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Si poteva migliorare la giustizia senza toccare la Costituzione

La riforma costituzionale ci avvia verso la definitiva fine dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e dell’obbligatorietà dell’azione penale
Si poteva migliorare la giustizia senza toccare la Costituzione
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La riforma costituzionale sulla magistratura approvata dal governo e dalla maggioranza politica parlamentare non incide sul funzionamento della giustizia, non cura gli interessi del popolo, ma è punitiva nei confronti della magistratura libera e coraggiosa e tesa a garantire l’impunità del potere politico. Sgomberiamo subito il campo dall’idea che se dovesse vincere il Sì al referendum confermativo noi avremmo una giustizia più giusta, equa, efficiente, efficace e rapida. Questa è una balla. Assimilare casi come Garlasco, che purtroppo ad onor del vero non sono un’eccezione, alla separazione delle carriere e alla riforma del Csm è pura propaganda e demagogia politica. Quale sia l’effettivo obiettivo della riforma è stato affermato dal ministro Nordio qualche giorno fa: impedire che la politica possa essere “controllata” dalla magistratura, scongiurare il controllo di legalità, come dicono loro evitare “invasione di campo” delle toghe sulla politica.

Nel Paese che ha avuto il fascismo e il tribunale della razza, quando i togati erano in gran parte arruolati nei fasci, nel Paese in cui hanno dominato e ancora dominano corruzione dilagante, associazioni mafiose e poteri occulti, nell’Italia delle stragi senza colpevoli, degli assassini impuniti e dei colpi di stato permanenti senza carri armati ma con pervasivi apparati dello Stato deviati, si vuole pervicacemente mettere il pubblico ministero sotto “l’ombrello” del governo.

Come fece Mussolini, come voleva Gelli e la P2, come desiderano quasi tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione. Una follia eversiva dell’ordine costituzionale.

Il pubblico ministero è l’architetto ed anche ingegnere del procedimento penale, senza la sua autonomia ed indipendenza i giudici penali non potranno mai costruire la casa del processo. Perché per alcune case (rectius, alcuni processi), quelle dei poteri forti e dei colletti bianchi, mancherà proprio il cemento. Non partiranno proprio i lavori. E quando i politici politicanti e i loro megafoni mediatici vi dicono che la giustizia non funziona e che i magistrati spesso sbagliano, dobbiamo rispondere che in buona parte è vero. Ma quale medicina vogliamo usare per curare il paziente? La stricnina oppure cambiamo terapia e magari anche i dottori nel potere esecutivo e in quello legislativo.

Le riforme sinora approvate dalla maggioranza delle destre hanno danneggiato fortemente la sicurezza e la giustizia nel Paese. Hanno appesantito con ostacoli gravi e illogici il corso della giustizia, previsto misure che rendono sempre più difficile individuare i responsabili dei crimini ed anche impedire che possano reiterare le condotte criminose.

Basti pensare alle norme che modificano, in pejus, l’utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche ed ambientali così come il previo interrogatorio dell’indagato prima di essere arrestato. Succede così ai tempi di Meloni e Nordio: un criminale commette un delitto, anche efferato, ma il giudice giorni prima di arrestarlo lo deve convocare ed interrogare disvelando indizi e fonti di prova: non ci vuole un luminario del diritto o un investigatore alla Sherlock Holmes per capire come l’indagato possa nel frattempo inquinare le prove, reiterare il reato, minacciare testimoni o darsi alla fuga. Una genialata giuridica.

Per impedire il potere tossico delle correnti in magistratura e recidere anche i rapporti tra politica e toghe si poteva e si può ancora intervenire con leggi ordinarie. Senza toccare la Costituzione. Così come per garantire la doverosa parità tra accusa e difesa si deve migliorare il codice di procedura penale. È giusto anche ridurre la custodia cautelare in carcere prima della condanna ed utile irrobustire le misure alternative al regime inframurario. Doveroso e non più rinviabile incidere sulla fatiscente situazione delle carceri, dove spesso diritti e dignità sono cancellati. Necessario poi intervenire drasticamente su organici della magistratura e del personale amministrativo, innalzare anche il livello di professionalità e di abnegazione di una funzione, quella magistratuale, che non è impiegatizia ma una delle più delicate, complesse e nobili al servizio dello Stato e della Repubblica.

La riforma costituzionale ci avvia invero verso la definitiva fine dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e dell’obbligatorietà dell’azione penale. La Costituzione fu scritta da statisti con un livello di etica pubblica incommensurabile, le “schiforme” degli ultimi anni approvate da mediocri comparse di una democrazia sempre più malata.

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