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Fondazione Milano-Cortina, la giudice stronca il governo: “Creata una zona franca, gode di ‘immunità'”

La giudice Patrizia Nobile sul decreto che l'ha trasformata in ente di diritto privato: "Arbitrariamente sottratto alle norme. Le perdite saranno ripianate dal pubblico"
Fondazione Milano-Cortina, la giudice stronca il governo: “Creata una zona franca, gode di ‘immunità'”
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Trasformando la Fondazione Milano-Cortina in un ente di diritto privato, il governo Meloni l’ha “arbitrariamente sottratto all’applicazione di norme di diritto pubblico”, creando di fatto una “zona franca” nella quale i dipendenti “godono di una sostanziale ‘immunità'”. Per la giudice per le indagini preliminari di Milano Patrizia Nobile ci sono fondati dubbi sulla “legittimità costituzionale” del decreto del giugno 2024 che ha azzoppato le inchieste della procura sugli appalti dell’ente che organizza le Olimpiadi invernali del 2026 e per questo ha rimandato alla Consulta la decisione.

Nell’argomentare la scelta giuridica, la giudice parla di “irragionevolezza” dell’intervento normativo: “È tanto più palese se si considerano gli interessi giuridici protetti dalla normativa che si è resa inoperativa”, sottolinea ricordando che la procedura dell’evidenza pubblica “tutela la libera concorrenza” e “la pari opportunità” tra i concorrenti “prevenendo favoritismi”. Non solo: sul “piano interno” inquadrare la Fondazione come ente pubblico tutela inoltre “il rispetto del principio del buon andamento, attraverso la scelta del migliore contraente” secondo “i parametri dell’efficacia e dell’economicità”, poiché il “perseguimento della finalità pubblica” deve avvenire “in maniera efficiente e senza ‘sprechi’, attraverso l’adozione dei mezzi più adatti e meno costosi”.

Aver trasformato la Fondazione Milano-Cortina in un ente di diritto privato, invece, la lascia nel guado. Secondo la giudice, come gli altri organismi di diritto pubblico “non è esposta alle conseguenze delle scelte aziendali” perché “c’è un collegamento con la pubblica amministrazione centrale e territoriale, che ha immobilizzato componenti finanziarie pubbliche ad un determinato scopo, assicurando il ripianamento delle perdite”. Ma ha le mani libere nello scegliere i suoi fornitori. Mentre l’obbligo della gara – ricorda – “è funzionale” proprio “ad evitare che l’ente – se lasciato libero di scegliere – possa alterare il mercato, giacché sottratto al rischio di impresa e dunque posto nelle condizioni di seguire un intento diverso dalla logica di merito concorrenziale”.

Non è finita qui. Perché la norma del governo – scrive la giudice – ha “una portata ben più ampia, che va oltre il depotenziamento della tutela penale, creando il substrato per l’inoperatività di qualsiasi normativa che possa intervenire efficacemente a tutela di detti principi”. Crea, a suo avviso, “una irragionevole zona franca per i dipendenti di quell’ente i quali – a dispetto degli interessi pubblici che sono deputati a gestire e del paracadute economico creato dalle garanzie pubbliche di cui l’ente si avvale – godono di una sostanziale ‘immunità'”. Nasce così una “evidente disparità di trattamento rispetto ai dipendenti di una qualsiasi altra amministrazione pubblica centrale e sub-centrale”.

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