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Roma, scavi sotto la Casa del Jazz: “Si cerca il corpo del giudice Adinolfi, scomparso nel ’94”. La pista della Banda della Magliana

Il luogo era la villa appartenuta a Enrico Nicoletti, cassiere dell'organizzazione malavitosa capitolina. Le operazioni sono state sospese ma riprenderanno domani
Roma, scavi sotto la Casa del Jazz: “Si cerca il corpo del giudice Adinolfi, scomparso nel ’94”. La pista della Banda della Magliana
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Gli scavi alla Casa del jazz di Roma sono state sospese intorno alle 11,30 del mattino, ma dovrebbero riprendere domani. Non è escluso il ritrovamento del corpo di Paolo Adinolfi, il giudice scomparso nel 1994. Le operazioni sono iniziate all’alba di questa mattina con unità cinofile e tecnici della polizia scientifica – come ha scritto il Corriere della Sera – nei terreni della villa un tempo appartenuta a Enrico Nicoletti, cassiere della Banda della Magliana. A quanto riferisce l’Adnkronos, le ricerche puntano a ispezionare gallerie mai esplorate prima, tunnel sotterranei che sarebbero stati murati: gli inquirenti sospettano possano nascondere i resti del magistrato oppure un “tesoro” della banda della Magliana. L’operazione è stata chiesta dalla prefettura dopo la decisione presa dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica in prefettura in seguito a una richiesta dell’ex giudice Guglielmo Muntoni. Sul posto anche la sovrintendenza capitolina ai beni culturali. La casa del Jazz è poco distante dai Fori imperiali e non potrebbe escludersi il ritrovamento di reperti archeologici. “Ora dobbiamo solo aspettare. Non si può dire altro”, ha dichiarato Lorenzo Adinolfi, figlio del magistrato scomparso. Gli eredi del giudice hanno dichiarato di aver “appreso solo oggi, dai quotidiani, degli scavi sotto la Casa del jazz. Non è mai stata né consultata né informata rispetto a questa iniziativa”.

Muntoni: “Gli scavi? Partiti per un progetto dedicato alla coltivazione dei funghi. Ma nei tunnel può esserci di tutto”

L’ex magistrato Guglielmo Muntoni ha raccontato a Repubblica la genesi degli scavi alla Casa del Jazz: non la ricerca dei resti del giudice Adinolfi, bensì un “progetto di una galleria per coltivare funghi“. Muntoni – presidente dell’osservatorio per il contrasto alla criminalità economica della Camera di Commercio – dice di aver indicato lex villa di Enrico Nicoletti perché “sapevo che li c’è una galleria tombata da trent’anni. E così ho proposto di vedere cosa c’è dentro”. Secondo l’ex magistrato, “in quel tunnel potrebbe esserci qualsiasi cosa: il corpo di Adinolfi ma anche di altri, visto il periodo in cui la Banda della Magliana potrebbe aver utilizzato quel tunnel per nascondere di tutto. Armi, documenti, cadaveri, soldi. Chi lo sa. Ma poi lì sotto potrebbero anche esserci reperti archeologici”. E le forze dell’ordine presenti durante gli scavi? “Per sicurezza, visto che quella casa era nella disponibilità del boss Nicoletti e non sappiamo che tipo di reazioni potrebbero esserci”.

La prima richiesta degli scavi, Muntoni dice di averla presentata 29 anni fa: “L’avevo già segnalata in passato alla procura di Perugia proprio con l’ipotesi del giudice scomparso. All’epoca trovammo la galleria interrata e il costo per gli scavi era notevole, ma ora abbiamo i fondi. Adesso si è offerta la Confcooperative con la Camera di Commercio in base ad una ipotesi del tutto diversa”, spiega il magistrato ora in pensione. O “Ventinove anni fa ci fu un primo accesso e ci si è accorti di questa galleria interrata ma non a causa di una frana ma del terreno portato lì per chiudere l’ingresso – prosegue Muntoni – La mia idea è che la botola di accesso servisse ai componenti della Banda della Magliana per tornarci passata la tempesta degli arresti e dei sequestri”. E l’ipotesi che nei tunnel si nasconando i resti di Adinolfi? “Una ipotesi astratta mentre più concreta quella di armi ed esplosivi e quindi la competenza è della Prefettura. Se poi dovessero emergere elementi di interesse investigativo scatterebbe la competenza di Perugia nel caso Adinolfi, di Roma negli altri casi”, conclude l’ex toga.

