Trash-Chic

Olimpiadi mania e il rilancio di Alberto Tomba. In fila per un selfie e un autografo ragazzini che quando lui stravinceva non erano ancora nati

Fenomenologia di un fenomeno, pardon il gioco di parole. Una strada bloccata e servizio d’ordine che respinge gli imbucati. Tomba la Bomba come era stato soprannominato ancora, l’ultima, anzi il primo di quella Valanga Azzurra che ha segnato la storia dello sci italiano e non solo. Aveva solo 21 anni quando a Calgary vinceva i suoi primi due ori olimpici in slalom e gigante. Tre ori olimpionici, battendo con distacco tutti gli altri, due Coppe del mondo, una cinquantina di vittorie sono nella coppa del mondo e molto di più. Alberto che mangiava il panettone fra una manche e l’altra per darsi carica, di nascosto al suo coach, il campionissimo a fine gara salutava il suo pubblico in boxer, cappello da cowboy e sci ai piedi. Ogni sua discesa in gara e fuori gara era uno spettacolo. E Alberto e il suo legame spezzato con miss Italia Martina Colombari, bersaglio di gossip. Niente matrimonio e niente figli, per rimanere lui eterno bambinone coccolato in famiglia. Deve tutto a loro, alle alzatacce del padre alle 4 del mattino per accompagnarlo al casello autostradale, appuntamento con il pullman con a bordo il resto della squadra per proseguire per la località montanara e incominciare gli allenamenti sotto una temperatura che andava sotto anche a 20 gradi sotto zero (non si parlava ancora di global warming). Di questo e altri mille aneddoti è condito il biopic “Lo Slalom più lungo”.

Sottotitolo, Le sfide, il sogno olimpico, la mia vita (Sperling & Kupfer), presentato nel multi brand di Via Orefici 11, in mezzo a tanta gente del business sport convocati da Alessandra Ianzito. Tra amuse en bouche serviti su plateau che simulavano le cime innevate delle Alpi, frittelle di polenta e formaggio d’alpage. Gigantografie e video clip catturanti del campionissimo, brand ambassador di Napapijri, la griffe sportwear più amata dalla Generazione Z. E chi dice che i giovani non leggono a a giudicare dalla fila. Chissà se si identificheranno nella storia di un successo frutto di tanti sacrifici e volontà di ferro. Ma è la narrazione anche del dopo/successo, quando le luci del trionfo si spostano altrove.

Un solo rimpianto per Alberto aver smesso troppo giovane. Un pensiero per le Olimpiadi di Torino nel 2006, aveva solo 39 anni. “Ero fermo da troppo tempo e non volevo deludere i miei fans”. Che bella lezione, smettere. “Lo sport é cambiato molto, dai materiali agli avversari. Non è più quello genuino di una volta.”. Porterà la fiaccola olimpica alla cerimonia d’apertura allo Stadio San Siro. Chi altro se non lui..