“Da 19 mesi tutti sanno che quello che sta succedendo a Gaza. Anche a voi giornalisti è stato impedito di entrare in questi mesi. Questo avrebbe dovuto creare sdegno immediatamente, non dopo 19 mesi. Ora è troppo tardi, ma non lo è per le persone che devono essere salvate“. È uno dei passaggi della toccante intervista rilasciata a Piazzapulita (La7) da Tanya Haj-Hassan, dottoressa statunitense specializzata in terapia intensiva pediatrica e medico istruttore per Medici Senza Frontiere.
Tanya Haj Hassan, nota per aver testimoniato alle Nazioni Unite sugli orrori nella Striscia di Gaza, ha partecipato a due missioni a Gaza dopo il 7 ottobre con Medical Aid for Palestinians, operando in diversi ospedali di Gaza, dove è stata per l’ultima volta a fine marzo del 2025, 10 giorni dopo l’interruzione israeliana del cessate il fuoco sulla Striscia e la chiusura delle frontiere.
Tra le tante domande, Formigli le chiede se è vero, come afferma Israele, che gli ospedali di Gaza sono utilizzati come basi militari di Hamas. “Durante la guerra gli ospedali dovrebbero essere tutelati – risponde il medico – e non dovrebbero essere un obiettivo militare perché lì vengono curati i pazienti. Ma a prescindere da questo discorso, io ho lavorato in questi ospedali prima e dopo il 7 ottobre e mai personalmente ho visto alcuna attività militare, neanche in prossimità dell’ospedale, figurarsi all’interno”.
E aggiunge: “Il punto è che questa giustificazione degli israeliani non vale per uno o due ospedali di Gaza, anche se non abbiamo visto alcune prove della presenza dei militari, ma per ben 36 strutture sanitarie pubbliche tutte bombardate. Molti miei colleghi che lavoravano in questi ospedali hanno sempre detto che non c’erano militari all’interno. Ma vorrei ricordare che a Gaza sono state distrutte anche tutte le scuole, tutte le università, le due facoltà di Medicina dove insegnavo, i centri per i non vedenti e i non udenti – continua – l’ospedale psichiatrico, l’ospedale oftalmico, gli impianti per l’acqua potabile, i forni: insomma, tutto quello che è essenziale per sostenere le vite umane – continua – Il cibo e i medicinali non possono entrare. Ai miei colleghi, che sono recati a Gaza la settimana scorsa, sono state confiscate le medicine personali alla frontiera. Tutto quello che è necessario per sostenere la vita o viene distrutto oppure non può entrare a Gaza“.
La pediatria ricorda che dal 18 marzo 2025 ogni giorno 100 bambini vengono mutilati e uccisi: “Finora i palestinesi non sono stati trattati come esseri umani, né le vittime sono state trattate come i morti di altri genocidi, dobbiamo dirlo. Quello che sta accadendo a Gaza è un genocidio e dobbiamo immediatamente porre fine a esso, utilizzando qualsiasi strumento economico, militare, politico a nostra disposizione e anche a disposizione del governo italiano – sottolinea – Dobbiamo poi iniziare un lungo percorso di attribuzione di responsabilità e far sì che questo non diventi più la nuova normalità. Quando si oltrepassano tutte queste linee rosse, violando il diritto umanitario in maniera così marchiana, questo poi costituisce un precedente anche per altre situazioni”.
E conclude ribadendo: “È troppo tardi non solo per il genocidio, ma in generale per il popolo palestinese a Gaza e in Cisgiordania, che hanno vissuto in una condizione di apartheid per così tanto tempo, con risoluzioni dell’Onu violate sistematicamente. Il popolo palestinese non dovrebbe essere trattato come un’eccezione rispetto alle leggi che invece si applicano a tutti gli altri. E io credo che sia troppo tardi per tutti questi anni di ingiustizia, ma non è troppo tardi per le persone che ancora sono lì e sopravvivono”.