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Genova, rivolta in carcere: detenuti sul tetto, feriti due agenti. “Regolamento di conti dopo una violenza sessuale”

Decine di reclusi sono usciti dalle celle e hanno preso possesso di una sezione: il personale è stato messo in sicurezza. La sollevazione è rientrata dopo qualche ora
Genova, rivolta in carcere: detenuti sul tetto, feriti due agenti. “Regolamento di conti dopo una violenza sessuale”
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Una rivolta di notevoli dimensioni è scoppiata nel primo pomeriggio di mercoledì nel carcere maschile di Marassi, a Genova. Circa duecento detenuti hanno preso possesso della seconda sezione del penitenziario, devastando le celle: alcuni di loro sono saliti sul tetto dell’istituto. Nei disordini sono rimasti feriti (in modo non grave) due agenti di custodia, trasportati in codice giallo all’ospedale Galliera del capoluogo ligure, mentre altri due sono stati medicati sul posto. A quanto ha riferito Gennarino De Fazio, segretario del sindacato di Polizia penitenziaria Uilpa, i rivoltosi “si sono portati al piano terra e hanno vandalizzato i locali nell’intento di regolare i conti con altri reclusi, pare sei, che nei giorni scorsi avrebbero violentato un altro detenuto”. Il personale amministrativo e sanitario è stato messo in sicurezza in locali non raggiungibili, mentre i lavoratori provenienti dall’esterno sono stati fatti uscire. Intorno alle 16 lo stesso De Fazio ha reso noto che la sollevazione è rientrata “grazie all’intervento di oltre cento agenti della Polizia penitenziaria, molti dei quali provenienti da altre carceri liguri”: i detenuti saliti sul tetto e sui camminamenti delle mura di cinta sono scesi spontaneamente.

“La situazione è stata per ore molto grave ma ora per fortuna è rientrata”, informa Francesco Migliorelli, vicesegretario regionale del Sappe (Sindacato autonomo Polizia penitenziaria). “Non ci sono state evasioni né atti ostili contro il personale di Polizia Penitenziaria ma un violento regolamento di conti dopo che ieri un giovane ristretto era stato al centro di violenze da parte di altri detenuti. I detenuti avrebbero devastato anche parte dei locali di una sezione, ma la preziosa e fondamentale opera di mediazione e negoziazione del personale di Polizia penitenziaria, che ha riportato alla regione i detenuti più violenti, ha impedito che la situazione degenerasse ulteriormente e che entrassero in azione gli uomini del Corpo in reparto antisommossa. Mi sembra evidente che c’è necessità di interventi immediati da parte degli organi ministeriali e regionali dell’amministrazione penitenziaria, che assicurino l’ordine e la sicurezza in carcere a Marassi tutelando gli agenti e il personale tutto che vi presta servizi”, afferma.

All’esterno dell’edificio era stato formato un cordone di sicurezza da parte di uomini delle forze dell’ordine, tra cui Carabinieri, Polizia e Guardia di finanza in tenuta antisommossa. “Abbiamo avviato immediatamente un canale diretto con Prefettura, Questura e le altre autorità competenti”, ha informato la neo-sindaca di Genova Silvia Salis. “Gli agenti della polizia locale, insieme alle altre forze dell’ordine, sono impegnati nella messa in sicurezza della zona circostante il carcere di Marassi, e nella chiusura di alcune strade limitrofe, a presidio della cittadinanza e del territorio. Ringrazio per l’impegno e per l’intervento immediato le donne e gli uomini del nostro corpo della Polizia locale e di tutte le forze dell’ordine, desidero esprimere totale solidarietà agli agenti della Polizia penitenziaria e al personale coinvolto”.

Il decreto Sicurezza del governo, entrato in vigore a inizio aprile, ha introdotto il nuovo reato di “Rivolta all’interno di un istituto penitenziario, con pene fino a sei anni per i partecipanti e fino a dieci per i promotori. La norma prevede che possano costituire “rivolta” anche “le condotte di resistenza passiva. Proprio nel giorno della sollevazione, il provvedimento è diventato legge con la conversione da parte del Senato. Secondo il segretario Uilpa De Fazio, la vicenda “è il segno tangibile dello stato di degrado delle carceri, che non può essere affrontato con interventi meramente repressivi, come l’introduzione del reato “impossibile” di rivolta, ma agendo soprattutto sulla prevenzione attraverso l’umanizzazione delle condizioni di lavoro degli operatori e della detenzione”.

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