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Omicidio di Piersanti Mattarella, ex prefetto arrestato per depistaggio. I pm: “Indagini inquinate da pezzi di istituzioni”

Agli arresti domiciliari a Filippo Piritore, ex funzionario della Squadra Mobile di Palermo ed ex prefetto. La procura del capoluogo siciliano: "Mentì sul guanto trovato a bordo dell'auto dei killer e mai più ritrovato"
Omicidio di Piersanti Mattarella, ex prefetto arrestato per depistaggio. I pm: “Indagini inquinate da pezzi di istituzioni”
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La Dia ha notificato la misura degli arresti domiciliari a Filippo Piritore, ex funzionario della Squadra Mobile di Palermo ed ex prefetto. Lo rende noto la Procura di Palermo. Piritore è indagato per il depistaggio delle indagini sull’omicidio dell’ex presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella. Sentito dai pm sul guanto trovato il giorno del delitto a bordo della Fiat 127 utilizzata dai killer, mai repertato né sequestrato, secondo i magistrati “ha reso dichiarazioni rivelatesi del tutto prive di riscontro, con cui ha contribuito a sviare le indagini funzionali (anche) al rinvenimento del guanto (mai ritrovato)”. “Il fatto – si legge nella nota della Procura guidata da Maurizio de Lucia – si colloca nell’ambito delle indagini che l’ufficio conduce con riferimento all’omicidio del presidente della Regione Piersanti Mattarella”.

Il guanto era praticamente l’unico elemento utilizzabile, almeno in teoria, per risalire agli autori dell’omicidio, è sparito nel nulla. Ai pm, che l’hanno sentito come testimone a settembre del 2024, Piritore ha raccontato – mentendo, secondo la Procura di Palermo – di aver inizialmente affidato il guanto all’agente della polizia Scientifica Di Natale che avrebbe dovuto darlo a Pietro Grasso, allora sostituto procuratore titolare delle indagini sul delitto. Il magistrato, sempre secondo il racconto di Piritore, avrebbe poi disposto di fare riavere il reperto al Gabinetto regionale di Polizia scientifica e Piritore, a quel punto, lo avrebbe consegnato, con relativa attestazione, a un altro componente della Polizia scientifica di Palermo, Lauricella, per lo svolgimento degli accertamenti tecnici.

L’indagato ha anche sostenuto che la Squadra mobile era in possesso di una annotazione da cui risultava la consegna. Secondo l’accusa, però, quella raccontata dall’ex funzionario sarebbe una storia inverosimile e illogica da cui verrebbe fuori che una prova decisiva, tanto che della sua esistenza fu informato anche l’allora ministro dell’Interno Rognoni, sarebbe stata sballottata per giorni senza motivo da un ufficio a un altro. Le parole dell’ex funzionario, inoltre, cozzano con le testimonianze dei protagonisti della vicenda come Piero Grasso e l’agente Di Natale; con la prassi di repertare e sequestrare quanto ritenuto utile alle indagini seguita all’epoca in casi analoghi e col fatto che al tempo, alla Scientifica, non c’era nessun Lauricella.

“Filippo Piritore, consegnatario del guanto sin dal momento del suo ritrovamento, pose in essere un’attività che ne fece disperdere ogni traccia – gli contestano invece i pm -. Essa iniziò probabilmente a partire dall’intervento sul luogo di ritrovamento della Fiat 127, ove indusse la Polizia scientifica a consegnargli il guanto, sottraendolo al regolare repertamento e contrariamente a ciò che di norma avveniva in tali circostanze”. I pm ipotizzano il dolo per una serie di ragionamenti. Piritore si era occupato del reperto fondamentale e i pm pensano che avrebbe mentito perché il guanto era considerato una prova importante anche allora, tanto che venne citato dal ministro Virginio Rognoni nel suo primo resoconto al Parlamento.

