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Intorno all’Africa si muovono i desideri del mondo: l’Europa paga, ma arranca

L’Africa non chiede nuove conferenze, ma qualcosa di concreto
Intorno all’Africa si muovono i desideri del mondo: l’Europa paga, ma arranca
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In questi giorni il continente africano torna a essere la stella esotica attorno a cui ruotano i desideri contraddittori del potere globale. Da un lato il teatro dei Brics, dove l’Africa si ritaglia faticosamente un ruolo (con Sudafrica, Egitto ed Etiopia); dall’altro, la passerella organizzata da Donald Trump a Washington: un ricevimento con i capi di Stato di Senegal, Liberia, Guinea-Bissau, Gabon e Mauritania, dove si reciterà il gioco dell’interesse economico Usa verso questi paesi.

Mentre gli Stati Uniti sembrano riscrivere le regole del gioco, la Cina consolida le sue posizioni e altri (Turchia, Paesi Arabi, Russia) stanno rimescolando le carte, l’Europa che fa?

L’Europa, in tutto questo trambusto afro-contemporaneo, usa un lessico da spa: parla di “reset”, di “restyling”, di “partenariati tra pari”, come se bastasse cambiare etichetta a un flacone per renderlo un profumo. Organizza vertici, forum patinati e simposi da salotto, ma i suoi segnali restano evanescenti, impigliati, tardivi.

Ad esempio, il famoso Global Gateway, del valore di 300 miliardi di euro per contrastare l’influenza della Cina e degli Stati Uniti nei paesi del Sud, prevede di destinare 150 miliardi di euro verso il continente africano entro il 2027. Tuttavia, la Banca Europea per gli investimenti sta erogando queste somme con estrema lentezza. Alla fine del 2023, appena il 20% di questi impegni era stato tradotto in progetti firmati. Solo un cavo sottomarino (Medusa) sarà presto operativo tra l’Unione Europea e il Nord Africa.

L’Europa, partner “storico” del continente, continua a inciampare tra annunci ambiziosi e realizzazioni tardive, arrancando con passo incerto nel tentativo di restare in scena. Col fiatone del corridore che ha sbagliato pista, che si ostina a dare lezioni su come si corre. Anche se con i suoi 200 miliardi di euro (2022/2023) è il più grande investitore diretto estero del continente, l’Europa sta perdendo terreno sul piano dell’attrattività e della rapidità di intervento. E intanto l’Africa, quella vera, complessa, competitiva, contraddittoria, giovane, ha imparato a riconoscere la postura del paternalismo bene educato.

Il Vecchio Continente non può più semplicemente “vendere” la sua vicinanza storica o i suoi presunti valori universali. L’Africa non chiede nuove conferenze, ma qualcosa di concreto. Vuole imporre le sue condizioni: l’accesso alle catene globali del valore e la creazione di posti di lavoro locali. Appuntamento al prossimo Global Gateway di Bruxelles in ottobre.

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