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Conte alla festa del Fatto: “Col Pd c’è un progetto, ma non siamo i loro cespugli. Renzi? Fondamentale l’affidabilità, eviteremo accozzaglie”

Il leader M5s rivendica l'autonomia strategica nel "campo largo" di centrosinistra. E nega che il suo obiettivo privato sia di tornare a palazzo Chigi: "Per me non sarà mai una questione personale"
Conte alla festa del Fatto: “Col Pd c’è un progetto, ma non siamo i loro cespugli. Renzi? Fondamentale l’affidabilità, eviteremo accozzaglie”
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Con il Pd “non siamo alleati“, ma “stiamo costruendo un progetto politico per mandare a casa Meloni. Dichiararsi pregiudizialmente alleati rischia di indebolire”. Ospite della festa del Fatto a Roma, intervistato da Luca De Carolis e Peter Gomez, Giuseppe Conte rivendica l’autonomia strategica del Movimento 5 stelle nel “campo largo” di centrosinistra. “Non ci possiamo dichiarare alleati, siamo una forza diversa, abbiamo una storia diversa dalla Quercia coi cespugli intorno“, dice, riferendosi alle maxi-coalizioni guidate dai Ds in un’altra epoca politica. “Attenzione, ogni giorno lavoriamo per costruire un progetto per contrastare questa destra estremista. Ma alleati saremo quando convergeremo sul progetto progressista, nero su bianco”, precisa l’ex premier. E nega che il suo obiettivo privato sia quello di tornare a palazzo Chigi: “Per me non sarà mai una questione personale. Vogliamo lavorare per un progetto progressista serio che possa migliorare il Paese”.

Il leader pentastellato sceglie di non mettere un veto esplicito sulla presenza in coalizione di Matteo Renzi, ipotesi fischiatissima dal pubblico (video): “Non rimaniamo appesi ai personalismi, ci siamo già passati. Faremo di tutto per evitare accozzaglie o armate Brancaleone. Ma un percorso si può fare, adesso non ha senso dire “tizio sì” o “tizio no”. La platea si è espressa perché è avveduta, ma fateci lavorare e costruire questo percorso, e dopo chissà che non ci siano belle sorprese”, afferma. Ma chiarisce: “Non è sufficiente solo vincere e costruire un accordo finto per poi andare a Chigi, altrimenti facciamo la fine dell’Unione di Prodi. Il programma deve essere realmente condiviso, con obiettivi strategici chiari e preannunciati. L’affidabilità dei compagni di viaggio è fondamentale”.

“Al centro del nostro programma”, dice Conte, “metteremo la tutela delle piccole e medie imprese artigiane, e la lotta ai poteri forti, alla speculazione finanziaria, quella parassitaria. Sono favorevole a tassare i grandissimi patrimoni, come a prendere risorse dalle banche, perchè è indecente che le banche abbiano accumulato un record storico di profitti che non viene messo a disposizione di famiglie e imprese, dato che il credito diminuisce. Non permetteremo che si arricchiscano i signori della guerra, e anche sulla sicurezza, sulla sanità, abbiamo tante cose da dire”.

Nel frattempo però la maggioranza di governo è ancora in ottima salute. “Hanno ancora un consenso, è vero, ma il malcontento cresce e non so se durerà”, dice l’avvocato. “Ma mi piacerebbe verificare il consenso se non avessero occupato i canali televisivi Mediaset e Rai, con tutte le testate affidate a editori di questa maggioranza”. Secondo Conte, sotto questo aspetto “la situazione è peggiorata rispetto a Berlusconi“: lui “era proprietario di testate e si sapeva ma era portatore di un così plateale conflitto quando ha tentato di prendere Rai che c’è stato un muro dal Paese. Oggi nessuno direbbe che Meloni è proprietaria, quindi lo si prende sotto gamba”.

Conte accusa la premier di aver tenuto un atteggiamento passivo nei confronti della guerra commerciale di Donald Trump: “Sarei folle a dire che con me i dazi non sarebbero arrivati, ma vi assicuro che avrei fatto il matto per coalizzare l’Europa affinché rispondesse a tono minacciando contro-dazi. Avrei fatto il matto per creare una convergenza e per dire: “Col cavolo che ti firmo il 5% di Pil sulle spese militari e poi mi metti i dazi””. Sulla guerra in Ucraina, dice il leader M5s, “Putin ha un vantaggio diplomatico: oggi convincerlo a questa pace giusta e duratura che tutti invocano sarà difficile. Se non ci fossimo alzati a quel tavolo negoziale nell’immediato avremmo potuto avere condizioni migliori di negoziazione per l’Ucraina”.

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