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Separazione carriere, La Russa: “Forse il gioco non vale la candela”. E l’ex ministro Castelli: “Un Csm dei pm? Infernale”

Le parole del presidente del Senato alla buvette provocano la reazione dell'opposizione: "Il governo si fermi"
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La separazione delle carriere? “Forse il gioco non valeva la candela”. Parola di Ignazio La Russa, il presidente del Senato che si è espresso in questo modo su una delle riforme simbolo del centrodestra. “Io personalmente sono stato tra gli artefici della separazione delle funzioni, che non separava le carriere ma rendeva, com’è tutt’ora, difficile il passaggio da una carriera all’altra. Per cui è giusta la separazione delle carriere ma forse il gioco non valeva la candela. Mentre invece l’aspetto dei due Csm è un tentativo, vediamo se riesce, di ridurre il peso delle correnti, non so se riesce…”, ha detto la seconda carica dello Stato, interpellato alla buvette di Palazzo Madama dai giornalisti (uscito dal Senato, come si vede nel video, ha ribadito il concetto ai cronisti).

Toni tutt’altro che entusiastici quelli di La Russa, alla vigilia dell’approvazione definitiva del disegno di legge e quindi dell’inizio della campagna elettorale in vista del referendum. Forse il presidente del Senato teme l’esisto della consultazione referendaria? Di sicuro c’è solo che la sua dichiarazione ha provocato la reazione dell’opposizione. “Dopo le parole del presidente La Russa, la maggioranza dovrebbe fermarsi e non procedere oltre, altrimenti siamo al solito gioco delle parti tutto interno ai partiti di governo”, dice Debora Serracchiani, responsabile Giustizia del Pd. “Questa riforma – prosegue la deputata dem – strappa la Costituzione, mina l’autonomia della magistratura e indebolisce le fondamenta stesse della nostra democrazia. Non fa nulla per gli interessi degli italiani, anzi ne riduce le garanzie, né fa nulla per il sistema della giustizia, come lo stesso ministro Nordio ha sottolineato in modo molto chiaro. Il governo si fermi subito prima di provocare danni irreversibili, e ridiscuta il testo, che è stato imposto senza alcun confronto parlamentare, anche in questo caso stravolgendo il dettato costituzionale”.

“Forse il presidente La Russa si è reso conto che il governo Meloni, approvando questa legge, si assume una responsabilità enorme, quella di far detonare le nostre istituzioni, squassare la giustizia, mettere a rischio le garanzie e i diritti dei cittadini comuni, creare i presupposti per portare i pm sotto il controllo e la direzione del governo”, dice la senatrice Alessandra Maiorino, vice presidente del gruppo M5s. “Questo è il desiderio del governo Meloni ubriaco di potere, è una legge che serve a consumare la vendetta del centrodestra contro la magistratura ma non può che fare paura ai cittadini e demolirebbe l’impianto della separazione dei poteri previsto dalla Costituzione”. Dal mondo delle toghe interviene Giovanni Zaccaro, segretario della corrente progressista di Area: “La giustizia annaspa fra tagli al bilancio e informatica che non funziona e Nordio pensa ad una riforma che non risolve nessun problema. Forse ha ragione chi pensa non valga la pena”, affonda.

Un commento non troppo entusiasta alla riforma arriva anche da Roberto Castelli, ex ministro leghista della Giustizia nei governi Berlusconi: “Un Csm separato per i pubblici ministeri e composto solo da pm come Gratteri o Borrelli (il procuratore capo di Milano ai tempi di Mani Pulite, ndr) è una macchina da guerra infernale. Quindi attenzione all’eterogenesi dei fini”, avverte il centrodestra. Lo stesso concetto, d’altra parte, era stato espresso dal sottosegretario di Fratelli d’Italia in via Arenula, Andrea Delmastro, in un colloquio off the records rivelato a marzo dal Foglio: “Dare ai pubblici ministeri un proprio Csm è un errore strategico che, per eterogenesi dei fini, si rivolterà contro. I pm, prima di divorare i politici, andranno a divorare i giudici“. La soluzione? “O si va fino in fondo e si porta il pm sotto l’esecutivo, come avviene in tanti Paesi, oppure gli si toglie il potere di impulso sulle indagini”, ammetteva. Chissà in quanti sono nella maggioranza a pensarla così.

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