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Roberto Juarroz, la grande verità del mondo (Traduzione di Marco Masciovecchio)

I versi di Roberto Juarroz, poeta, critico e intellettuale argentino. Le sue liriche hanno il dono dell’essenzialità dell’immediatezza
Roberto Juarroz, la grande verità del mondo (Traduzione di Marco Masciovecchio)
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Nella poetica di Juarroz ricorre l’immagine del volo e della caduta: il poeta intraprende un viaggio alla ricerca dell’uomo e della sua più autentica esistenza, una presa di coscienza del tempo e dello spazio nonché del vuoto (del nulla) come l’opposto di tutto quel che esiste. Le sue liriche hanno il dono dell’essenzialità dell’immediatezza e al contempo hanno la capacità di permearci e immergerci nel suo itinerario filosofico-poetico.

Mi piace riportare uno stralcio della lettera che il grande Julio Cortazar scrisse a Juarroz dopo la lettura di Poesia Verticale: «… ho appena finito di leggere Segunda poesía vertical, e ne sono rimasto meravigliato, incapace di fare quel passo indietro che inevitabilmente si compie dopo che un poeta ci ha permesso di addentrarci nella grande verità del suo mondo, del mondo. Le sue poesie mi sembrano tra i componimenti più alti e profondi (che poi è la stessa cosa, in realtà) che siano stati scritti in spagnolo in questi anni. Per tutto il tempo ho avuto la sensazione che lei riesca ad affacciarsi a ciò che indaga con una visione totalmente libera dalle impurità (verbali, dialettiche, storiche) che all’alba del nostro mondo patirono i poeti presocratici, quelli che i professori definiscono filosofi: Parmenide, Talete, Anassagora, Eraclito. A lei (e a loro) basta guardarsi intorno perché qualsiasi visione prosaica cada a pezzi di fronte alla poesia, che si impossessa totalmente dell’essere. […] Era molto tempo che non leggevo poesie che mi estenuassero e mi esaltassero quanto le sue, e glielo dico così, di getto e senza rileggere, per non rischiare di farmi prendere dalla confusione e dalla paura davanti a tante parole sonore».

M. M.

Pienso que en este momento
tal vez nadie en el universo piensa en mí,
que sólo yo me pienso,
y si ahora muriese,
nadie, ni yo, me pensaría.

Y aquí empieza el abismo,
como cuando me duermo.
Soy mi propio sostén y me lo quito.

Tal vez sea por esto
que pensar en un hombre
se parece a salvarlo.

*

In questo momento penso
forse nell’universo nessuno mi sta pensando,
sono l’unico a farlo,
se dovessi morire adesso
nessuno, neppure io, mi penserebbe.

È qui che inizia l’abisso,
come quando mi addormento.
Sono il mio sostegno e lo tolgo.

Forse per questo
pensare a un uomo
è come salvarlo.
***
He encontrado el lugar justo donde se ponen las manos,
a la vez mayor y menor que ellas mismas.

He encontrado el lugar
donde las manos son todo lo que son
y también algo más.

Pero allí no he encontrado
algo que estaba seguro de encontrar:
otras manos esperando las mías.

*

Ho trovato il luogo dove porre esattamente le mani,
sia le più grandi che le più piccole.

Ho trovato il luogo
dove le mani sono tutto ciò che sono
e anche qualcos’altro.

Ma non ho trovato
qualcosa che ero sicuro di trovare:
altre mani che aspettavano le mie.

***
Me falla la memoria: recuerdo demasiado.
Recuerdo, por ejemplo, que no era.

*

La memoria mi tradisce: ricordo troppo.
Ricordo, per esempio, chi non ero.

***

Agapar la luz me deslumbra más que encenderla.

*

Spegnere la luce mi acceca più che accenderla.

***

La noche se vuelve a veces de piedra y se cierra sobre el hombre.
Se convierte así en la tumba más perfecta.

*

A volte la notte diventa di pietra, si richiude sull’uomo.
Diviene così la tomba perfetta.

***

No se trata de hablar,
ni tampoco de callar:
se trata de abrir algo
entre la palabra y el silencio.
Quizá cuando transcurra todo,
también la palabra y el silencio,
quede esa zona abierta
como una esperanza hacia atrás.
Y tal vez ese signo invertido
constituya un toque de atención
para este mutismo ilimitado
donde palpablemente nos hundimos.

*

Non si tratta di parlare,
né di tacere:
si tratta di aprire qualcosa
tra parola e silenzio.
Forse quando tutto sarà passato,
anche la parola e il silenzio,
resterà in quella zona aperta
come una speranza verso il passato.
E forse quel segno
costituirà un richiamo all’attenzione
per questo mutismo illimitato
in cui chiaramente stiamo affondando.

***

Una lámpada encendida
en medio del dia,
una luz perdida en la luz.

Y la teoria de la luz se rompe:
la mayor retrocede
come un árbol que cayera del frutto.

*

Una lampada accesa
nel bel mezzo del giorno,
una luce persa nella luce.

La teoria della luce s’infrange:
la maggiore indietreggia
come un albero che cade dal frutto.

***

Alguna vez juego a ancanzarme.
Corro con el que fui
y con el que será
la carrera del que soy.

Corro entonces quizá
la carrera del qua no soy.
Pero hay todavía otra carrera
en la que jugaré a hacerme pasar.
Y ésa será la carrera verdadera.

*

A volte gioco a raggiungermi.
Corro con quello che ero
e con quello che sarà
la corsa di quello che sono.

Ogni tanto gioco a fingere di essere diverso.
Allora forse corro
la corsa di chi non sono.
Ma c’è ancora un’altra corsa
in cui giocherò a fingere di essere diverso.
Quella sarà la vera corsa.

Roberto Juarroz nasce a Coronel Dorrego, nella provincia di Buenos Aires (Argentina), il 5 ottobre del 1925 e muore il 31 di marzo del 1995 a Temperley (situata nella parte sud-orientale del dipartimento di Lomas de Zamora). Laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Buenos Aires, ricevette una borsa di studio che gli permise di perfezionare i suoi studi alla Sorbona. Dal 1958 al 1965 fu direttore della rivista «Poesía». Fu critico del giornale «La Gaceta» (Tucumán, 1958-63), critico cinematografico della rivista «Esto» e traduttore di vari libri. Ricevette, tra tante distinzioni, il Gran Premio d’Onore della Fondazione Argentina per la Poesia (1984) e il Premio Esteban Echeverría. Ha pubblicato in tutto 14 volumi di poesia, numerati successivamente da 1 a 14, sotto il titolo generale Poesía vertical, il primo apparso nel 1958 e l’ultimo postumo nel 1997.

Un quindicesimo volume è stato curato dalla moglie, la poetessa e critica Laura Cerrato, e pubblicato dopo la sua morte.

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