Due saggi su Arnold Schönberg, inventore della dodecafonia e personalità umana

Arnold Schönberg (1874-1951): chi era costui? Vi risponderanno che fu l’‘inventore’ della dodecafonia, linguaggio arduo, rivoluzionario, che esercitò un durevole impatto sui compositori del Novecento. Vero: ma il grande artista viennese non si identifica con questa sola dimensione. Due saggi critici recenti ne ripercorrono l’itinerario tra tradizione e avanguardia, la biografia artistica, la personalità umana.
Gianluca Di Donato, pianista di classe, assiduo cultore di musicologia, inaugura una sua “guida alla lettura e all’ascolto” per La liederistica con pianoforte della Seconda scuola di Vienna (Bari, Edizioni Florestano); il primo volume spetta appunto a Schönberg. Si tratta di un maneggevole, istruttivo vademecum per chi voglia conoscere e gustare da vicino capolavori cameristici squisiti, composti, tra il 1893 e il 1933, su raffinate liriche tedesche, poco note al lettore italiano. Scopo primario è l’analisi essenziale e però circostanziata del linguaggio compositivo di Schönberg: la sua produzione, che vira verso orizzonti espressivi inusitati, è collocata nel solco della tradizione liederistica tedesca, dalla quale trae modelli e linfa.
Di Donato connette con finezza e sensibilità passato e presente, in un affresco a grandi pennellate, ma ricco di squarci lavorati al cesello. Presente e futuro affondano le radici nella storia, nella tradizione. In questo quadro d’insieme, l’autore conduce l’esame dettagliato dei vari Lieder, evidenziandone stile, armonia, vocalità. Si concentra su raccolte significative, come gli Otto Lieder op. 6, dove si colgono i germi di futuri sviluppi, e i Sei Lieder op. 3, che intrecciano risonanze tardo-romantiche con condotte armoniche audaci: nell’ultimo Lied, Warnung, si avverte “un aumento dell’accento declamatorio”, divenuto poi “caratteristica quasi costante nella produzione successiva”. Spiccano per l’intenso tessuto armonico i Quattro Lieder op. 2, tre su liriche di Richard Demel, poeta amatissimo da Schönberg, l’ultimo del meno conosciuto Johannes Schlaf.
Il libro è utile al musicofilo scaltrito ma anche ai non addetti ai lavori: con gentilezza Di Donato li conduce, liriche alla mano, ad addentrarsi per un bel tratto nell’universo poetico schoenberghiano. Volume, dunque, da tenere assolutamente in libreria.
In parallelo, ricordo un saggio di Alessandro Maria Carnelli, Niente di moderno: squarci sul giovane Schönberg a Vienna 1874-1908 (Soveria Mannelli, Rubbettino). L’autore, direttore d’orchestra e musicologo, ha all’attivo svariate registrazioni in CD e diverse pubblicazioni. Qui si concentra sulla formazione e la prima maturità di Schönberg, esplora il contesto culturale e musicale in cui sboccia la sua poetica, delinea un ritratto vivido e documentato dell’ambiente viennese tra Otto e Novecento. In particolare, offre un’indagine attenta degli influssi esercitati sul giovane musicista dalle ultime propaggini del romanticismo e dall’impellente impulso innovativo di Mahler e Strauss.
Già dal titolo, “niente di moderno”, traspare quanto complesso fosse il rapporto di Schönberg con la tradizione. Non fu un sovversivo nihilista, non rescisse i legami col passato: fu un artista profondamente radicato nella vicenda della musica tedesca e però proiettato verso la scoperta di nuove frontiere.
Il saggio è articolato in una quarantina di cammei: ognuno affronta un aspetto saliente della personalità artistica di Schönberg. Ne cito qualcuno. “Il violoncello maltrattato” rammenta ch’egli si formò come violoncellista (non come pianista) ed evidenzia l’uso che dello strumento fece in composizioni come Verklärte Nacht e Pierrot lunaire. Proprio di Verklärte Nacht si occupa “Il Tempio”: in poche righe il lettore entra nello ‘scandalo’ di una vicenda insolita, oltraggiosa per i canoni morali dell’epoca. “Ascoltare” indaga le novità che le creazioni di Schönberg hanno imposto agli ascoltatori: da allora, un primo approccio non basta più, solo “il tempo, la frequentazione, l’approfondimento” consentono il vero apprezzamento dell’opera d’arte.