Gaza, “i negoziati per la tregua vicini al collasso”. Fonti israeliane: “Hamas ha rifiutato la proposta del Qatar”
I colloqui indiretti tra Israele e Hamas in corso a Doha, in Qatar, per tentare di raggiungere una tregua nella Striscia di Gaza sono sempre più vicini al collasso. Secondo quanto riferisce una fonte politica israeliana al giornale online Ynet, il movimento islamista ha rifiutato la proposta del Qatar – accettata invece da Tel Aviv – per un cessate il fuoco di sessanta giorni in cui negoziare la fine della guerra: Hamas “mantiene posizioni rigide” e “accompagna i negoziati con una guerra psicologica volta a sabotare il processo”, è la versione fornita. Secondo i palestinesi, invece, la delegazione israeliana è stata inviata senza un mandato pieno, con il solo obiettivo di prendere tempo dopo la missione del premier Benjamin Netanyahu a Washington. In questo senso, funzionari di Hamas denunciano alla Bbc che al tavolo non partecipano più i personaggi di alto livello presenti in precedenza, tra cui i capi del Mossad e dello Shin Bet (i servizi segreti israeliani per l’estero e per l’interno) e il ministro per gli Affari strategici Ron Dermer.
Le questioni sul tavolo – Il punto di frizione principale resta la richiesta di Hamas di un ritiro completo delle forze israeliane dall’enclave palestinese, mentre Israele propone un piano di riposizionamento militare. Secondo i palestinesi, le mappe di ritiro proposte da Israele lascerebbero circa circa il 40% di Gaza sotto il controllo israeliano, compresa tutta l’area meridionale di Rafah. Le trattative proseguiranno comunque per tutto il fine settimana, con il team negoziale israeliano in contatto costante con Netanyahu. “I colloqui indiretti sono bloccati dalla volontà di Israele di mantenere le truppe nel territorio”, hanno riferito all’agenzia internazionale Afp due fonti palestinesi. “I negoziati a Doha stanno incontrando una battuta d’arresto e complesse difficoltà a causa dell’insistenza di Israele nel presentare una mappa del ritiro che in realtà è una mappa di redistribuzione e riposizionamento dell’esercito israeliano piuttosto che un vero e proprio ritiro”. Sabato Israele presenterà una nuova proposta per il rispiegamento dei suoi militari. Tra i punti discussi anche la distribuzione di aiuti umanitari, che Hamas chiede vengano affidati alle organizzazioni internazionali e non più alla fondazione statunitense Gaza Humanitarian Foundation, sostenuta da Israele.
Altri sessanta morti nella Striscia – Nel frattempo almeno 87 palestinesi sono stati uccisi nella Striscia dall’alba di sabato. Trentaquattro di loro, riferisce la tv al Jazeera citando fonti mediche, erano in attesa di aiuti umanitari vicino al punto di distribuzione di Al-Shakoush, a nord di Rafah, quando le forze israeliane hanno aperto il fuoco sulla folla. Sedici, tra cui donne e bambini, sono invece morti a Gaza city, colpita in diverse zone residenziali, tra cui Tuffah, Sheikh Radwan e l’area dell’Università Islamica. Una bambina è stata uccisa e altre persone sono rimaste ferite nel bombardamento di un’abitazione vicino alla scuola di Al-Hassayna, nel campo profughi di Nuseirat. A Deir al-Balah un attacco con drone su un campo profughi ad Al-Manasra ha sterminato una intera famiglia, un uomo, sua moglie e i loro figli, secondo fonti locali.
Gli attacchi a Gaza city – Venerdì, secondo la Difesa civile palestinese, altre trenta persone avevano perso la vita nella Striscia, in gran parte nel tentativo di procacciarsi aiuti alimentari. Sono ottocento, stando a un rapporto Onu, i civili uccisi negli ultimi quaranta giorni mentre erano in coda per cibo e generi di prima necessità presso i punti di distribuzione della Gaza Humanitarian foundation. Sabato si contano altri 27 morti e 180 feriti: una madre e i suoi tre figli sono rimasti uccisi in un raid su una zona residenziale vicino all’Università Islamica nella parte occidentale di Gaza city. Altre quattro donne sono state uccise e altre dieci sono rimaste ferite in un attacco separato su un’abitazione vicino alla scuola di Yaffa, sempre nel capoluogo della Striscia. Due persone sono state uccise in un attacco aereo che ha colpito un appartamento nel quartiere di Sheikh Radwan, nella parte orientale della città.
“Ucciso un leader della Jihad islamica” – L’esercito israeliano ha dichiarato in un comunicato di aver smantellato “una cellula terroristica” a Khan Younis nei giorni scorsi, sequestrando armi ed equipaggiamento militare e distruggendo un tunnel lungo circa un chilometro. Ha inoltre annunciato l’uccisione di un leader della Jihad islamica, Fadl Abu al-Ata, a Shujaiya, a est di Gaza city, nonché di un altro combattente del gruppo armato palestinese. Secondo l’esercito, Fadl Abu al-Ata ha coordinato “numerosi attacchi” contro le truppe israeliane e partecipato all’attacco del 7 ottobre 2023 contro Israele che ha scatenato la guerra. Date le restrizioni ai media nella Striscia di Gaza e le difficoltà di accesso al territorio, non è stato possibile verificare in modo indipendente i resoconti e le affermazioni delle varie parti.
Agenzie Onu: “Senza carburante rischio collasso umanitario” – Intanto varie agenzie delle Nazioni unite – tra cui l’Unicef e l’Oms, organizzazione mondiale della sanità – denunciano ancora una volta la mancanza di carburante a Gaza: “Il carburante è la spina dorsale della sopravvivenza a Gaza. Alimenta gli ospedali, i sistemi idrici, le reti fognarie, le ambulanze e ogni aspetto delle operazioni umanitarie. Le forniture di carburante sono necessarie per muovere la flotta utilizzata per il trasporto di beni essenziali attraverso la Striscia e per far funzionare la rete delle panetterie che producono pane fresco per la popolazione colpita”, scrivono in una nota congiunta. Senza nuove forniture, le agenzie “saranno probabilmente costrette a interrompere completamente le loro operazioni, con un impatto diretto su tutti i servizi essenziali a Gaza. Ciò significa niente servizi sanitari, niente acqua potabile e nessuna capacità di fornire aiuti. Senza carburante adeguato, Gaza rischia il collasso degli sforzi umanitari“, è l’allarme.