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Dopo la telefonata dell'8 aprile, la famiglia del cooperante non ha più avuto alcuna interlocuzione con la premier
Dopo la telefonata della premier Giorgia Meloni alla madre Armanda Colusso dello scorso 8 aprile, i contatti tra la famiglia di Alberto Trentini – il cooperante arrestato in Venezuela il 15 novembre 2024 – e l’esecutivo sono andati avanti attraverso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Con la premier, invece, la famiglia non ha più avuto alcuna interlocuzione, come precisato al Fattoquotidiano.it dalla legale Alessandra Ballerini nel corso di una conferenza stampa a Roma, insieme alla mamma di Alberto. “Meloni? L’ultima telefonata è stata quella dell’8 aprile“, ha chiarito, sottolineando di avere invece “contatti frequenti con il sottosegretario Mantovano”.
Per poi aggiungere, sollecitata su quanto fatto dalla premier: “Non ci risulta che Meloni abbia mai pronunciato pubblicamente il nome di Alberto, farlo gli darebbe dignità. Sollecitatela quando ne avete l’occasione, magari non ci aveva pensato e lo farà”, si è rivolta ai media presenti.
Anche Don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera, ha chiesto “uno scatto in più“: “Alberto non ha alcuna colpa, si è messo in gioco per i più fragili e i più poveri. Sappiamo che le istituzioni stanno lavorando, ma tutti devono attivarsi di più”. Ciotti si è poi rivolto al presidente venezuelano Nicolás Maduro: “Si professa cattolico, allora si metta una mano nella coscienza”.
“Le trattative sono delicate, dal punto di vista di Maduro, Alberto è una moneta di scambio preziosa. Dopo sette mesi queste trattative però devono giungere al termine mettendo in atto tutte le pressioni possibili. Ma bisogna fare in fretta. Non possiamo rassegnarci al ‘tanto prima o poi lo liberano‘, perché i rischi per lui e la famiglia potrebbero rendere la liberazione comunque tardiva. Deve tornare a casa adesso”, ha concluso Ballerini.
Parole condivise anche da una delegazione di deputati Pd (il responsabile Esteri Giuseppe Provenzano, la deputata Rachele Scarpa e Gianni Cuperlo): “Abbiamo presentato interrogazioni e interpellanze perché non può cadere il silenzio. Il nostro atteggiamento è di piena collaborazione e rispettiamo il lavoro diplomatico in corso, ma non potremo dirci soddisfatti finché Alberto non tornerà in Italia“.