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Un bambino a Gaza conta quanto un bambino a Roma. Uno vale uno

L’indifferenza non è neutrale. È una scelta. Una scelta che ogni giorno costa la vita a bambini innocenti
Un bambino a Gaza conta quanto un bambino a Roma. Uno vale uno
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di Jakub Stanislaw Golebiewski*

Il rumore delle bombe su Gaza non deve coprire il silenzio assordante della nostra coscienza. Ogni bambino, ovunque nasca, ha lo stesso diritto alla vita, alla protezione, al futuro. Un bambino a Gaza vale quanto un bambino a Roma. Uno vale uno. Non è una formula astratta: è il fondamento etico della convivenza umana e un principio giuridico sancito dal diritto internazionale. Mentre i nostri figli corrono nei parchi, vanno a scuola, crescono con le opportunità che un contesto di pace garantisce, a Gaza una generazione intera rischia di scomparire.

Secondo ​le Nazioni Unite, oltre ​50.000 bambini ​sono stati uccisi nella Striscia dall’inizio delle ostilità. Sono numeri che superano l’immaginabile. Numeri che parlano di infanzie spezzate, famiglie cancellate, traumi che segneranno per sempre i superstiti. Ogni cifra corrisponde a un nome, a un volto, a un futuro che non ci sarà. Queste non sono semplici statistiche. Sono violazioni concrete di diritti fondamentali.

La Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ratificata anche da Israele e Palestina, impone agli Stati il dovere inderogabile di garantire la sopravvivenza e lo sviluppo dei minori (Art. 6), e di proteggerli da ogni forma di violenza, in particolare nei conflitti armati (Art. 38). Questi articoli non sono raccomandazioni: sono obblighi giuridici, vincolanti per la comunità internazionale. Quando non vengono rispettati, tacere equivale a essere complici visto che l’indifferenza è il lusso dei vigliacchi. Non si può continuare a giustificare questa carneficina come un “effetto collaterale”.

I bambini non sono scudi, non sono bersagli, non sono numeri. Sono esseri umani, titolari di diritti universali. Sostenere che alcune vite contano meno di altre significa abbracciare una gerarchia del dolore che disumanizza e divide. E la disumanizzazione è sempre il primo passo verso la barbarie.

L’indifferenza non è neutrale. È una scelta. Una scelta che ogni giorno costa la vita a bambini innocenti. La Direttrice Generale dell’Unicef, Catherine Russell ha ribadito che Gaza è oggi “il luogo più pericoloso al mondo per essere un bambino”. E ogni giorno che passa senza una reazione concreta da parte della comunità internazionale è un giorno in cui il mondo tradisce i suoi stessi valori. Abbiamo bisogno di verità, di giustizia e di responsabilità.

Serve un cessate il fuoco immediato e duraturo, l’accesso pieno e sicuro agli aiuti umanitari, il rispetto del diritto umanitario internazionale e un impegno reale per la ricostruzione di percorsi di pace. Ma soprattutto, dobbiamo recuperare la capacità di indignarci. Perché ogni bambino ucciso è una ferita al cuore del mondo. La strage di bambini a Gaza non è solo una tragedia umanitaria. È la prova di quanto ci siamo allontanati dalla nostra stessa umanità. E finché non affermeremo con forza che ogni vita di bambino conta allo stesso modo, non potremo dirci davvero umani. Da Gaza a Roma, una vita vale una vita. Sempre.

* Presidente Associazione Padri in Movimento

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