Il giudice Adinolfi e la Banda della Magliana

Adinolfi aveva 53 anni, era da poco diventato giudice della Corte d’appello, ma la sua carriera si era costruita in gran parte nella sezione Fallimentare del tribunale di Roma, dove aveva seguito fascicoli delicati, spesso al confine tra economia e criminalità. Il 2 luglio 1994 il magistrato lasciò la sua abitazione di via della Farnesina. Da quel momento, di lui non si è saputo più nulla. La sua automobile venne trovata poco dopo nel quartiere del Villaggio Olimpico. Col tempo si sono moltiplicate le ipotesi, dalle fughe volontarie a scenari più oscuri legati al suo lavoro. Tra le piste seguite, anche un possibile legame con i fallimenti Fiscom e Ambra Assicurazioni, due procedimenti complessi che Adinolfi aveva seguito da giudice fallimentare. Il primo portò alla condanna, in primo grado, di Nicoletti.

La Casa del Jazz è uno dei simboli della rinascita culturale di Roma avviata negli anni ’90. Situata all’inizio di via Cristoforo Colombo, la struttura fu confiscata a Nicoletti e per anni rimase abbandonata, segnata dal degrado e dal silenzio. Nel 2005, grazie a un progetto del Comune guidato da Walter Veltroni, è rinata come centro musicale pubblico e luogo di memoria civile. Inaugurata dal presidente Carlo Azeglio Ciampi, ospita concerti, rassegne e una biblioteca dedicata al jazz, diventando punto di riferimento per musicisti italiani e internazionali.

Le rivelazioni del 1996, il pm Nocerino nel 1996: “Da me non venne mai”

Sulla scomparsa del giudice aveva indagato la procura di Perugia, che nel 1996 aveva riaperto le indagini dopo le dichiarazioni del faccendiere siciliano Francesco Elmo, arrestato nell’ ambito dell’ operazione ”Cheque to cheque”. Elmo aveva riferito agli inquirenti che Adinolfi sarebbe stato ucciso, materialmente ”da uomini della banda della Magliana”, perché stava per rivelare al pm milanese Carlo Nocerino, che indagava sul fallimento della società Ambra assicurazioni, ‘‘cose importanti” sui legami tra settori “deviati del servizio civile” e società fantasma che operavano ”nella compravendita di immobili”. Il faccendiere avrebbe dichiarato di avere appreso queste cose dal colonnello del Sismi Mario Ferraro, trovato impiccato nel bagno della propria abitazione, e da un suo collaboratore.

”Mi aveva telefonato verso la fine del giugno 1994, mi disse che aveva cose molto importanti da dirmi. Ma qui non arrivo’ mai”. E’ quanto disse all’Ansa il 4 giugno 1996 il sostituto procuratore della Repubblica di Milano Carlo Nocerino, che in quegli anni aveva fatto arrestare diverse persone tra cui Enrico Nicoletti. ”Il collega Adinolfi che aveva fatto parte della sezione fallimentare del tribunale civile di Roma – dice Nocerino – sosteneva di avere informazioni molto utili da darmi. Io gli dissi di metterle per iscritto e di mandarmele, ma lui precisò che non voleva parlarmi come giudice, ma soltanto come semplice cittadino”. Alla domanda se fu concordata una data per l’ appuntamento, Nocerino rispose: ”Una data precisa no. Io gli dissi comunque che tutto quanto mi avrebbe detto sarebbe stato messo a verbale come una regolare testimonianza. Mi disse anche che sarebbe venuto qualche giorno dopo ma io non lo vidi mai. Il 2 luglio infatti sparì e di lui non si seppe più nulla”.

Otello Lupacchini, magistrato protagonista nella lotta alla Banda della Magliana, all’emittente radiofonica Rds ha concesso i suoi ricordi del tempo: “Adinolfi era stato un giudice delegato di un fallimento particolarmente importante, quello dell’Ambra Assicurazioni, società attorno alla quale si erano appuntati gli interessi anche di associazioni criminali di vario tipo. Da quell’asse fallimentare – spiega Lupacchini – sparirono 4 miliardi e si ritenne fossero stati sottratti dall’amministratore incaricato dal tribunale fallimentare; i soldi poi finirono nelle capienti tasche di Enrico Nicoletti, ritenuto il cassiere della Banda della Magliana, attraverso assegni circolari del Banco di Sicilia e furono riutilizzati, reinvestiti nella prima delle multiproprietà del Nord Est”. Lupacchini ricorda “la coincidenza temporale con la sparizione delle giudice Adinolfi, il giorno prima dche si recasse a Milano per rendere testimonianza su alcuni evenienze relative a quel fallimento”. Questo, sottolinea, fece ipotizzare “potesse esserci una qualche connessione tra la sparizione del magistrato e il riempimento della galleria”.

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