Per cibo e bevande aumenti del 27% in quattro anni. Perché al supermercato (e non solo) ci sentiamo tutti più poveri
Entri al supermercato, fai un giro per le corsie e i cartellini dei prezzi sono uno schiaffo. Più di 5 euro al kg per un frutto di stagione come la pesca, fino a 60 euro per il prosciutto crudo, 30 per del tonno all’olio. A luglio l’inflazione è rimasta stabile, ha fatto sapere l’Istat giovedì scorso pubblicando le stime preliminari. Ma se a livello generale l’estate non ha ulteriormente surriscaldato i prezzi, la temperatura del cosiddetto “carrello della spesa” è bollente. È lì che bisogna guardare per capire come mai, arrivati alla cassa, è ormai inevitabile sentirsi molto più “poveri” di qualche anno fa.
Le serie storiche dell’indice nazionale dei prezzi al consumo, aggiornate ogni mese dall’istituto di statistica, sono impietose. Un dato su tutti dà la misura di quanto il potere di acquisto percepito nella vita di tutti i giorni si sia ridimensionato: dal 2021, quando è iniziata la fiammata inflazionistica post pandemica che sarebbe poi stata alimentata dall’invasione russa dell’Ucraina, il costo di alimentari e bevande analcoliche è lievitato di oltre il 27%. Come dire che con 30 euro di spesa oggi ci portiamo a casa una quantità di cibo e bibite che quattro anni fa avremmo potuto comprare spendendo poco più di 23 euro.
Rincari record per burro, olio, riso e cacao
Prendendo il livello dei prezzi del 2015 come base 100, l‘indice relativo ad alimenti e bibite analcoliche (vedi grafico sopra) è passato da 105,5 nel luglio 2021 a 134,7 nel giugno 2025. Si tratta di un +27,7% cumulato: una mazzata sui beni che pesano di più sul budget quotidiano delle famiglie. Soprattutto quelle meno abbienti, che giocoforza devono destinare una quota maggiore del proprio reddito a beni di prima necessità come quelli destinati a finire sulla tavola. Le impennate più significative, legate a cambiamenti climatici che riducono la produzione o alla crescente incidenza dei costi energetici? Spiccano il burro, con l’indice che a giugno ha toccato quota 183, le patate (166), i molluschi freschi (161), l’olio di oliva (162, ma un anno prima era addirittura sopra quota 190), il riso (155), il cacao e cioccolato in polvere (sopra quota 152). L’indice della frutta ha superato quota 150, con le pesche a 192, quello della verdura è a 139 (149 per l’insalata), per il pollame siamo a 137.
Volano le spese per casa e vacanze
Alle stelle anche le spese per l’abitazione, l’elettricità e il gas, cresciute negli ultimi quattro anni del 32,3%. Al terzo posto per rincari cumulati si piazzano ristoranti, alberghi e altre strutture ricettive. In questo caso l’indice fluttua sulla base della stagionalità e tende a salire, ovviamente, soprattutto nei mesi delle ferie estive. A giugno 2025 ha toccato quota 133,7, da 107,2 del 2021: un +24,7% cumulato in quattro anni. “Colpa” soprattutto di alberghi e motel, il cui indice è arrivato a 162,3. Per villaggi vacanze e campeggi a giugno l’indice si fermava a 126,5, ma la stima per luglio è di un balzo a 146,3. Mentre i pacchetti vacanza nazionali, che fanno capo a un’altra categoria, volano a 174,1 da 149,9 di giugno. Risultato: il mese scorso i balneari della Riviera romagnola hanno segnalato che nei giorni feriali i turisti scarseggiavano, accontentandosi di una toccata e fuga al mare nei weekend.
L’impennata dei biglietti aerei
Più moderato l’aumento per i trasporti (+13,9%), ma la media – che include anche acquisto e manutenzione dei mezzi – maschera l’esplosione dei costi dei voli: l’indice del Trasporto aereo passeggeri è a 247,9, trainato dai voli nazionali che guidano la classifica assoluta dei rincari (è a 308,3). Più contenuti i rincari per voci come abbigliamento (+7,3%), ricreazione, spettacoli e cultura (+7,4%), istruzione (+5,6%) e servizi sanitari (+5,5%). In controtendenza il comparto delle comunicazioni, che segna una riduzione del 12,6% trainata dal calo dei costi di apparecchi e attrezzature telefoniche.
E il carrello è sempre più vuoto
Tornando alla “sindrome del carrello”, il risultato dei rincari è che di mese in mese si spende di più per riempire di meno le borse della spesa. L’andamento delle vendite al dettaglio è indicativo: a giugno quelle di beni alimentari sono cresciute del 2,8% in valore rispetto all’anno precedente, ma in volume sono calate dello 0,3%. I dati destagionalizzati mostrano, per gli alimenti, un indice in progressivo declino: da 100 dell’anno di riferimento, che in questo caso è proprio il 2021, a un 93,2 stimato per il giugno 2025. Per ridurre il danno i consumatori hanno spesso detto addio ai negozi sotto casa in favore del supermercato, cercando le alternative più economiche: cresce quindi la quota di acquisti nei discount, che segnano un +4,7% in valore su base annua a fronte di un arretramento delle vendite nelle piccole superfici. Ma a festeggiare davvero sono i gruppi dell’e-commerce: il valore degli acquisti attraverso quel canale, fatto 100 quello del 2021, ora è oltre quota 132. In termini di fatturato, all’interno del campione Istat il peso del commercio elettronico ha raggiunto il 5% contro l’1,9% del 2015.