“Allarme clorati nella Coca Cola”: ritirati dai mercati nordeuropei alcuni lotti di lattine e bottiglie di vetro. Ecco cosa sono e perché sono pericolosi per la salute

Dopo che a fine gennaio scorso la Coca Cola ha avviato il ritiro di alcuni lotti di lattine e bottiglie di vetro di vari prodotti dei suoi marchi a causa di un’eccessiva presenza di clorati tra Belgio, Germania, Francia e Paesi Bassi, è riemersa la preoccupazione sui rischi di queste sostanze per la salute pubblica. Ma perché c’è presenza di clorati in queste bibite? “Il clorato è una sostanza chimica che deriva principalmente dall’impiego di disinfettanti a base di cloro nell’acqua potabile e nella sanificazione industriale – spiega al FattoQuotidiano.it il professor Rolando Bolognino, Biologo nutrizionista e Docente universitario. – Può essere presente come residuo nelle bibite in lattina a causa dei processi di pulizia e disinfezione degli impianti produttivi”.
La dose massima giornaliera
Quando si parla di clorati ci si riferisce ai sali dell’acido clorico, dal clorato di sodio al clorato di calcio. “L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha stabilito che la dose giornaliera tollerabile di clorato è di 3 microgrammi per kg di peso corporeo al giorno, indicando così un limite prudenziale per tutelare la salute. In Europa, compresa l’Italia, il Regolamento UE 2020/749 fissa i limiti massimi di residui di clorato negli alimenti e nelle bevande tra 0,01 e 0,7 mg/kg, a seconda del prodotto e delle modalità di trattamento”, sottolinea l’esperto. In generale, i clorati possono risultare presenti negli alimenti a causa dei disinfettanti a base di cloro utilizzati sul cibo o di processi industriali a base di acqua appunto clorata. Secondo l’EFSA, “i gruppi di alimenti maggiormente interessati sono la frutta e la verdura. In ciascun gruppo di alimenti sono le varietà surgelate quelle che spesso presentano i tenori massimi di clorato. Ciò dipende probabilmente dalla quantità di clorato contenuto nell’acqua clorata utilizzata per la trasformazione degli alimenti. La fonte principale di clorato nella dieta è però l’acqua potabile, che probabilmente contribuisce fino al 60% dell’esposizione cronica al clorato per i neonati”.
Acuta e cronica
L’EFSA fa anche una distinzione tra l’esposizione cronica e l’esposizione acuta. Nel primo caso i rischi riguardano principalmente i neonati e i bambini fino ai 10 anni di età, nei quali un’esposizione cronica ai clorati potrebbe provocare una carenza di iodio lieve o moderata. L’esposizione acuta, invece, fa riferimento a un elevato apporto di clorato in un solo giorno, in grado di limitare la capacità del sangue di assorbire l’ossigeno e di portare così a insufficienza renale. In particolare, “numerosi studi scientifici evidenziano che l’esposizione cronica a elevate concentrazioni di clorato può interferire con la funzione della tiroide, in quanto questa sostanza compete con l’assorbimento dello iodio, essenziale per produrre gli ormoni tiroidei – spiega Bolognino. – Ecco perché i clorati potrebbero risultare problematici specialmente per soggetti vulnerabili come bambini, donne in gravidanza e persone con, appunto, patologie tiroidee”.
Il ritiro per esposizione acuta
Il ritiro dei prodotti deciso da Coca Cola è legato proprio all’esposizione acuta al clorato, accertato dalla multinazionale nel corso di una serie di controlli: “Presso il nostro sito di produzione di Gand stiamo effettuando dei test nell’ambito delle nostre procedure di controllo e di conformità alle normative. Questi test hanno individuato livelli elevati di clorato”, ha spiegato l’azienda.
Come evitarlo
“Per ridurre l’esposizione è raccomandabile adottare alternative alla disinfezione con cloro, come raggi ultravioletti o ozono – suggerisce Bolognino -. Inoltre, scegliere prodotti certificati con bassi livelli di residui chimici o confezionati con tecniche alternative alla lattina può rappresentare una valida misura preventiva per minimizzare l’impatto sulla salute”.
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