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Delitto di Garlasco – “Dna di un ignoto sul tampone orale di Chiara Poggi”. Il legale della famiglia: “Non è vero”

A individuare il materiale genetico sono stati i periti del tribunale di Pavia. Secondo i primi esami non appartiene né a Stasi né a Sempio. Per l'avvocato della parte civile è un dato "totalmente destituito di qualsiasi fondamento"
Delitto di Garlasco – “Dna di un ignoto sul tampone orale di Chiara Poggi”. Il legale della famiglia: “Non è vero”
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Materiale genetico “Y” appartenente a un uomo non identificato è stato trovato sul tampone orale di Chiara Poggi. Emerge dalla nuova inchiesta della Procura di Pavia sul delitto di Garlasco. A individuare il dna sono stati i periti incaricati dal tribunale. La notizia è anticipata dai siti di Repubblica e Corriere. Il profilo genetico verrà ora “amplificato” dalla stessa genetista Denise Albani, ma secondo i primi test preliminari non appartiene né ad Alberto Stasi – l’allora fidanzato della vittima, condannato a 16 anni in via definitiva per quell’omicidio – né ad Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, che al momento è l’unico indagato di cui si abbia notizia. Il tampone orale non era mai stato analizzato dal 13 agosto 2007 – giorno del delitto – a oggi. La traccia è emersa durante l’incidente probatorio disposto dalla giudice per le indagini preliminari Daniela Garlaschelli, i cui risultati sono stati consegnati alle parti, con dati ancora “grezzi”. Il dna sarebbe diverso non solo da quelli di Stasi e di Sempio, ma anche da “Ignoto 2”, come viene chiamato, – il cui materiale genetico è stato trovato sulle unghie della ragazza uccisa – e anche da quello isolato dopo l’analisi di una cosiddetta “paradesiva” dell’impronta 13 (quattro dita sulla superficie interna di un’anta della porta della cucina della villetta dei Poggi). Questi elementi, che devono essere tutti verificati e confermati, rafforzerebbero la ricostruzione di un delitto commesso da più persone, ipotesi su cui stanno lavorando i carabinieri del nucleo investigativo di Milano coordinati da quattro pm di Pavia.

La cautela è obbligatoria. Secondo i consulenti delle parti, l’esame verrà ripetuto, proprio perché la quantità di profilo genetico sarebbe “minima” e non è escluso che si possa trattare di una contaminazione. Anzi, secondo l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, che rappresenta la famiglia Poggi “non ci sono dna di soggetti sconosciuti sulla scena del crimine e ovviamente tanto meno sul corpo di Chiara”. Per il legale è “un dato che per quanto possiamo sapere è totalmente destituito da qualsiasi fondamento e che ancora una volta denota come, in assenza di riscontri oggettivi alternativi alla verità processuale accertata e che ha individuato Stasi quale responsabile, prospetta ipotesi infondate“.

La genetista Denise Albani, incaricata dalla gip, ha trasmesso i dati di una prima estrazione che parlano di un profilo genetico Y ma in una ridottissima quantità, il che potrebbe anche essere dovuto a una “contaminazione”, si spiega, di chi ha maneggiato per esempio la garza con cui all’epoca venne prelevato il materiale. C’è infatti chi pensa che tale Dna possa appartenere a un “inquinamento” dell’assistente di Marco Ballardini, il medico legale che allora fece l’esame autoptico e i tamponi. Pertanto va approfondito con ulteriori analisi per verificare se ci siano esiti tali da poter avere davvero un profilo utile e confrontabile. “E’ troppo presto per tirare delle conclusioni – si limita a dire Dario Readaelli, uno degli esperti nominati dai Poggi -. E’ come se dalla prima stringa di una equazione complessa si ritenesse già di conoscere il risultato finale”.

Oltre a questo, tra quelle residue e che sono state campionate per ultime dalla professoressa Albani, incaricata dalla giudice assieme al collega dattiloscopista Domenico Marchigian, ci sono altre tracce su cui andranno effettuati altri approfondimenti. Finora sul frammento del tappetino e sui tamponi a lei prelevati è stati isolato solo il Dna di Chiara Poggi, mentre dal segmento pilifero trovato nei rifiuti non è stato possibile ricavare alcunché.

Sempre riguardo all’incidente probatorio, la macchia, cosiddetta “ipotenare” (cioè di una parte del palmo della mano), presente sull’impronta 33, quella ormai nota repertata sul muro delle scale verso la cantina dove fu trovato il corpo giovane, sostengono Luciano Garofano e Luigi Bisogno, consulenti di Sempio, è una manifestazione fisiologica di contatto per accumulo di sudore, non una traccia di sangue. E’ di Stasi invece, il profilo isolato sulla cannuccia dell’Estathè, uno dei reperti della spazzatura mai analizzati finora.

Invece, non c’è ancora un programma, con tempi e modalità, per quello che sarà il cuore del maxi accertamento, su cui puntano tutto i pm, ovvero l’analisi dei due profili genetici sui “margini ungueali” della vittima, di cui uno attribuito a Sempio da una consulenza della Procura, seguita a quella della difesa Stasi. Si sa che i due periti della gip hanno chiesto il materiale, come i dati grezzi e le schede di lavoro, al professor Francesco De Stefano, che ai tempi del processo d’appello bis a Stasi aveva ritenuto non fosse sufficiente.

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