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Ultimo aggiornamento: 9:28 del 27 Ottobre

“Basta soldi per armi e stop ai condoni, qui per salari e diritti”: le voci dalla piazza Cgil contro la manovra

Le rivendicazioni di chi ha scelto di scendere in piazza per manifestare al corteo della Cgil contro la manovra del governo Meloni
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C’è chi si scaglia contro la logica del riarmo: “Basta investimenti sulle armi, non possono essere la soluzione per risolvere i problemi dell’Europa, mentre siamo nella piena crisi industriale”. Chi rivendica una “svolta sui salari, al palo mentre cresce il costo della vita”. E ancora: “Basta con la logica dei condoni e delle rottamazioni: sono uno schiaffo a chi le tasse, ovvero i soliti – dipendenti e pensionati – le paga in questo Paese”. Queste le voci e le rivendicazioni di chi ha scelto di scendere in piazza per manifestare al corteo della Cgil contro la manovra del governo Meloni. Un’iniziativa terminata a piazza San Giovanni a Roma, con l’intervento del segretario generale Maurizio Landini, che non ha escluso lo sciopero nel caso l’esecutivo non ascolti e non cambi la manovra.
“Non escludiamo nulla. Oggi vogliamo dimostrare che c’è una parte molto importante di questo Paese, così come nelle settimane scorse, che scende in piazza e che chiede dei cambiamenti”, ha sottolineato durante la manifestazione ‘Democrazia al lavoro’. In piazza, secondo gli organizzatori, sono scese 200mila persone.

La Cgil ha rivendicato nella sua piattaforma l’aumento di salari e pensioni, maggiori investimenti nella sanità e nella scuola, una vera riforma fiscale, per dire no alla precarietà e al riarmo. Alla manifestazione hanno partecipato anche diversi esponenti di partito, con rappresentanze di Pd e Alleanza Verdi Sinistra. Ai protagonisti del campo largo progressista che c’è chi si rivolge, tra i manifestanti: “Speriamo siano in grado di raccogliere le nostre istanze”. Contro la manovra, ha così rivendicato Nicola Fratoianni, che ha guidato la delegazione Avs, “non basta la battaglia in Parlamento, bisogna che ci si sieda intorno a un tavolo e si cominci a discutere il modo in cui si costruisce l’agenda dell’alternativa. Serve una stabilità nel profilo della coalizione, serve una proposta condivisa e poi serve un’alleanza dentro al Paese, con le persone. È questo che poi determina il cambio della credibilità”.

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