’Unione per bloccare il piano di concedere un prestito a Kiev finanziato con proventi derivanti dagli asset russi congelati. I funzionari statunitensi sostengono che tali beni sono necessari per garantire un accordo di pace tra Kiev e Mosca e non dovrebbero essere utilizzati per prolungare il conflitto.

Nella questione ora potrebbe intervenire anche il Regno Unito. Secondo il Times di Londra il governo di Keir Starmer vorrebbe sbloccare 8 miliardi di sterline (9 miliardi di euro) di asset russi congelati nel Paese. Stando al quotidiano, la somma coprirebbe oltre due terzi del fabbisogno finanziario dell’Ucraina nei prossimi due anni, sia per continuare la guerra che per finanziare la ricostruzione qualora si raggiungesse un accordo di pace. Come però sottolinea una fonte governativa, il meccanismo esatto per sbloccare i beni russi congelati nel Regno e consegnarli all’Ucraina non è stato ancora individuato. Anche nella recente ministeriale Nato a Bruxelles la titolare degli Esteri britannica Yvette Cooper ha spinto per un cambiamento di approccio, affermando che i Paesi alleati devono operare insieme su questo dossier per arrivare a un “piano coordinato“.

L’appuntamento chiave resta quello del summit europeo del 18 dicembre. È a quel tavolo che la Commissione cercherà il consenso politico necessario per avviare poi l’iter ai diversi regolamenti pensati per i prestiti a Kiev. Entro il secondo trimestre del 2026 Von der Leyen vorrebbe vedere le prime erogazioni. Ma prima dovrà superare un ostacolo ben più grande: la totale divisione dell’Ue sul tema degli asset russi congelati.

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