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“I produttori di vestiti paghino lo smaltimento dei rifiuti”: la proposta del governo spagnolo contro il fast fashion

Il progetto di legge vuole obbligare i giganti del tessile a finanziare e organizzare la raccolta e il trattamento degli abiti dismessi: lo scopo è arginare l'impatto ambientale nel Paese
“I produttori di vestiti paghino lo smaltimento dei rifiuti”: la proposta del governo spagnolo contro il fast fashion
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Il governo spagnolo, che sta attraversando un momento di debolezza dovuto allo scandalo di corruzione nel Partito socialista del premier Pedro Sánchez, vuole imporre ai produttori di abbigliamento e calzature l’onere finanziario e organizzativo della gestione dei milioni di tonnellate di rifiuti tessili che generano ogni anno. Si tratta di un passo avanti nel contrasto alla crisi dei rifiuti generati dal “fast fashion“. L’obbligo per le aziende della moda di finanziare e organizzare la raccolta e il trattamento dei prodotti dismessi è previsto da un progetto di decreto legge del ministero della Transizione ecologica, pubblicato dal dicastero e ora in fase di consultazione pubblica. Il decreto pubblicato prevede l’istituzione di punti di raccolta gestiti dai produttori, dalle amministrazioni locali e da enti dell’economia sociale, e vieta l’abbandono dei capi di abbigliamento dismessi. Un’iniziativa che rappresenta un primo argine del pesante impatto ambientale dell’industria della moda ultra-veloce, prodotta in Spagna da giganti del tessile a livello globale.

Ogni anno, nel Paese iberico, circa l’80% dei milioni di tonnellate di scarti tessili finisce nelle discariche o incenerito. L’obiettivo della normativa è ridurre del 5% il peso sul totale di questi rifiuti entro il 2030 e del 10% entro il 2035. Allo stesso tempo, si punta a recuperare selettivamente il 50% dei rifiuti tessili entro quest’anno, per salire al 70% entro il 2030, con l’obiettivo di riutilizzare il 20% nel prossimo quinquennio e il 35% entro dieci anni. Questi target sono però ritenuti poco ambiziosi da parte delle organizzazioni ambientaliste come Greenpeace che sottolineano la necessità di promuovere il riciclaggio e la riparazione, invece di concentrarsi solo sulla gestione dei rifiuti tessili. Il mercato dell’usato, infatti, è ancora marginale nella penisola iberica rispetto ad altri Paesi europei e gli ecologisti evidenziano l’ampio margine di miglioramento.

Il consumo di massa di moda a basso costo ha rivoluzionato l’industria tessile: ha offerto capi di abbigliamento accessibili e in linea con le ultime tendenze per tutti. Tuttavia, dietro questi prezzi bassi si nasconde un costo ambientale e sociale devastante: il prezzo ridotto di questi abiti infatti è il frutto dello sfruttamento della manodopera e ogni anno milioni di tonnellate di vestiti scartati finiscono nelle discariche dei paesi del Sud globale. La Commissione europea riporta che ogni anno nell’Ue vengono scartati oltre 5,8 milioni di tonnellate di indumenti, circa 11,3 kg a persona. Solo l’1% di questo materiale dismesso viene riciclato in nuovi indumenti.

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