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La Cassazione boccia il dl Sicurezza: “Dubbi di costituzionalità nel merito e nel metodo, mancano requisiti urgenza”

L'Ufficio del Massimario della Suprema Corte denuncia la "disomogeneità" della legge e l'abuso della decretazione d'urgenza in materia penale. Il ministro della Giustizia Nordio: "Incredulo"
La Cassazione boccia il dl Sicurezza: “Dubbi di costituzionalità nel merito e nel metodo, mancano requisiti urgenza”
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Un provvedimento con seri dubbi di incostituzionalità nel metodo e nel merito. È il riassunto del giudizio della Cassazione sul decreto Sicurezza, contenuto nelle 129 pagine della relazione pubblicata dall’Ufficio del Massimario della Suprema Corte, la struttura incaricata, tra l’altro, di studiare le novità normative. Il documento contiene una bocciatura senza appello del provvedimento-bandiera del governo, a partire dalla scelta di trasformare da un giorno all’altro in decreto legge il “vecchio” ddl Sicurezza, all’esame del Parlamento da oltre un anno, riprendendone i contenuti “quasi alla lettera“. Riportando le critiche già espresse da decine di giuristi, la Cassazione sottolinea l’“evidente mancanza” dei presupposti di “straordinaria necessità ed urgenza” imposti dalla Costituzione, poiché “nessun fatto nuovo è occorso tra la discussione alle Camere del ddl sicurezza e la scelta trasformarlo in un decreto legge dal medesimo contenuto”. Inoltre, viene denunciata la “disomogeneità” dei contenuti della legge (che interviene su settori diversissimi, dalla cannabis light ai poteri dei servizi) e l’abuso della decretazione d’urgenza in materia penale (il decreto introduce 22 tra nuovi reati e aggravanti).

Nel merito, le criticità riguardano quasi tutti i contenuti del provvedimento. Durissimo in particolare il giudizio sul cosiddetto “scudo” ai servizi, la norma che consente agli agenti sotto copertura di dirigere e organizzare associazioni terroristico-eversive senza commettere reato: si tratta, scrive il Massimario, di “un assoluto inedito, posto che la direzione e organizzazione delle predette associazioni è fenomeno ben diverso, più grave e più pericoloso rispetto alla già sperimentata possibilità di “infiltrazione” – le “ordinarie” operazioni sotto copertura – giustificabile al livello di mera partecipazione. La scriminante potrebbe apparire sproporzionata – se non addirittura disfunzionale – rispetto alle esigenze da perseguire e potrebbe suscitare dubbi di illegittimità costituzionale, nella misura in cui sembra consentire l’organizzazione e direzione di associazioni vietate ai sensi dell’articolo 18 della Costituzione”. I pericoli del salvacondotto erano già stati denunciati dai familiari delle vittime delle stragi, che hanno definito la norma una “licenza criminale, ricordando il ruolo ricoperto da frange dei servizi nelle pagine più oscure della nostra storia nazionale.

Sulla possibilità di far scontare la pena in carcere alle detenute incinte o madri di bambini sotto un anno di età, la relazione cita un commento del celebre penalista Emilio Dolcini secondo cui la scelta è “una patente violazione dei principi costituzionali di tutela della maternità e dell’infanzia” e “di umanità della pena, tanto più in considerazione delle condizioni in cui versano le carceri italiane e dei pochi posti disponibili nei soli quattro istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam)”. Netto anche il giudizio sulla trasformazione in reato (punito da sei mesi a due anni) del blocco stradale: in questo modo, si legge, si attribuisce rilevanza penale “a comportamenti che molto spesso sono costituiti da riunioni pacifiche e atti di resistenza passiva, con l’effetto di incidere profondamente sull’attività di pubblica manifestazione del dissenso”. Nello stesso decreto, peraltro, si prevede che il nuovo reato di rivolta in carcere possa realizzarsi anche attraverso atti di resistenza passiva: un’equiparazione “aberrante” secondo gli studiosi citati dalla Cassazione, in quanto finisce per incriminare “la mera disobbedienza”, ossia “ogni atto di ribellione non connotato da violenza o minaccia, quali, ad esempio, il rifiuto del cibo o dell’ora d’aria”.

Anche il divieto di commercializzazione dei prodotti a base di cannabis light (priva di principio attivo stupefacente), “in assenza della dimostrazione scientifica” che il loro uso “possa provocare effetti psicotropi o nocivi sulla base dei dati scientifici disponibili e condivisi, potrebbe confliggere con principi di rango costituzionale”, in particolare il principio di affidamento del privato e quello di libertà di iniziativa economica. In questo senso, la relazione si spinge a suggerire ai giudici un’interpretazione della norma “che possa escludere, sulla base del principio di concreta offensività della condotta, la penale rilevanza dei fatti relativi alle infiorescenze prodotte dalla coltivazione di cannabis sativa quando il derivato sia, in concreto, privo di efficacia drogante o psicotropa”. Sulla cosiddetta norma “anti-no Ponte”, la nuova aggravante della resistenza a pubblico ufficiale commessa “al fine di impedire la realizzazione di infrastrutture“, la Corte condanna – citando un commento scientifico – la scelta di prevedere “pene draconiane sulla base delle motivazioni ideologiche poste a fondamento del dissenso, vale a dire l’opposizione alla realizzazione della grande opera, le quali non possono considerarsi di per sé indice di maggiore o minore gravità” del reato.

Si dice “incredulo” il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che annuncia di aver dato mandato all’Ufficio di Gabinetto del ministero di acquisire la relazione dell’ufficio del Massimario e di conoscerne l’ordinario regime di divulgazione”.

La relazione della Suprema Corte diventa un assist per le opposizioni, che rilanciano le critiche al provvedimento. “Un calderone di norme eterogenee e vaghe: ecco cos’è il decreto sicurezza. La Corte di Cassazione lo ha appena confermato. La sicurezza si fa con leggi serie, non con la propaganda”, dice la responsabile Giustizia del Pd, la deputata Debora Serracchiani. Per Angelo Bonelli, leader di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, il documento “è l’ennesima conferma di come questa destra stia trasformando la legge penale in uno strumento di propaganda, colpendo la marginalità, la povertà e persino la libertà di dissenso”. Italia viva, con il senatore Enrico Borghi, batte sullo scudo ai servizi: “Ora che anche la Cassazione ha sollevato il tema della mancanza di controllo democratico e sul rischio di devianze nella norma, che faranno Meloni e Mantovano? Insisteranno sulla strada da Sudamerica degli anni ’70 o avranno un soprassalto di resipiscenza?”. “Incostituzionale, sproporzionato, limita il libero mercato, si accanisce su persone vulnerabili. Quello che avevamo detto sul dl Sicurezza ora lo scrive nero su bianco il Massimario della Corte di Cassazione. A smontare il decreto ci penserà la Corte costituzionale, ma a pagare il prezzo della propaganda sono i cittadini che vedono compresse le loro libertà”, accusa invece il segretario di +Europa Riccardo Magi.

Aggiornamento di redazioneweb alle 19.27 del 27 giugno 2025

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