Confindustria, Meloni non ha niente da offrire agli industriali e se la prende con l’Ue
Confindustria chiede tanto, il governo può offrire poco. E così l’intervento della presidente del Consiglio Giorgia Meloni è per lo più evasivo. Pochi e freddini gli applausi. Metà del discorso è una tirata contro l’Unione europea, indicata come causa di qualsiasi male che affligge il paese. Nel mirino ci sono, naturalmente, le normative contro la crisi climatica con Meloni rivendica l’azione svolta a Bruxelles per cercare di ridimensionare gli obiettivi ambientali.
“È fondamentale per la competitività dell’intero sistema produttivo europeo avere il coraggio di contestare e correggere un approccio ideologico alla transizione energetica che ha provocato danni enormi senza produrre i vantaggi ambientali decantati“, tuona Meloni che poi liscia il pelo al padrone di casa: “Ha ragione Orsini quando dice che una tecnologia non si cambia per norma: solo chi non aveva mai messo piede in un capannone poteva pensare di farlo, ma è quello che ha fatto l’Europa scegliendo la strada forzata della transizione all’elettrico, le cui filiere sono controllate dalla Cina. Io, ha aggiunto Meloni, ancora oggi non riesco a capire il senso strategico di fare una scelta del genere”. Meloni rilancia quindi sul nucleare, con qualche accenno a progetti piuttosto vaghi e ignorando gli esiti referendari che ormai non sembrano interessare più a nessuno.
Bruxelles finisce nel mirino anche per l’iper-regolamentazione che impone a imprese e stati membri. Come noto, invece, la burocrazia italiana brilla per semplicità e snellezza. Poi per quelli che Meloni definisce dazi interni: “Consideriamo fondamentale, a maggior ragione in un quadro di instabilità dei mercati internazionali, che l’Europa abbia il coraggio di rimuovere quei dazi interni che si è autoimposta in questi anni. Secondo il Fondo monetario internazionale, il costo medio per vendere un bene tra gli Stati dell’Unione europea equivale a una tariffa di circa il 45%, rispetto al 15% stimato per il commercio interno negli Stati Uniti. Per non parlare dei servizi, dove la tariffa media stimata arriva al 110%: non può essere sostenibile”. Nessun accenno, invece a rischi derivanti dai dazi minacciati da Trump.
Meloni, quindi, lascia intendere che non c’è trippa per gatti. “Il governo è perfettamente consapevole dell’impatto che i costi energetici hanno sulle famiglie e sulle imprese, soprattutto su quelle di piccole e medie dimensioni. E lo sappiamo anche perché dall’inizio di questo governo abbiamo stanziato circa 60 miliardi di euro, l’equivalente di due leggi finanziarie, per cercare di alleviare i costi. È evidente che continuare a cercare di tamponare spendendo soldi pubblici non può essere la soluzione. Per questo abbiamo accompagnato le risorse con diversi interventi, alcuni dei quali rispondono anche alle necessità richiamate proprio dalla Confindustria”
E poi, “La nostra economia è solida e resiliente, non dipende dalla politica, lo avete dimostrato voi. La politica aggiunge la stabilità di un sistema e la visione: abbiamo tentato di rafforzare questa capacità dell’Italia di attrarre investimenti“, declama dal palco Meloni.
Poco altro. La conclusione è di pura retorica. “Questa nazione ha bisogno di fare ancora tanto, ma ha tutte, tutte le carte in regola per invertire la rotta. La prima cosa da fare è crederci, pensate in grande perché io farò lo stesso“.