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“Almeno 86 uccisi in 24 ore da Israele a Gaza: 56 erano in attesa per gli aiuti”. L’Onu: “Fame usata come arma”

Nuova carneficina vicino ai centri di distribuzione gestiti da israeliani e americani
“Almeno 86 uccisi in 24 ore da Israele a Gaza: 56 erano in attesa per gli aiuti”. L’Onu: “Fame usata come arma”
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Almeno 86 palestinesi, tra cui 56 persone in cerca di aiuti umanitari, sono stati uccisi dagli attacchi israeliani dall’alba di martedì nella Striscia di Gaza. Lo riferisce l’emittente panaraba Al Jazeera, citando fonti dagli ospedali. Nelle ore precedenti la Protezione civile dell’enclave aveva diffuso un primo conteggio di cinquanta morti, uccisi in due diversi raid: “Le forze israeliane hanno preso di mira raduni di civili vicino alle aree di Al-Alam e Al-Shakoush con proiettili e colpi di tank mentre cercavano di raggiungere un centro di assistenza nel nord-ovest di Rafah, a circa due chilometri da un punto di distribuzione di aiuti sostenuto dagli Usa“.

Come noto, è diventata una tragica “ricorrenza” il fatto che l’Idf apra il fuoco su cittadini palestinesi che si dirigono verso i centri di distribuzione alimentare sostenuti da Israele e Stati Uniti e gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation. L’Onu è tornata a denunciare la “carneficina” dei civili palestinesi che continuano ad essere ammazzati nel tentativo di accedere al cibo: più di 400 persone sono state uccise mentre mentre cercavano di raggiungere i punti di distribuzione “deliberatamente allestiti in zone militarizzate“. L’alto funzionario delle Nazioni unite Jonathan Whittall, capo dell’ufficio umanitario dell’Onu per i territori palestinesi occupati, ha riferito di un ospedale Nasser “stracolmo di feriti”. Non si tratta di una tragica catena di circostanze, secondo Whittall, ma di un sistema di terrore: “Queste sono le condizioni create per uccidere“. “Quello a cui stiamo assistendo è una carneficina. È la fame usata come arma, è la condanna a morte per coloro che stanno solo cercando di sopravvivere”, ha concluso Whittall. Anche il portavoce dell’Onu Stéphane Dujarric ha criticato il sistema di distribuzione degli aiuti, che, ha detto, “non soddisfa nessuno dei prerequisiti per un sistema umanitario funzionante, equo, indipendente e imparziale: è giunto il momento che i leader di entrambe le parti trovino il coraggio politico di porre fine a questa carneficina”, ha esortato.

Nella giornata di domenica è anche stato ucciso il quinto operatore del Comitato Internazionale della Croce Rossa dall’inizio del conflitto tra Israele e Hamas: “Mahmoud Barakeh, che lavorava nel supporto logistico all’ospedale da campo della Croce Rossa a Rafah, è stato ucciso domenica” – ha detto il Cicr in una nota – “Questa straziante perdita è un altro duro promemoria delle immense sfide che i nostri colleghi e la popolazione di Gaza affrontano ogni giorno”. Adesso che è stato annunciato un cessate il fuoco, seppur instabile, nella guerra lanciata da Israele il 13 giugno contro l’Iran, la Striscia di Gaza potrebbe tornare in primo piano. Tant’è vero che i leader europei tornano a parlarne: Emmanuel Macron ha insistito sulla necessità di ottenere una tregua nella Striscia. “Al di là di quanto sta accadendo in Iran, ribadisco qui la necessità di ottenere un cessate il fuoco a Gaza e di riprendere gli aiuti umanitari a Gaza”, ha dichiarato il presidente francese alla stampa a margine di una visita ufficiale a Oslo. Anche il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha chiesto il raggiungimento di un cessate il fuoco nella Striscia e un trattamento umano per la popolazione gazawi. Nonostante ciò, gli effettivi sforzi del governo tedesco per condannare le azioni di Israele sono quantomeno deboli: Merz ha appoggiato la posizione del suo ministro degli Esteri Johann Wadephul secondo cui il ritiro dell’Ue da un accordo commerciale con Israele a causa delle violazioni dei diritti umani a Gaza “non è in discussione“.

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