
La dirigente socialista ha 80 anni, parlamentare da 31, aveva accettato la proposta di trasformarla in museo. Ma parlamentari e ministri non possono fare contratti con lo Stato. Il Tribunale costituzionale ha deciso con una maggioranza di otto a due
Clamoroso in Cile. Il Tribunale Costituzionale, con procedura insolita, ha destituito Isabel Allende, la figlia del presidente Salvador, dalla carica di senatrice. La dirigente socialista ha 80 anni, è parlamentare da 31, è stata presidente sia della Camera che del Senato. La decisione è stata presa con una maggioranza piuttosto netta, otto a due. Motivo della drastica decisione: Isabel Allende aveva avviato un accordo con lo Stato per vendere la casa del padre per farla diventare un museo.
La casa nel quartiere Providencia di Santiago è stata residenza ma spesso anche ufficio di Salvador Allende dal 1953, è piena di ricordi, è da anni luogo di visite e di incontri. La proposta di farla diventare Museo di Stato non è venuta da Isabel Allende ma, qualche mese fa, da Marcela Sandoval, ministra dei Beni Nazionali del Governo Boric. È un governo con ministri del Frente Amplio, del Partito Socialista, del Partito Comunista e indipendenti, che non ha la maggioranza in Parlamento.
Il Presidente è in scadenza, si va al voto a novembre. Gli accordi per la compravendita della casa di Allende erano pronti, valore concordato 900mila euro, quando ci si è “accorti” che c’era un limite invalicabile. Una legge in Cile stabilisce che i parlamentari e i ministri non possono fare contratti con lo Stato. Le ipotesi di superare l’ostacolo, per esempio con “comodati d’uso”, sono naufragate e si è deciso di interrompere il percorso.
Invece la compravendita è avvenuta per l’altra casa di un ex e fu presidente, Patricio Aylwin, i cui eredi non sono né parlamentari né ministri. La prima testa a cadere è stata quella della ministra Sandoval, di cui Boric ha chiesto le dimissioni a gennaio. Ma, alimentata dalla destra politica e mediatica, attualmente maggioritaria, la campagna contro l’“affare” Allende è continuata. L’opposizione ha preparato un atto di accusa costituzionale contro Maya Fernandez, ministra della Difesa, nipote di Allende e anche essa comproprietaria della casa. Poche settimane fa Fernandez ha concordato col presidente le dimissioni. E due. Forse non ci aspettava che la campagna arrivasse a coinvolgere Isabel Allende al Tribunale Costituzionale. E’ un organo abbastanza politico, sette membri su dieci sono nominati da Presidente, Senato e Camera.
E non è stata solo la destra a determinare il clamoroso “otto a due” contro Isabel Allende. Hanno votato contro di lei anche due giudici (donne) del Frente Amplio e uno della Dc. Si attendono le motivazioni della sentenza per capire quanto fosse inevitabile la scelta. Si sono sommate due specificità delle leggi cilene: quella che impedisce a un parlamentare di vendere una casa allo Stato e quella che consente al Tribunale Costituzionale di destituire un parlamentare anche prima di una sua eventuale condanna in un Tribunale penale. L’ imbarazzo è molto grande nel Governo che, non mettendo oggi in discussione nessuna delle due particolari regole, avrebbe potuto e dovuto prevedere il rischio.
Le dichiarazioni ufficiali prevalenti sono comunque di rispetto e deferenza nei confronti di Isabel Allende, icona democratica che in questo caso viene accusata per lo più di ingenuità. Ma le conseguenze politiche sono incandescenti. In particolare il partito Socialista è indignato col Frente Amplio, il partito di Boric, fino a ipotizzare di far dimettere i ministri o di correre separati alle presidenziali. Sarebbe un ulteriore disastro per il centrosinistra, campo largo o stretto che sia, perché in base ai sondaggi è favorita la destra, e addirittura si potrebbe avere un ballottaggio tra la candidata di centrodestra Evelin Matthey e quello della destra populista Johannes Kaiser.
A correre ai ripari la presidente del Frente Amplio ha dichiarato che la decisione del Tribunale Costituzionale è a suo parere sbagliata. Ma non si può fare ricorso.