Basta piangere sul regolamento: l’Italia non merita di andare ai Mondiali più di Congo o Curacao
L’ennesima figuraccia della nazionale contro la Norvegia almeno ha un merito: spazzare via la narrazione spinta ultimamente dalla FederCalcio, dal ct Gattuso al disperato presidente Gravina, e sposata da troppi commentatori accondiscendenti, che non andiamo ai Mondiali per colpa del regolamento. Che è assurdo rimanere fuori per una sola sconfitta (intanto sono diventate due). Che il girone in Sudamerica è più semplice e che ci sono troppe africane. Una retorica insopportabile, piagnona e anche vagamente suprematista quando sostiene una presunta superiorità del pallone europeo rispetto agli altri continenti, smentita ancora una volta dal campo.
Nelle ultime settimane sono stati tirati in ballo troppi argomenti, tutti sbagliati, per giustificare il fallimento azzurro. Il regolamento è quello, uguale per tutti. Questa è la terza edizione di fila che non vinciamo il girone di qualificazione, pur partendo per due volte su tre dalla prima fascia: non potrà essere sempre un caso. Chi rivendica le 6 vittorie in 8 partite, dimentica volutamente di ricordare che proprio per come è concepito il format europeo, tutte le altre avversarie a parte la Norvegia erano ridicole. E poi non risulta che Turchia e Slovacchia, nazionali che hanno fatto un percorso simile all’Italia e con tutta probabilità pure dovranno passare dagli spareggi, stiano frignando come noi.
Ancora più sgradevole l’attacco alle altre confederazioni (che infatti non è passato inosservato nel resto del mondo: un’altra brutta figura per il calcio italiano). La prossima edizione a 48 squadre è di certo un’incognita e probabilmente un’esagerazione, ma il calcio ormai è un fenomeno globalizzato e non si può tornare indietro. Ricordare come ha fatto Gattuso gli anni Novanta, in cui all’Europa spettavano 14 posti su 24, più del 50%, significa rimpiangere tempi passati di diritti acquisiti, che non hanno più senso di esistere. Di sicuro si qualificheranno tante cenerentole con un livello tecnico inferiore al nostro, ma il senso della Coppa del Mondo è proprio quello. Parlare di ranking e posti riservati non è troppo dissimile dal ricreare la tanto avversata Superlega anche per le nazionali. Poi che le sudamericane abbiano un vantaggio competitivo appartenendo ad una confederazione con solo 10 Stati è nei numeri, ma bisogna guardare la composizione complessiva. La Uefa rimane quella con più posti (16 su 48) e comunque la seconda (alle spalle solo della Conmebol, appunto) per percentuale di partecipanti sul totale delle federazioni membro (29,1%). Lamentarsi non ha senso. Tanto più che alle ultime due partecipazioni, nel 2010 e nel 2014, siamo usciti rimediando figuracce contro Nuova Zelanda e Costa Rica, proprio quei Paesi che secondo Gattuso avrebbero meno diritto di noi a qualificarsi.
Non c’è nessuna ingiustizia. Al massimo po’ di sfiga, nell’aver pescato in seconda fascia una nazionale con un attacco stellare, che proprio quest’anno è sbocciata in tutto il suo potenziale dopo che invece aveva steccato altre qualificazioni: a Euro 2024 la Norvegia è rimasta fuori arrivando terza alle spalle persino della Scozia, e anche allora c’erano Haaland, Sorloth &C.; stavolta le ha vinte tutte con una media di quasi 5 gol a partita, decisiva per tagliarci le gambe nella differenza reti. Aggiungiamo che qualcosa nelle qualificazioni si può migliorare. Non tanto nella distribuzione dei posti fra i continenti, quanto nel format europeo. Lo ha ammesso anche lo stesso presidente della Uefa, Aleksandr Ceferin. I gironi a 4-5 squadre sono effettivamente troppo bloccati, si rischia di rimanere imprigionati in un gruppo di ferro o viceversa percorsi scontati. Adottare anche per le nazionali la formula che tanto successo sta avendo con la nuova Champions, ovvero una classifica unica con 8 partite da giocare tutte con avversari diversi, poterebbe probabilmente più meritocrazia e anche un pizzico di imprevedibilità (certo bisognerà trovare una quadra sul calendario perché le partecipanti Uefa sono addirittura 54).
Queste però sono tutte riflessioni di contorno. Non andiamo ai Mondiali, almeno per il momento, non per colpa di qualche cavillo ma perché abbiamo perso due volte sue due contro la Norvegia (non la Francia, o la Spagna), con un aggregato di 1-7. Perché abbiamo vinto al 90’ in Moldova, al 95’ contro Israele, sempre faticando e di misura, mentre i nostri rivali segnavano a raffica. Perché abbiamo una rosa modesta, due ct (Spalletti e Gattuso) uno peggio dell’altro, una dirigenza federale completamente inadeguata. Ci meritiamo i playoff, come Congo e Curacao (che anzi magari si qualificherà direttamente). Questa è la nostra dimensione. Continuare ad accampare scuse significa solo non guardare in faccia la realtà.