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Siria, la fine delle sanzioni Usa fa bene a energia e trasporti: il sogno è l’Alta velocità tra Istanbul e la Mecca

È stato già riaperto il gasdotto turco che ridarà elettricità al Nord della Siria. Saranno costruite centrali elettriche a gas naturale e una solare. Intanto dall'Ue arrivano nuove decisioni contro le milizie
Siria, la fine delle sanzioni Usa fa bene a energia e trasporti: il sogno è l’Alta velocità tra Istanbul e la Mecca
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La recente revoca d’«importanza storica», come l’ha definita il presidente turco Recep Tayyip Eddogan, delle sanzioni economiche alla Siria da parte dell’amministrazione Trump ha iniziato a dare i propri frutti soprattutto in terra ottomana. Ne è una prova la riapertura del gasdotto turco che ridarà elettricità al Nord della Siria, oscurato finora 20 ore al giorno dai blackout. Ma questo è solo l’inizio perchè dopo il rinnovato sodalizio tra il presidente statunitense e il suo omologo turco, che ha portato al rientro della Siria tra i paesi “civili”, Ankara sta ottenendo numerosi vantaggi in tutto il Medio Oriente.

I conglomerati turchi Kalyon Holding e Cengiz Holding, la UCC con sede in Qatar e la Power International con sede negli Stati Uniti hanno infatti firmato ieri un accordo per un maxi investimento energetico del valore di 7 miliardi di dollari in Siria. L’accordo di cooperazione strategica tra il ministero dell’Energia siriano e queste società è stato stipulato alla presenza del presidente siriano ad interim Ahmad al-Sharaa. In base all’accordo, in Siria saranno costruite centrali elettriche a gas naturale con una capacità totale di 4.000 megawatt e una centrale solare che produrrà 1.000 megawatt. Si prevede che le centrali a gas naturale saranno completate entro tre anni, mentre la centrale solare entro circa due anni.

Questo investimento su larga scala non solo aumenterà la sicurezza dell’approvvigionamento energetico della Siria, ma contribuirà anche in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale e alla visione di sviluppo regionale. Il ministro dell’Energia siriano Muhammad Bashir, nel suo discorso alla cerimonia della firma, ha dichiarato: “Oggi stiamo assistendo a un momento storico che rappresenta una svolta nel settore energetico ed elettrico siriano. Stiamo ricostruendo le infrastrutture devastate dalla guerra in questo importante settore”.

La corsa alla ricostruzione è già iniziata, secondo lo stesso schema che la Turchia ha applicato alla Bosnia uscita dalle guerre anni ’90. Nei mesi scorsi il governo di Ankara aveva presentato un grande piano per ricostruire la Siria, che aveva però un limite: le sanzioni occidentali, ancora in piedi. La decisione americana di toglierle era stata annunciata in Arabia Saudita con cui la Turchia vorrebbe mettere a terra alcuni ambiziosi progetti dalle caratteristiche geostrategiche. Tra i più significativi c’è il ripristino dei 1.750 km di ferrovia che dai primi del ’900 collegava Istanbul, Baghdad e Damasco alla Medina e alla Mecca.

Un antico sogno dei sultani ottomani, quello di regolare il traffico di commerci e pellegrini verso la Penisola arabica, che il neo-ottomano Erdogan ha sempre fatto proprio. Bisogna fare i conti con la realtà, però, e pure con l’iperinflazione e il pesante debito pubblico, che non aiutano certo il Sultano 2.0.

È per questo che lo sblocco delle sanzioni non poteva non passare per i paesi del Golfo: occorreranno i capitali sauditi e specialmente quelli del Qatar, con cui Ankara ha da anni un rapporto di stretta collaborazione anche militare, per costruire l’alta velocità che il reggente de facto saudita Mohammed Bin Salman e gli emiri hanno già disegnato. La linea ferroviaria permetterà di attraversare la Turchia, la nuova Siria pacificata e un Iraq senza curdi ribelli, consentendo un più facile accesso al Mediterraneo di tutti i paesi dell’area.

