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Separazione carriere, c’è il terzo via libera: ok della Camera con 243 sì. I ministri esultano in Aula, bagarre dopo il voto

Per l'approvazione definitiva ora manca solo la seconda deliberazione del Senato. Non raggiunta, come previsto, la maggioranza dei due terzi che avrebbe evitato il referendum
Separazione carriere, c’è il terzo via libera: ok della Camera con 243 sì. I ministri esultano in Aula, bagarre dopo il voto
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Arriva anche il terzo via libera in Parlamento per la riforma costituzionale che introduce la separazione delle carriere in magistratura. L’Aula della Camera ha approvato il testo in seconda lettura a maggioranza assoluta dei componenti, come imposto dal procedimento di revisione della Carta, con 243 sì e 109 no: per l’approvazione definitiva in Parlamento ora manca solo il quarto passaggio, cioè la seconda deliberazione del Senato. Non è stata raggiunta, come previsto, la maggioranza dei due terzi dei componenti che – se centrata anche a palazzo Madama – avrebbe consentito di far entrare in vigore il testo senza passare per il referendum confermativo. A favore, oltre alla maggioranza, hanno votato anche i deputati di Azione e +Europa, mentre si sono astenuti gli eletti di Italia viva. Contrario il resto delle opposizioni.

Momenti di tensione in Aula nei momenti successivi al voto, quando la capogruppo Pd Chiara Braga, intervenendo per chiedere un’informativa al governo su Gaza, ha criticato i ministri presenti che stavano applaudendo ed esultando per l’approvazione: “Una scena patetica”, l’ha definita. Diversi esponenti dem si sono avvicinati ai banchi dell’esecutivo per protestare, arrivando alle mani con i deputati di maggioranza (video): dopo diversi richiami inascoltati, il vicepresidente di turno Sergio Costa (M5s) è stato costretto a sospendere la seduta, ripresa dopo qualche minuto. “Siamo di fronte a una vittoria che non deve essere vissuta, lo ripeto per l’ennesima volta, come una sconfitta della magistratura e tantomeno come una forma di tentata umiliazione della magistratura, alla quale mi sento ancora di appartenere”, commenta il ministro della Giustizia Carlo Nordio in Transatlantico dopo il via libera. Il Guardasigilli respinge le accuse sull’atteggiamento del governo in Aula: “Noi non abbiamo affatto applaudito, ma credo che un certo entusiasmo sia più che normale, anche per la maggioranza schiacciante che già si era vista nella prima tornata delle votazioni, e che oggi si è ripetuta con un’evidenza che sarà confermata ovviamente al Senato e che penso sarà confermata anche durante il referendum. In politica bisogna sempre aspettarsi che chi è sconfitto cerchi di annacquare l’amarezza della sconfitta con una sorta di diversione: in questo caso la bagarre è stata evidentemente provocata per sminuire l’importanza della vittoria della maggioranza su un argomento essenziale”.

Il voto finale era fissato alle 12: per non rischiare di mancare il quorum, ai deputati di maggioranza è arrivato il tassativo ordine di presenza, come dimostrano i 243 voti ottenuti (quasi tutti quelli su cui più contare il centrodestra). Anche i ministri eletti alla Camera sono stati precettati: oltre a Nordio e al suo vice alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, c’erano Giancarlo Giorgetti (Economia), Tommaso Foti (Affari europei), Eugenia Roccella (Famiglia) e il leader di Forza Italia Antonio Tajani (Esteri). Anche Tajani afferma di non aver applaudito all’approvazione, ma in ogni caso definisce “pretestuose” le polemiche: “Non mi faccio intimidire da 20 deputati di Pd e 5 stelle che vengono a minacciare sotto ai banchi del governo. Questa per noi è una vittoria storica, è una battaglia che Forza Italia conduce dal 1994. La riforma della giustizia per noi è la quintessenza delle riforme. C’è stata una maggioranza schiacciante, vedremo come giudicheranno gli italiani”. Per l’occasione alla Camera c’era anche la deputata di Forza Italia Marta Fascina, ultima compagna di Silvio Berlusconi: “Oggi questa giornata, oggi questo traguardo sono tutti per te che dal Paradiso continui a fare la storia, continui a prenderti soddisfazioni, continui a vincere”, ha dichiarato, dedicando il voto al defunto ex premier.

Il ddl, varato dal governo a maggio 2024, introduce nella Carta il principio delle “distinte carriere” di giudici e pubblici ministeri – che dovrà essere poi attuato dalle leggi ordinarie – sdoppia il Consiglio superiore della magistratura e dispone la selezione dei suoi membri togati tramite sorteggio. Al Csm viene inoltre sottratta la funzione disciplinare nei confronti dei magistrati (cioè la possibilità di sanzionarli per le loro violazioni deontologiche) affidata un nuovo organismo apposito, l’”Alta corte disciplinare“, anch’essa scelta in gran parte tramite sorteggio. Tra chi esulta c’è anche il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, che pure, in un colloquio informale riportato alcuni mesi fa dal Foglio, aveva espresso tutte le sue perplessità sul provvedimento e in particolare sul doppio Csm: “Con l’approvazione in seconda lettura alla Camera la riforma della giustizia compie un altro passo storico. Ora la parola passa al Senato per completare l’iter parlamentare e consegnare finalmente alla nazione una giustizia più giusta, moderna e libera dalle correnti”, dice.

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