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“Costretti a inginocchiarci per mangiare come i cani”: le storie dai centri migranti negli Usa di Trump

The Guardian riferisce le testimonianze che arrivano da tre strutture della Florida. Stipati nelle celle, al freddo, in attesa per ore su un bus perché le strutture erano sovraffollate. Le denunce di chi si occupa di diritti umani
“Costretti a inginocchiarci per mangiare come i cani”: le storie dai centri migranti negli Usa di Trump
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Anche in questo caso, le storie arrivano dalla Florida. Al centro ci sono i centri migranti dell’Ice (United States Immigration and Customs Enforcement) nei quali viene detenuto in attesa di espulsione chi si trova sul suolo americano in violazione della legge. Nei giorni scorsi il Tampa Bay Times aveva pubblicato le testimonianze di due italiani dall’interno del famigerato Alcatraz Alligator, il nuovo controverso centro voluto dall’amministrazione Trump per rispondere al sovraffollamento delle altre carceri. Ma la vita da prigioniero risulta insostenibile ben oltre la struttura delle Everglades. The Guardian, in un approfondimento sulle condizioni di tre strutture analoghe sovraffollate, nel sud del Sunshine State, raccoglie le voci di altri detenuti: dicono di essere stati ammanettati, con mani legate dietro la schiena, e costretti a inginocchiarsi per mangiare da piatti di polistirolo “come cani”. Decine di uomini, spiegano, sono stati stipati in una cella per ore, secondo il rapporto pubblicato, e gli sarebbe stato negato il pranzo fino alle 19 circa, rimanendo incatenati a guardare del cibo riposto su alcune sedie davanti ai loro occhi. “Dovevamo mangiare come animali”, racconta un detenuto di nome Pedro al The Guardian. Denunce che sono state fatte anche da associazioni come Human rights watch, che ha reso pubbliche alcune interviste esclusive ai detenuti.

Quando il gruppo di detenuti è stato finalmente ammesso nella struttura, molti avrebbero trascorso oltre 12 giorni stipati in una gelida stanza di accoglienza soprannominata la hierela (la ghiacciaia), senza biancheria da letto e vestiti di ricambio, dormendo sul pavimento di cemento. Poi c’è il caso del centro di detenzione di Krome North, nella zona ovest di Miami, rivela sempre il giornale britannico, dove le detenute venivano costrette a usare i bagni sotto gli occhi di guardie e detenuti uomini, senza alcuna privacy. Inoltre, veniva loro negato l’accesso a cure, docce e cibo. Secondo quanto riferito da alcuni ex detenuti, il carcere era talmente sovraffollato che alcuni sono stati trattenuti per più di 24 ore in un autobus fermo in un parcheggio della struttura. “Venivamo liberati solo quando qualcuno doveva usare l’unico bagno a disposizione, che si intasava rapidamente”, ha rivelato l’ex detenuto che ha aggiunto: ”Qualcuno ha defecato sull’autobus che emanava un forte odore di feci”. Viene citata anche la prigione di Broward a Pompano Beach, dove ad aprile è morta Marie Ange Blaise, una donna haitiana di 44 anni: chi è stato detenuto lì ha raccontato della negazione sistematica di cure fisiche e psicologiche.

Secondo il rapporto, a metà giugno, oltre 56.400 persone al giorno sarebbero state trattenute nei centri Ice, di cui circa il 72% senza precedenti penali. I migranti affermano che gli abusi documentati riflettono le condizioni disumane all’interno delle strutture federali per l’immigrazione, peggiorate significativamente dall’insediamento alla Casa Bianca del presidente americano, Donald Trump, il 20 gennaio scorso e dopo la nuova stretta sulle deportazioni. Tutti gli edifici erano gravemente sovraffollati, hanno affermato gli ex detenuti, un fattore che ha accelerato la costruzione della controversa prigione di “Alligator Alcatraz”, destinata a ospitare oltre 5mila migranti senza documenti in attesa di deportazione. È stata costruita in solo otto giorni: inaugurata lo scorso 3 luglio, è finita al centro delle polemiche per i presunti abusi e le violenze perpetrate nei confronti dei migranti.

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