Intanto però il Consiglio dell’Unione Europea ha aggiunto tre gruppi affiliati all’attuale Esercito Nazionale Siriano (SNA) e due comandanti alla propria lista di sanzioni per il loro coinvolgimento in attacchi di pulizia etnica nelle regioni occidentali della Siria – note come regione costiera – comprese le province di Latakia e Tartus e le aree rurali di Hama e Homs, tra il 6 e il 9 marzo. Nella sua decisione del 28 maggio 2025, il Consiglio ha dichiarato che la Brigata Sultan Suleiman Shah e il suo leader, Mohammad Hussein al-Jasim (Abu Amsha), la Divisione Hamza e il suo leader, Sayf Boulad Abu Bakr, e la Divisione Sultan Murad sono stati responsabili di gravi violazioni dei diritti umani in questa zona.

Le organizzazioni guidate da Abu Amsha e Sayf Boulad Abu Bakr sono tra i gruppi armati sostenuti dalla Turchia e hanno partecipato a tutte le operazioni militari condotte dalle Forze Armate turche in Siria.

Dopo la fine del governo della famiglia Assad, durato 53 anni, e del predominio del partito Baath in Siria, durato 61 anni, l’8 dicembre 2024, è stata formata una nuova amministrazione guidata da Hayat Tahrir al-Sham (HTS) il cui leader è diventato il presidente siriano Sharaa fautore della deposizione di Assad. Abu Amsha è stato nominato comandante della 62ª Divisione e Sayf Boulad Abu Bakr comandante della 76ª Divisione, entrambi con il grado di generale di brigata.

Muhammad Hussein al-Jasim è il fondatore e leader della Brigata Sultan Sulaiman Shah, una milizia armata siriana attiva nella guerra civile siriana. Nel marzo 2025, la Brigata Sultan Sulaiman Shah, sotto il comando di al-Jasim, ha preso parte alle violenze nella regione costiera della Siria, prendendo di mira i civili e in particolare la comunità alawita, a cui appartiene il clan Assad anche commettendo uccisioni arbitrarie di civili. Al-Jasim è quindi responsabile di gravi violazioni dei diritti umani in Siria, tra cui uccisioni arbitrarie.

Sayf Boulad Abu Bakr è il leader della Divisione Hamza, una milizia armata creata nel 2016 e operativa in Siria. Durante la guerra civile siriana, la Divisione Hamza, sotto il comando di Sayf Boulad Abu Bakr, si era resa responsabile di numerosi atti di tortura nei centri di detenzione del gruppo, di estorsioni e di sfollamenti forzati di civili, in particolare nelle regioni di Afrin e Aleppo. Bakr è pertanto responsabile di gravi violazioni dei diritti umani in Siria, tra cui torture e uccisioni arbitrarie di civili.

Il Consiglio ha anche aggiunto la milizia prevalentemente turkmena di Abu Amsha, la Brigata Sultan Suleiman Shah, e la Divisione Hamza di Sayf Boulad Abu Bakr alla lista delle sanzioni per le stesse ragioni.

Per quanto riguarda la Divisione Sultan Murad, ha partecipato a operazioni contro i curdi e le Forze Democratiche Siriane prima della fine del regime di Assad. Durante questo periodo, si è resa responsabile di torture, detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate e maltrattamenti di detenuti. Il Consiglio ha osservato che l’organizzazione ha preso parte anche a operazioni militari al di fuori della Siria, tra cui in Libia, Nagorno-Karabakh e Niger. Ha aggiunto la divisione all’elenco delle sanzioni sulla base della sua responsabilità per gravi violazioni dei diritti umani nella regione costiera, tra cui esecuzioni arbitrarie.

Abu Amsha e Sayf Boulad Abu Bakr sono noti per i loro stretti legami politici ed economici in Turchia. Entrambi i comandanti ribelli sono di origine turkmena e sono stati fotografati con Devlet Bahçeli, leader del Partito del Movimento Nazionalista (MHP) e principale alleato della coalizione del presidente Erdogan. Hanno anche posato con il famigerato boss mafioso Alaattin Çakıcı, noto per i suoi legami con l’estrema destra turca. Secondo un documento sanzionatorio del Dipartimento del Tesoro statunitense, Abu Amsha possiede anche Al-Safir Oto, una concessionaria di automobili con sede a Istanbul e diversi negozi nel sud del Paese. Ma ai fini del nuovo assetto mediorientale che Trump sta mettendo a punto, le violazioni dei diritti umani da parte di Erdogan e dei suoi accoliti è irrilevante.

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