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Israele non smette di colpire il Sud del Libano. Perché quest’ossessione per la terra?

I droni israeliani sorvolano costantemente i cieli e i raid non si sono mai fermati. In queste condizioni, la tregua è rimasta solo sulla carta
Israele non smette di colpire il Sud del Libano. Perché quest’ossessione per la terra?
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Da quasi un anno, da quando a fine novembre 2024 è stato firmato il cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah, Israele continua a colpire il Sud del Libano quasi quotidianamente. I droni israeliani sorvolano costantemente i cieli e i raid non si sono mai fermati. In queste condizioni, la tregua è rimasta solo sulla carta, violata da Israele giorno dopo giorno.
Il 1° ottobre, l’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani Volker Türk ha confermato che negli ultimi dieci mesi 103 civili libanesi sono stati uccisi, nonostante il cessate il fuoco. “Continuiamo a vedere gli effetti devastanti dei raid aerei e degli attacchi con droni nelle aree residenziali, così come vicino ai caschi blu delle Nazioni Unite nel sud”, ha dichiarato. E mentre tutto questo accade, gran parte dei media mainstream distolgono lo sguardo.

Tra le vittime, c’è anche l’ennesimo giornalista, fotogiornalista e direttore della piattaforma Hawana Lebanon, Mohammad Shehadeh, colpito nel distretto di Nabatieh l’8 agosto 2025. Un altro nome in una lunga lista di giornalisti uccisi da Israele, responsabile del maggior numero di giornalisti uccisi al mondo lo scorso anno, secondo il Committee to Protect Journalists (CPJ).

Queste vittime si aggiungono agli oltre 4.000 morti e circa 17.000 feriti causati da Israele dall’8 ottobre 2023 al novembre 2024. Da quel momento, il Libano non ha mai avuto il tempo di rialzarsi.

Ma la distruzione non si misura solo con le perdite umane: è nella terra che il popolo trova la propria vita e la propria storia. I campi del Sud, unica fonte di sostentamento per migliaia di famiglie, sono stati colpiti con il fosforo bianco, provocando uliveti secolari distrutti, raccolti persi e stagioni agricole cancellate. Anche dopo il cessate il fuoco, molti agricoltori non possono tornare sui propri terreni, resi pericolosi dai bombardamenti, dai droni e dalle restrizioni imposte dall’esercito israeliano, oltre ai danni ambientali che impediscono la coltivazione. Il Sud è ora spopolato, e il futuro delle comunità locali sembra sgretolarsi.

Secondo la ricercatrice Michelle Eid, pubblicata dal Tahrir Institute for Middle East Policy (TIMEP), Israele ha colpito numerosi villaggi, distruggendo abitazioni, infrastrutture, foreste e vaste aree agricole. Questa regione è cruciale per l’economia agricola libanese, producendo frutta, agrumi e olive. Gli attacchi hanno aggravato una situazione già critica a causa della crisi economica iniziata nel 2019.

L’uso del fosforo bianco ha inoltre contaminato suolo e acqua, con effetti duraturi sull’ambiente e sulla salute delle comunità. La devastazione non è quindi solo immediata: minaccia la sicurezza alimentare, il sostentamento e il futuro delle famiglie, lasciando il Paese profondamente segnato.

Perché puntare con questa ossessione alla terra? Come scrive la giornalista Sara Manisera nel suo articolo “Ecocidio in Palestina: perché custodire i semi è un atto politico”, “ogni forma di vita – umana o non umana – che appartiene all’indigeno diventa un potenziale nemico. Una risorsa da sottrarre, uno spazio da depredare, una memoria da cancellare”. Ed è proprio per questo che l’attaccamento dei libanesi alla terra è resistenza.

Mariam, una donna del Sud del Libano, racconta alla giornalista Dana Hourany per The Public Source:
“Abbiamo costanza e resistenza; è nella natura della nostra terra. Siamo attaccati a questa terra, anche se è difficile viverci. Ti rende forte, resiliente, disposto a sacrificare la vita pur di non lasciare che qualcuno la attacchi.”
E allora, aspettiamo che Hezbollah decida di rispondere – una risposta che sarebbe legittima secondo il diritto internazionale – per iniziare finalmente a parlarne, passando così il messaggio che si tratta di un “conflitto” e che Hezbollah è la causa dell’escalation. Perché quando a morire sono solo gli arabi, non è neppure una notizia.

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