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La vita di Maometto in un romanzo inusuale: il Profeta ‘umanizzato’ per un pubblico occidentale

Con una prosa poetica e spesso parabolica, Il messaggero (Iperborea) non si limita a un resoconto storico, ma riflette sulla fede, sul potere, sulla giustizia e sulla natura umana
La vita di Maometto in un romanzo inusuale: il Profeta ‘umanizzato’ per un pubblico occidentale
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Muhammad non sopportava i sacerdoti che si facevano il segno della croce. Allah ha fatto subito piazza pulita della trinità di cui si parla nella Bibbia. E nel Corano si dirà almeno mille volte: «Allah è uno. Egli non è stato generato. Ed Egli non genera». Quindi Allah non può avere un Figlio. E a chi sostiene il contrario verrà versato in bocca ferro fuso. Muhammad è un profeta terreno. Una bella persona, messaggero di un Allah che si è inventato lui. Muhammad è un duro, temprato dal sole cocente. Ha detto: «Se qualcuno ti dà uno schiaffo, restituisciglielo con tutte le tue forze!» A lui piacciono le donne, soprattutto quelle giovani, mentre raramente Gesù mostra di desiderarle. È molto improbabile che ne abbia mai baciata una, mentre lui le divorava. Muhammad è un buongustaio, un gaudente, mentre Gesù soffre. Allah si vergogna di Maria. Come ha fatto a diventare improvvisamente incinta dal nulla? Ho riso così tanto leggendo la sura di Maria! Allah che manda Gabriele sulla terra nei panni di un bell’uomo per rimediare a un errore di Dio! Gabriele che seduce Maria dietro la palma da dattero e la mette incinta! Il Dio di Gesù non ha niente a che vedere con Allah”.

Il messaggero. Vita di Muhammad il Profeta, di Kader Abdolah (traduzione di Elisabetta Svaluto Moreolo; Iperborea), è un testo inusuale, a metà tra la biografia storica e il romanzo poetico, che riflette l’ambizione dell’autore di rendere Maometto (Muhammad) accessibile a un pubblico occidentale, senza però tradire la complessità della sua figura. Ciò che colpisce maggiormente è la prosa evocativa e quasi fiabesca di Abdolah, scrittore iraniano naturalizzato olandese, la cui opera si distingue per la capacità di tessere narrazioni profonde e complesse, spesso radicate nella sua duplice identità culturale.

Scritto con uno stile raffinato e sensibile, il testo non si limita a presentare una cronaca degli eventi, ma infonde nella narrazione una dimensione quasi mitica, e riesce a dipingere un Muhammad non solo come leader religioso e politico, ma anche come figura umana, con le sue incertezze, le sue passioni e la sua ricerca interiore. Questo “umanizzazione” del Profeta, pur mantenendo un profondo rispetto per il suo ruolo divino, è il punto di forza del libro, capace di superare le barriere culturali e religiose. Una scelta coraggiosa, data la sensibilità legata alla figura di Muhammad in un contesto globale, e in particolare in Europa. La narrazione, seppur rispettosa, non evita di esplorare anche gli aspetti meno conosciuti o più discussi della vita del Profeta.

Partendo dalla giovinezza di Muhammad alla Mecca, una città dominata dall’adorazione di idoli e da profonde disuguaglianze sociali, Abdolah dipinge un quadro vivido del contesto pre-islamico, introducendo il lettore alla cultura beduina, alle tensioni tribali e alle pratiche commerciali che animavano la penisola arabica. Viene esplorata la sua infanzia orfana, il ruolo dello zio Abu Talib e della moglie Khadija, figure centrali che lo sosterranno nei primi anni della sua missione. Il cuore della narrazione pulsa attorno agli anni delle prime rivelazioni nella grotta di Hira, quando Muhammad riceve i messaggi di Allah tramite l’arcangelo Gabriele. Abdolah descrive con delicatezza e introspezione la lotta interiore del Profeta, il suo smarrimento iniziale e la progressiva accettazione del suo ruolo di messaggero divino. Questa fase è caratterizzata dalla predicazione dei principi fondamentali dell’Islam: l’unicità di Dio (Allah), la giustizia sociale, l’uguaglianza e la compassione.

La trama segue poi l’espansione della comunità dei primi musulmani e le crescenti persecuzioni da parte dell’élite meccana, che vede nella nuova fede una minaccia ai propri interessi e al proprio potere. Abdolah narra l’ostilità e le violenze subite dai seguaci di Muhammad, culminando nell’evento cruciale dell’Hijra, la migrazione dalla Mecca a Yathrib (che diventerà Medina) nel 622 d.C. Questo spostamento segna un punto di svolta, non solo per Muhammad e i suoi seguaci, ma per l’intera storia dell’Islam, che da quel momento inizia a strutturarsi come comunità politica e religiosa.

Attraverso una prosa poetica e spesso parabolica, Abdolah non si limita a un resoconto storico, ma infonde nella trama riflessioni sulla fede, sul potere, sulla giustizia e sulla natura umana. La sua prospettiva unica, tra Oriente e Occidente, offre un Muhammad meno distante e più accessibile, un uomo che ha trasformato il mondo con un messaggio di pace e sottomissione a Dio, ma che ha dovuto anche affrontare immense sfide personali e collettive.

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