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Diabulimia, non prendere l’insulina pensando di dimagrire mette a rischio la vita

Diabulimia, non prendere l’insulina pensando di dimagrire mette a rischio la vita
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La diabulimia è un disturbo alimentare poco conosciuto, ma estremamente pericoloso, che colpisce in particolare chi soffre di diabete di tipo 1. Si tratta di una pratica in cui il paziente riduce o evita di assumere l’insulina con l’obiettivo di perdere peso rapidamente. Questo comportamento, oltre a essere estremamente rischioso, può portare a conseguenze gravissime, tra cui danni agli organi, coma diabetico e persino la morte. Eppure, non se ne parla abbastanza: secondo alcuni studi, tra il 30 e il 40% delle giovani donne con diabete di tipo 1 ha manifestato almeno una volta nella vita comportamenti compatibili con la diabulimia.

Ma cosa porta una persona a mettere a rischio la propria vita in questo modo? Dietro questa condizione si nascondono fattori psicologici complessi, pressioni sociali legate all’aspetto fisico e, non meno importante, una difficoltà nel vivere serenamente la propria sessualità e il rapporto con il proprio corpo. Per affrontare il problema, serve un intervento a più livelli: medico, psicologico, sociale e sessuologico.

Educazione e consapevolezza: il primo passo per uscirne

Uno degli aspetti più critici della diabulimia è la mancanza di informazione. Molti pazienti, infatti, non sono pienamente consapevoli delle conseguenze devastanti dell’omissione di insulina. Secondo il Journal of Eating Disorders, chi soffre di diabulimia ha un rischio triplo di sviluppare complicanze diabetiche gravi rispetto a chi segue correttamente la terapia. La chetoacidosi diabetica, causata dall’assenza di insulina, può portare a insufficienza renale, danni neurologici permanenti e morte improvvisa.

Per questo motivo, è essenziale che i pazienti ricevano una corretta educazione terapeutica. Comprendere che l’insulina non è un ostacolo, ma uno strumento indispensabile per vivere bene, può fare la differenza. Anche il personale medico deve essere formato per riconoscere i segnali della diabulimia e affrontarla con un approccio empatico, senza colpevolizzare chi ne soffre.

Il peso della mente: perché la diabulimia è anche un problema psicologico

Dietro la diabulimia c’è spesso un rapporto complesso con il proprio corpo e con la malattia. Chi soffre di diabete di tipo 1 vive fin da giovane una routine di monitoraggi glicemici, iniezioni e restrizioni alimentari che possono creare un senso di perdita di controllo. L’idea che smettere di assumere insulina possa portare a un rapido dimagrimento diventa così una tentazione pericolosa.

Inoltre, la pressione sociale gioca un ruolo chiave. Viviamo in un mondo in cui la magrezza è spesso associata al successo e all’accettazione sociale, e per chi già si sente “diverso” a causa del diabete, la paura di non essere all’altezza può trasformarsi in un’ossessione. Secondo alcuni studi, le persone con diabete di tipo 1 hanno fino a tre volte più probabilità di sviluppare disturbi alimentari rispetto alla popolazione generale.

Per affrontare questi aspetti, il supporto psicologico è essenziale. Terapie come la cognitivo-comportamentale (CBT) hanno dimostrato un’efficacia fino al 70% nel migliorare i comportamenti alimentari nei pazienti diabetici con disturbi alimentari. Ma per ottenere risultati concreti, è necessario che la diabulimia venga riconosciuta e trattata come un problema reale, e non come una semplice “cattiva gestione del diabete”.

Il ruolo della famiglia e della società: combattere lo stigma

Oltre all’intervento medico e psicologico, è fondamentale il ruolo della famiglia e della società. La diabulimia è ancora poco conosciuta, e chi ne soffre spesso si sente isolato e incompreso. Creare una rete di supporto può fare la differenza: secondo alcune ricerche, il 52% delle persone con disturbi alimentari migliora quando riceve un sostegno familiare adeguato.

Anche i social media e i media tradizionali hanno una grande responsabilità. Le immagini irrealistiche di corpi perfetti possono alimentare l’idea che la magrezza sia sinonimo di valore personale, mentre il diabete viene spesso visto come un limite. Sensibilizzare l’opinione pubblica, parlare apertamente della diabulimia e creare spazi in cui chi ne soffre possa condividere la propria esperienza senza paura del giudizio sono passi fondamentali per il cambiamento.

Diabulimia e sessualità: un problema poco discusso

Un aspetto spesso trascurato della diabulimia è il suo impatto sulla sessualità. L’alterazione costante dei livelli glicemici può portare a conseguenze fisiche dirette, come irregolarità mestruali nel 35% delle donne affette da diabulimia e disfunzioni erettili negli uomini. Ma non solo: il rapporto con il proprio corpo gioca un ruolo cruciale nella sfera sessuale, e chi lotta contro un disturbo alimentare può sperimentare un calo del desiderio, difficoltà nelle relazioni e un forte senso di inadeguatezza.

Affrontare questi problemi richiede un approccio delicato ma necessario. La terapia sessuologica, unita a un percorso psicologico più ampio, può aiutare chi soffre di diabulimia a recuperare un rapporto sereno con il proprio corpo e con l’intimità.

La diabulimia è una realtà complessa e pericolosa, che merita maggiore attenzione. Non si tratta solo di una cattiva gestione del diabete, ma di un disturbo che coinvolge la mente, il corpo e le emozioni. Educare, supportare e sensibilizzare sono le chiavi per affrontare questo problema e salvare vite.

Parlarne è il primo passo: rompere il silenzio sulla diabulimia significa dare a chi ne soffre la possibilità di chiedere aiuto, senza paura e senza vergogna.

Ringrazio per la collaborazione la dr.ssa Silvia Carsetti

Çakmak, B., Abay, H., Doğanay, C. A., Çelik, N., Özel, Y., & Üstün, Y. (2025). The relationship between sexual health literacy and sexual function of women with diabetes mellitus: a cross-sectional study. The Journal of Sexual Medicine, qdae197
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