Se trattassimo gli evasori fiscali come i no vax durante il Covid
Immaginate solo un attimo se un giornale intitolasse “qui si muore per colpa degli evasori” o “escludiamo chi non paga le tasse dalla vita civile” e ciò ogni giorno a reti unificate per giorni, settimane, mesi.
Durante la pandemia da Covid-19 abbiamo assistito a una fortissima stigmatizzazione dei cosiddetti “No Vax”, ossia di chi sceglieva di non vaccinarsi. Alcuni titoli di giornale sono diventati emblematici (solo per citarne tre tra centinaia):
«Qui si muore per colpa dei No Vax» (la Repubblica)
«Escludiamo chi non si vaccina dalla vita civile» (Stefano Feltri, Domani)
E la dichiarazione dell’assessore valdostano Guichardaz: “meriterebbero davvero un trattamento speciale”.
Ricordo che vaccinarsi non era obbligatorio (mentre pagare le tasse lo è) e che chi non era vaccinato era tanto capace di trasmettere il virus quanto chi non lo fosse (il Regno Unito isolava allo stesso modo, all’arrivo dall’estero, vaccinati e non vaccinati proprio per questo motivo). Tuttavia, la comunicazione mediatica e politica ha spesso trasformato questa realtà sanitaria in un giudizio morale: il non vaccinato (e non chi era responsabile del taglio del numero di posti in terapia intensiva negli ultimi venti anni) non era più soltanto una persona a rischio, ma diventava “colpevole” delle sofferenze collettive.
Nei momenti di crisi, la società cerca quasi sempre un capro espiatorio. Durante il Covid, questa funzione è stata assegnata ai non vaccinati: una minoranza facilmente identificabile, contro cui indirizzare rabbia, paura e frustrazione. Il linguaggio usato – “colpa”, “esclusione”, “punizione” – ha avuto l’effetto di polarizzare ancora di più il dibattito, dividendo i cittadini in “buoni” e “cattivi”.
E gli evasori fiscali?
Se allarghiamo lo sguardo, emerge un paradosso. In Italia l’evasione fiscale sottrae ogni anno decine di miliardi di euro alla collettività. Questo significa meno soldi per ospedali, scuole, trasporti, infrastrutture: un danno enorme, costante e strutturale. Eppure, l’evasore non ha subito né subisce lo stesso stigma sociale del non vaccinato. Non ci sono titoli che gridano «Si muore per colpa degli evasori» o che propongono di «escluderli dalla vita civile».
Perché? L’evasione è percepita come “sistemica” e culturalmente diffusa, on genera un effetto immediato e visibile come un ospedale al collasso e on produce paura diretta: nessuno teme “di ammalarsi domani” a causa dell’evasione. Politicamente e mediaticamente è meno conveniente colpire un fenomeno trasversale che tocca categorie ampie e potenti.
La pandemia ha reso evidente quanto sia facile puntare il dito contro una minoranza visibile, piuttosto che affrontare problemi strutturali e radicati. I non vaccinati sono stati messi al centro di una narrazione che li trasformava in “nemici pubblici”. Ad un certo punto gli era persino vietato entrare in ufficio postale per ritirare una raccomandata o viaggiare in treno, solo per citare due esempi di limitazioni importanti alle libertà fondamentali.
Al contrario, chi evade le tasse – pur arrecando un danno sociale ben maggiore e duraturo – non viene additato con la stessa durezza, anzi spesso viene premiato e lodato con pubblici onori o funerali di stato.
In definitiva, resta una domanda: chi danneggia di più la società? Chi sceglie (liberamente) di non vaccinarsi in una pandemia, oppure chi ogni anno sottrae miliardi al bene comune, indebolendo la sanità e i servizi di cui tutti abbiamo bisogno?
