
Le opere sono nate dal laboratorio “filosofico” ideato dalla fotografa Alle Bonicalzi. La mostra, organizzata da Agedo Milano, è stata inaugurata il 22 novembre alla Biblioteca Sormani ed è aperta fino al 17 gennaio
Il coming out non riguarda mai una sola persona. “Ritratto di famiglie”, la nuova mostra di Agedo Milano inaugurata il 22 novembre alla Biblioteca Sormani e aperta fino al 17 gennaio 2026, lo mette in chiaro fin dal primo pannello: il cambiamento investe genitori, figli e figlie, e costringe tutti a ridefinire ruoli, paure e linguaggi. “La mostra è un invito a guardare il mondo con occhi nuovi, perché solo vedendo davvero l’altra persona possiamo costruire una società più libera e accogliente” spiega Cinzia Valentini, presidente di Agedo Milano. L’obiettivo è chiaro: scardinare lo sguardo superficiale sulle famiglie con figli e figlie LGBTQIA+, raccontando non solo il coming out ma la strada che quelle famiglie hanno dovuto fare per ritrovarsi, riconoscersi e cambiare.
Le opere sono nate dal laboratorio “filosofico” ideato dalla fotografa Alle Bonicalzi. Prima dello scatto, genitori e figli si sono guardati negli occhi per tre minuti e poi hanno scritto liberamente ciò che emergeva da quel silenzio. Avrebbero potuto cancellare frasi o passaggi troppo intimi: quasi nessuno lo ha fatto. “Sono testi lunghi, densissimi. Noi abbiamo selezionato ‘finestre di senso’, porzioni del loro pensiero che potessero parlare a tutti e tutte”, racconta Bonicalzi. “Il ritratto è uno, collettivo e corale, ma le famiglie sono tante, uniche e irripetibili. L’esposizione è essa stessa un coming out: l’epifania di una nuova possibilità di essere famiglia”.
Accanto ai ritratti, alcune postazioni interattive invitano il pubblico a rispondere alle stesse domande poste ai partecipanti: “Che cos’è per te la famiglia? Che cos’è la libertà?”. Una chiamata in causa diretta, che trasforma la mostra in uno spazio esperienziale e non solo espositivo. “L’idea è che chi guarda partecipi. È una delle essenze della libertà, ed è uno dei temi sottesi al progetto: il bisogno di riconoscimento senza giudizio, la possibilità di essere chi ci si sente e il potere dello sguardo”. All’inaugurazione non mancano le istituzioni. L’evento è patrocinato dal Comune di Milano: presenti l’ex sindaco Giuliano Pisapia e Diana De Marchi, presidente della Commissione Pari Opportunità. “Per il Comune i diritti civili restano una priorità. Questa mostra racconta la fatica delle famiglie, il loro ritrovarsi e il loro aiutarsi. E indica cosa può e deve fare un’amministrazione che non vuole lasciare indietro nessuno”. È anche un messaggio politico: il riconoscimento di un’alleanza che Milano sceglie di fare con chi ancora oggi subisce discriminazioni.
Perché “Ritratto di famiglie” parla innanzitutto di questo: uscire dall’ignoranza. Allargare il campo visivo. Mettere in discussione la normalità presunta e rinegoziarla alla luce dell’autenticità di chi si ha davanti. “I nostri figli hanno diritto a vivere l’autenticità senza affrontare discriminazioni”, dice Andrea, una delle mamme protagoniste della mostra. “Noi non vogliamo più essere ‘le famiglie Agedo’. Vogliamo essere famiglie e basta, non discriminate. Spero che questa mostra aiuti a portare maggiore inclusività grazie al potere della condivisione”. Il percorso, che viene attraversato da tutti i visitatori della Sormani, porta a un punto: il nostro sguardo. Che cosa vediamo davvero quando guardiamo una famiglia? E che cosa scegliamo di non vedere? La mostra non dà risposte semplici, ma ribadisce un principio: abbiamo il dovere di rispettare gli altri e di amare chi vogliamo. Tutto il resto – i pregiudizi, le paure, l’ignoranza – sta fuori. O almeno dovrebbe.