Il guanto poteva condurre all’assassino già allora e non solo oggi con le tecniche di analisi del DNA che hanno fatto passi da gigante. L’allora agente di Polizia Piritore, secondo i pm palermitani guidati da Maurizio De Lucia, aveva rapporti molto stretti con Bruno Contrada, già capo della squadra mobile poi dirigente del servizio segreto civile, con rapporti (sui quali si dilunga una sentenza poi annullata per ragioni giuridiche dalla CEDU) con boss mafiosi. Piritore sostiene di non ricordare a distanza di 45 anni i fatti. E la presunzione di non colpevolezza va sempre ricordata. Filippo Piritore, quando è stato sentito il 17 settembre del 2024 nelle nuove indagini sull’omicidio di Piersanti Mattarella da parte della Procura di Palermo – secondo i pm – avrebbe detto il falso su più circostanze. Nella sua deposizione a sommarie informazioni Piritore ha cercato di scaricare sulla Polizia Scientifica e l’allora pm Piero Grasso, poi divenuto Procuratore e Presidente del Senato ma il suo racconto non è stato creduto né riscontrato.

In particolare Piritore avrebbe detto: che il guanto era stato affidato alla guardia di Polizia Giuseppe Di Natale (un tecnico dattiloscopista appartenente alla Polizia Scientifica) per consegnarlo al pm titolare dell’inchiesta, Pietro Grasso; che era poi pervenuto, su disposizione di Grasso, al Gabinetto regionale di Polizia scientifica di Palermo; che Piritore lo aveva personalmente consegnato, con relativa attestazione a un altro componente della Polizia scientifica di Palermo, tale Lauricella, per lo svolgimento di accertamenti tecnici che il magistrato avrebbe poi dovuto disporre; Piritore ha sostenuto nelle sue sommarie informazioni che la Squadra mobile di Palermo gli aveva esibito il 15 gennaio 2020 un’annotazione da cui risultava la circostanza della suddetta consegna al non meglio identificato Lauricella. In pratica per i pm Piritore avrebbe mentito su quanto accaduto il 15 gennaio di 5 anni fa in occasione del primo esame a sommarie informazioni nel quale gli era stato chiesto delle firme apposte in calce alla relazione di servizio del 6 gennaio 1980 a firma di Armando De Chiara e a un appunto per la DIGOS, non datato.

Il 17 settembre 2024 Filippo Piritore è stato sentito a sommarie informazioni e dopo aver detto “fra i documenti che mi mostrate, ribadisco che l’appunto per la DIGOS è stato da me redatto ma non ricordo quando” e che “l’appunto di consegna al Di Natale fu da me redatto”. Confermava altresì di avere consegnato il guanto al Di Natale “sono certo di avere dato il guanto al Di Natale, che evidentemente io conoscevo e sapevo chi fosse”. Non solo, Piritore ha messo a verbale: “Posso dire con certezza che la direttiva di consegna del guanto al dott. Grasso proveniva da lui, non ricordo se mi venne impartita direttamente da lui o mi fu riferita; ero certamente in contatto telefonico con lui perché avevamo un buon rapporto date le nostre comuni origini della provincia agrigentina ed era per questo che ci parlavo io”.

Peccato che Grasso lo abbia smentito così il 25 giugno 2024: “Mai ricevuto né il guanto rinvenuto all’interno della Fiat 127 né alcuna notizia in proposito da parte della polizia giudiziaria”. E gli atti da cui risultava la destinazione a lui del guanto? Mai visti e mai impartita alcuna disposizione perché quel guanto venisse a lui consegnato. Per Grasso non c’era nessuna ragione investigativa perché ciò accadesse. Alla fine la Procura ha ricostruito così il comportamento di Piritore: “Appare evidente che l’appartenente alla Squadra mobile di Palermo, Filippo Piritore, consegnatario del guanto sin dal momento del suo ritrovamento, pose in essere un’attività che ne fece disperdere ogni traccia. Essa iniziò probabilmente a partire dall’intervento sul luogo di ritrovamento della Fiat 127, ove indusse la Polizia scientifica a consegnargli il guanto, sottraendolo al regolare repertamento e contrariamente a ciò che di norma avveniva in tali circostanze”.

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