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Video choc da Tripoli: “Almasri picchia un uomo”. Opposizioni all’attacco, ma i servizi: “Immagini datate”

Rimbalza sui media arabi il filmato del generale ricercato dalla Corte dell'Aja per crimini contro l'umanità mentre si accanisce su un uomo disarmato.
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Un uomo si accanisce su una persona apparentemente disarmata, la trascina a terra e infierisce a mani nude. Intorno a loro il traffico scorre. Negli ultimi secondi, le tracce di sangue lasciate sull’asfalto. E’ il video rilanciato da molti media arabi e dalla ong Refugees in Libya perché l’aggressore, sostengono, è Osama Njeem Almasri, il capo della polizia giudiziaria libica ricercato dalla Corte penale internazionale dell’Aja per crimini di guerra e contro l’umanità, arrestato a Torino a gennaio ma subito rimpatriato dal governo italiano su un volo di Stato. Le immagini sono autentiche, hanno confermato gli apparati di sicurezza italiani: si tratta di Almasri. Ma il video risale “al 2021 o al 2022″, hanno spiegato ai nostri 007 fonti della Rada, la milizia tripolina cui appartiene lo stesso Almasri, che avrebbero chiesto direttamente a lui.

Secondo la ricostruzione fornita dalla Rada, Almasri si trovava nelle vicinanze della sua abitazione e aveva chiesto al conducente di una autovettura di spostare il mezzo mal parcheggiato. In risposta, l’uomo aveva tirato fuori una pistola e Njeem aveva reagito. Dopo i fatti, sempre secondo la Rada, l’uomo – che non avrebbe riportato lesioni di rilievo – era stato anche denunciato alla Procura. Parole che solo in parte ridimensionano la violenza di immagini “terrificanti”, come le hanno definite le opposizioni in Italia, che hanno subito accusato il governo di aver liberato un uomo che, rientrato in patria, è tornato alla violenza di sempre.

Datato o no, il video è stato subito commentato anche da Ahmed Hamza, responsabile per i diritti umani in Libia: “L’impunità per questi crimini deve finire. I responsabili devono essere chiamati a rispondere delle proprie azioni”. Come chiedeva la Corte penale internazionale nel mandato che il governo Meloni ha invece deciso di disattendere, scatenando un caso politico e giudiziario, coi ministri della Giustizia Carlo Nordio, dell’Interno Matteo Piantedosi e col sottosegretario Alfredo Mantovano che rischiano il processo per aver favorito la fuga di un uomo accusato di torture, omicidi, crimini di guerra e contro l’umanità nel carcere di Mitiga, a Tripoli.

Invece di consegnarlo alla Cpi, l’esecutivo decise di espellerlo per “ragioni di sicurezza”. Scelta paradossale, secondo gli atti dell’inchiesta con cui il Tribunale dei ministri chiede ora al Parlamento l’autorizzazione a processare Guardasigilli, sottosegretario e ministro dell’Interno. “Il decreto di espulsione”, hanno scritto i giudici, è “motivato in relazione alle esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica”, ma ha portato “ad un risultato paradossale – vale a dire ricondurre il ricercato Almasri, libero, lì dove avrebbe potuto continuare a perpetrare condotte criminose analoghe a quelle di cui era già accusato. Ne consegue che l’atto amministrativo, per come motivato, risulta viziato da palese irrazionalità e, come tale, illegittimo”. Parole che ora sembrano trovare conferma anche nelle riprese del video in circolazione. “Il governo italiano deve rispondere a una semplice domanda: perché lo ha liberato?”, ha rilanciato la segretaria del Pd Elly Schlein.

Perché a otto mesi di distanza dai fatti di gennaio, delle tante versioni fornite dal governo non ce n’è una che regga. Prima lo scaricabarile sulla Corte d’appello di Roma, che avrebbe deciso di liberare Almasri per un errore formale nell’arresto. Poi le accuse alla Corte penale, che avrebbe scritto un “atto radicalmente nullo”, ha sostenuto Nordio in Parlamento. Mesi dopo salta fuori anche una richiesta di estradizione della Libia, che il governo avrebbe deciso di soddisfare nonostante la preminenza dei mandati della Cpi ai quali è vincolato per legge. Infine, con l’inchiesta del Tribunale dei ministri, si scopre che era tutto chiaro fin dall’inizio. E che dal ministero di Nordio venivano indicazioni di non muoversi. Che i vertici dei servizi dell’Aise, subito dopo l’arresto di Almasri, si riunivano col governo per avvisarlo della “proficua collaborazione” con la milizia Rada e delle possibili ripercussioni sui nostri connazionali in Libia e sugli interessi dell’Italia, dall’Eni al contrasto alle partenze dei migranti.

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