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Raid israeliani nel sud del Libano: “Hezbollah riattiva le sue basi”. Vaticano, Papa Leone XIV accoglie Abu Mazen: “Perseguire obiettivo dei Due Stati”

Lo Stato ebraico accusa la milizia sciita di non rispettare i termini della tregua: avrebbe dovuto lasciare la zona meridionale alle forze armate del Paese dei cedri. La fazione sostenuta dall'Iran "avvisa" con una lettera il presidente Aoun: "Basta negoziati con il nemico sionista". Gerusalemme, ancora tensioni sulla spianata delle Moschee: ultra-ortodossi celebrano riti talmudici
Raid israeliani nel sud del Libano: “Hezbollah riattiva le sue basi”. Vaticano, Papa Leone XIV accoglie Abu Mazen: “Perseguire obiettivo dei Due Stati”
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Raid aerei nel Libano meridionale, su tre città nel distretto di Tiro. A segnalarlo sono stati i media statali libanesi e le stesse Idf che confermano di aver preso di mira “infrastrutture” gestita dal gruppo sciita Hezbollah. Prima dei bombardamenti, i residenti di Tayba, Tayr Debba e Aita al-Jabal sono stati avvisati di allontanarsi di 500 metri dagli edifici residenziali. National News Agency riporta che il bilancio provvisorio è di un morto e nove feriti. In particolare, è stata colpita una unità che si occupava di produrre equipaggiamenti per “riattivare strutture terroristiche”. Per l’Idf, questa azione costituisce una violazione del cessate il fuoco. Con Gaza che attraversa una fase di incertezza, è il fronte con il Libano a preoccupare nuovamente. Ad un anno dalla tregua del novembre 2024, la situazione tra la milizia sciita sostenuta dall’Iran e lo Stato ebraico resta molto tesa. Secondo i termini del cessate il fuoco, Hezbollah avrebbe dovuto lasciare il Libano meridionale ed essere sostituito da forze armate libanesi.

Alma Research and Education Center, organizzazione non-profit che si occupa della crisi al confine nord di Israele con il Paese dei Cedri, segnala che alla data del 26 ottobre Israele ha condotto circa 600 attacchi su strutture di Hezbollah; in particolare, l’Idf si è concentrata su tre punti: a sud del fiume Litani, sulle basi dell’Unità Badr e sulla Valle della Bekaa. Si tratta di zone dove – secondo il comando israeliano – i miliziani sono molto attivi. A confermare che lo Stato ebraico sta prendendo in considerazione una ripresa delle ostilità con la milizia sciita, perchè ritiene che quest’ultima non stia mantenendo gli impegni presi. è il media israeliano Channel 12: questo pomeriggio si riunirà il Gabinetto di sicurezza per esaminare la questione, in coordinamento con gli Stati Uniti.

Dal canto suo Hezbollah respinge ipotesi di nuovi negoziati con Israele. In una lettera aperta indirizzata al presidente della Repubblica Joseph Aoun, al presidente del Parlamento Nabih Berri, al primo ministro Nawaf Salam e al popolo libanese, la fazione armata sciita ha denunciato “i tentativi di trascinare il Libano in nuovi cicli di negoziazioni che servono agli interessi del nemico sionista”. La lettera è stata resa nota sul sito dell’emittente al-Manar. Una critica esplicita da parte di Hezbollah nei confronti del presidente Aoun; quest’ultimo aveva dichiarato al contrario che un dialogo con il vicino israeliano è possibile.

Per quel che riguarda il futuro di Gaza, oggi in Vaticano il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen, ha incontrato Papa Leone XIV; il pontefice ha confermato che è necessario “prestare soccorso alla popolazione civile a Gaza e porre termine al conflitto perseguendo la prospettiva della soluzione a due Stati”. Gli equilibri sono precari: il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha fatto sapere che il confine tra Israele ed Egitto sarà considerata zona militare chiusa e questo modificherà le “regole di ingaggio” da parte dei soldati, vista la presenza di droni utilizzati per il contrabbando di armi e droga.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, partendo dal piano di pace del presidente Trump, ha avviato le negoziazioni per autorizzare un organismo che governi la Striscia in modo transitorio per due anni, chiamato Board of Peace, assieme a una forza internazionale di stabilizzazione di circa 20 mila soldati. Ieri gli Stati Uniti hanno distribuito il progetto di risoluzione ai 15 membri del Consiglio, sostenendo di avere l’appoggio di Egitto, Qatar, Arabia Saudita, Turchia e Emirati Arabi Uniti.

La restituzione dei corpi degli ostaggi uccisi e portati via da Hamas durante il massacro del 7 ottobre 2023: funzionari israeliani hanno confermato che le spoglie consegnate dai miliziani ieri appartenevano a Joshua Luito Mulal, originario della Tanzania. Nella Striscia, i civili che rientrano trovano nella maggior parte dei casi macerie o abitazioni danneggiate: Al Jazeera segnala un crollo nel quartiere di Daraj, a Gaza City, con persone rimaste sotto le macerie. A Gerusalemme, l’agenzia palestinese Wafa denuncia nuove provocazioni da parte degli ultra-ortodossi, che sono entrati nel complesso della Moschea di Al-Aqsa eseguendo rituali talmudici, come era accaduto due giorni fa.

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