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Prese a martellate due agenti in area di servizio: indagato l’agente che lo ferì con un colpo

La procura di Ivrea accusa Max El Mahdi di lesioni aggravate dall'uso dell'arma di servizio. Sap: "I poliziotti hanno anche il diritto di difendersi"
Prese a martellate due agenti in area di servizio: indagato l’agente che lo ferì con un colpo
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È indagato il poliziotto che il 6 febbraio, nella stazione di servizio di Viverone Sud, sul cordone autostradale Ivrea-Santhià, ha sparato un colpo contro Kevin Stephane Crochon, un giovane francese di 26 anni, che aveva aggredito a martellate lui e un altro agente della Polstrada. Max El Mahdi ha fatto partire il colpo verso il ragazzo fratturandogli il femore, mentre il collega, Alessio Neirotti, è stato colpito di striscio vicino alla spalla da un proiettile di rimbalzo. Crochon, che era stato segnalato come “persona da ricercare perché potenzialmente pericolosa per sé o per gli altri” con presunti problemi psichiatrici, si era schiantato con la sua Peugeot 2008 contro il guard-rail all’altezza della barriera di Albiano di Ivrea, provocando un incidente stradale. E una volta arrivato presso l’area di servizio ha tentato il furto di una Mercedes. A quel punto, chi ha assistito alla scena, ha chiamato la Polstrada: una volta sul posto, il 26enne ha iniziato a colpire anche gli agenti e a quel punto è partito lo sparo.

La procura di Ivrea ora indaga El Mahdi per lesioni aggravate dall’uso dell’arma di servizio. Un atto dovuto, ma contestato dal Sap (Sindacato autonomo di polizia). “Era di pattuglia, sia lui che l’altro operatore, e non solo avevano il dovere di fermare questa persona, che dopo aver causato un sinistro stradale aveva persino tentato di rubare un’auto, ma avevano anche il diritto di difendersi e lo hanno fatto con gli strumenti a loro disposizione”, ha dichiarato il segretario generale Stefano Paoloni, che sottolinea l’inaccettabilità di vedere un collega indagato per aver fatto il suo dovere, specie a fronte della mancata “verifica dell’eventuale sussistenza di oggettive cause di giustificazione del reato”. “Il collega – aggiunge ancora Paoloni – sarà obbligato a difendersi di tasca propria e fino a quando il processo non sarà concluso avrà pure la carriera bloccata“.

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