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Apple sfida l’Ue: ricorso contro l’apertura delle funzionalità del sistema operativo

Cupertino ha fatto ricorso contro la richiesta di migliorare la compatibilità del suo software con i dispositivi di terze parti, sollevando preoccupazioni sulla privacy degli utenti
Apple sfida l’Ue: ricorso contro l’apertura delle funzionalità del sistema operativo
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La guerra tra Apple e Unione Europea sul Digital Markets Act continua. La big-tech di Cupertino ha presentato ricorso al tribunale generale dell’Ue in Lussemburgo contro la richiesta di migliorare la compatibilità del suo software con i dispositivi di terze parti, come richiesto dalla Commissione lo scorso marzo. Ad Apple è stato ordinato di consentire l’accesso a nove funzionalità chiave di iOS.

Tra i punti salienti c’è la necessità che Cupertino renda più semplice configurare gadget di marchi concorrenti allineando le operazioni a quelle previste per accessori della casa. Ma anche l’apertura completa delle notifiche tra prodotti differenti, al momento possibile solo se si usano dispositivi dell’azienda californiana. Secondo il Wall Street Journal che ha rivelato il ricorso, presentato lo scorso 30 maggio, il colosso americano si opporrà principalmente per motivi legati alla privacy.

Un portavoce di Apple ha spiegato al quotidiano che “i nuovi requisiti voluti dall’Ue creano un processo irragionevole, costoso e che soffoca l’innovazione”. Le aziende, sostiene la big-tech, “hanno già richiesto i dati più sensibili dei nostri utenti – ha aggiunto – dal contenuto delle notifiche alla cronologia completa di ogni rete Wi-Fi memorizzata sui loro dispositivi, con la possibilità di leggere informazioni personali che nemmeno Apple vede”.

L’azienda di Cupertino ha già ricevuto dalla Commissione Europea una multa da 500 milioni di euro ad aprile 2025 per violazioni del Digital Markets Act. È accusata di non rispettare l’obbligo ‘anti-steering’ della legge europea non consentendo agli sviluppatori la possibilità di reindirizzare gli utenti a servizi esterni all’App Store. Una sanzione simile, per 200 milioni, è stata imposta anche a Meta.

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